A proposito di rischio valanghe

La cronaca recente riporta i decessi di numerosi sci alpinisti o freerider a causa del distacco di valanghe lungo l’arco alpino (un morto a Cortina e uno in Provincia di Cuneo l’8 febbraio; quattro morti sabato 21 febbraio sul versante svizzero del Gran San Bernardo; bilancio drammatico domenica 1 marzo: due morti in Val Senales; un morto e due feriti gravi nel Bellunese) e, per questo, il dibattito sulla prevenzione di sinistri in area valanghiva continua a suscitare notevole interesse. Il 18 gennaio scorso si è anche svolta la giornata dedicata alla prevenzione degli incidenti da valanga, organizzata dal Soccorso Alpino e dal CAI – con oltre 30 località coinvolte in tutta Italia- e alcune interessanti relazioni scientifiche sono state pubblicate, recentemente, sull’argomento.

 

 

In particolare, un dossier intitolato “Panoramica sugli incidenti da valanga in Italia nella stagione 2013-2014”  riassume una ricerca condotta dai tecnici dell’Aineva (Associazione italiana neve e valanghe), dalla quale emergono alcuni dati interessanti sulla stagione 2013/2014 (una delle più nere quanto a decessi: 22 contro una media di 19): il 73% delle vittime si trovava sulle Alpi centro occidentali; Il 62% degli incidenti si è verificato nel corso dei mesi di dicembre – gennaio e nelle giornate di sabato e domenica (che tradizionalmente registrano un picco di affluenza); le categorie maggiormente colpite sono state quelle degli scialpinisti e dei freerider; un incidente su cinque è avvenuto in presenza di un rischio valanghe “marcato”, di grado 3. Il 36% delle persone decedute – 8 su 22- non aveva con sé l’apparecchio ARTVA. Il contributo contiene, poi, alcune indicazioni circa la casistica più rilevante, evidenziando un problema emergente: quello del “sovraffollamento” e del difficile coordinamento tra gruppi di appassionati che -non volutamente- si ritrovano a percorrere lo stesso itinerario nella medesima giornata (fenomeno causato, a parere degli esperti, dalla massiccia, sconsiderata, sponsorizzazione di un certo tipo di escursioni in internet).

Un altro paper, anch’esso frutto di un’indagine condotta dai tecnici dell’Aineva e intitolato “Percezione del rischio in area valanghiva” affronta il diverso problema della percezione del rischio come giudizio altamente soggettivo. Nella ricerca si evidenzia come, nonostante l’innovazione tecnologica e l’elaborazione di strategie volte alla sensibilizzazione e alla riduzione del rischio, il numero dei decessi causati da distacco di valanghe rimane alto e costante.

Orbene, stante la variabilità insita negli ambienti naturali, non si può tacere il fatto che oggi la maggior parte degli utenti della montagna può valutare ragionevolmente la probabilità di valanghe grazie ad un efficiente sistema di monitoraggio meteo e, quindi, si fatica a spiegare l’elevato numero di incidenti in situazioni evidentemente pericolose, se non nell’ottica di quella che viene definita una illusoria overconfidence.

Il punto è il seguente: se consideriamo l’esposizione al potenziale pericolo di valanghe come una scelta consapevole (razionale), ne consegue che gli attuali tassi di mortalità tra gli utenti esperti riflettono il fatto che si tratta di un rischio considerato “accettabile” da queste persone. L’esposizione volontaria al pericolo valanghe rappresenta, dunque, il risultato di una massimizzazione del rapporto costi/benefici, nel senso che il beneficio di svolgere l’attività sportiva in montagna vale e supera il costo – in percentuale molto alto – di morire sotto una valanga. Si stima che tale particolare, soggettiva, propensione sia intimamente connessa ai vantaggi che l’azione rischiosa può portare al singolo individuo in termini di soddisfazione personale, miglioramento delle condizioni di salute e delle prestazioni sportive.

Per comprendere appieno questo complesso tema si rinvia ad una ricerca scientifica, effettuata nel 2013 e patrocinata dall’Accademia della Montagna, che ha indagato i processi cognitivi alla base delle scelte degli sportivi e degli appassionati di montagna. In particolare, si è accertato, in maniera sistematica, come, a seconda del diverso profilo cognitivo, le informazioni fornite dal bollettino valanghe vengano percepite e si traducano in decisioni sull’opportunità di intraprendere una data attività sportiva.

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