CORTE APPELLO NAPOLI; sentenza 26 aprile 2019, n. 2313.

CORTE APPELLO NAPOLI; sentenza 26 aprile 2019, n. 2313.

Responsabilità civile – Sci – Sciatore a monte – Investimento di maestro di sci – Art. 2043 c.c. – Fattispecie

Va affermata la responsabilità esclusiva dello sciatore che provenendo da monte ad elevata velocità, investa altro sciatore che proceda a velocità moderata in quanto intento a dare lezioni agli allievi ivi presenti. In tal caso, invero, la condotta dello sciatore investitore si pone chiaramente in contrasto con le prescrizioni dettate dalla legge n. 363 del 2003, nella parte in cui prevede che lo sciatore a monte deve tenere una direzione che gli consenta di evitare collisioni o interferenze con lo sciatore a valle e che lo sciatore che intende sorpassare un altro sciatore deve assicurarsi di avere uno spazio sufficiente allo scopo ed avere sufficiente visibilità e, in ogni caso, procedere a velocità adeguata, moderandola nei tratti a visuale non libera. (Nel caso concreto va sul punto riformata la gravata pronuncia nella parte in cui aveva concluso per la sussistenza di un concorso di colpa dell’attrice nella causazione dell’evento).

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto notificato il 4.3.09, Di.Ku. conveniva in giudizio, dinanzi al di Napoli, Ca.Va., An.Fr. e Ma.Va., al fine di dichiarare l’esclusiva responsabilità di quest’ultima e quella solidale, ex art, 2043 c.c., degli altri convenuti, in ordine al sinistro verificatosi il giorno 22.6.07, alle ore 9.15 circa, in località Les deiux Alpes (Francia), a seguito del quale ella, mentre teneva quale maestra una lezione di sci collettiva sulla pista denominata (…), mostrando agli allievi di età compresa fra gli otto e gli undici anni una sequenza di curve di “cristiania’ base sul lato sinistro della pista, sgombro da tracciati sciistici e da altri sciatori, completata l’intera discesa dimostrativa, era stata violentemente investita da Ma.Va., che sopraggiungeva da monte ad elevata velocità. Precisava che, a seguito dell’impatto, era rotolata verso valle per circa dieci metri, subendo lesioni personali, segnatamente una distensione sterno clavicolare con frattura scomposta della clavicola destra, lesione capsule legamentosa ginocchio destro con interruzione del LCA ed interessamento dei compartimento mediale.

Chiedeva, pertanto, che i convenuti, o chi tra loro di ragione, nonché, in caso di chiamata in causa di eventuali assicuratori o di loro costituzione volontaria, anche di tali assicuratori ai sensi dell’art. 1917.2 comma ultima parte c.c., ed eventualmente previa surroga nei diritti degli assicurati ex art. 2900 c.c., ai risarcimento, In proprio favore, dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti, rivalutazione ed interessi, nonché al pagamento della somma di Euro 2.477,65, o dell’importo maggiore o minore ritenuto secondo giustizia per l’assistenza tecnica, legale e medica in sede stragiudiziale. Infine, in caso di resistenza in giudizio con dolo e colpa grave la condanna delle parti convenute, o di chi di ragione, al risarcimento dei danni, in proprio favore, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., nella misura ritenuta di giustizia, ed al pagamento delle spese di lite. Si costituivano tempestivamente Ca.Va., An.Fr. e Ma.Va., che eccepivano in via preliminare l’incompetenza territoriale del giudice adito, ritenendo competente il Tribunale di Bologna, ove gli stessi risiedevano, mentre nel merito chiedevano il rigetto della domanda o comunque che venisse accertata e dichiarata la concorrente responsabilità dell’attrice, con vittoria di spese.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza non definitiva n. 3636U0, emessa il 30.3.10, rigettava l’eccezione di incompetenza territoriale. Ammessa ed espletala la prova per testi, effettuata consulenza tecnica di ufficio, il Tribunale di Napoli decideva la causa con sentenza n. 994/13 emessa il 22.1.13, con la quale, in parziale accoglimento della domanda avanzata dall’attrice, dichiarava il pari concorsi.) di colpa di entrambi gli sciatori coinvolti nella causazione dell’evento verificatosi in località Les deux Alpes (Francia) il 22.6.07 e per l’effetto condannava i convenuti in solido a pagare a Ku.Di. la complessiva somma di Euro 12,827,00, oltre interessi e rivalutazione dalla domanda giudiziaria (4,3.09), nonché della somma di Euro 4.065,62, oltre interessi legali dal deposito della ctu (8.6.10). Compensava nella misura del 50% le spese del giudizio e condannava i convenuti al pagamento, in favore dell’attrice del rimanente 50% delle spese, liquidate in Euro 6.500,00, oltre iva e epa e se documentati da idonea fattura e non detraibili con attribuzione all’avv. Mi.Li., nonché alla re fusione delle spese di consulenza tecnica di ufficio. Rigettava, infine, ogni altra domanda, eccezione e difesa. Avverso tale sentenza Di.Ku. proponeva appello con atto notificato il 21.2.14 lamentando, con un unico motivo di appello, in violazione e/o falsa applicazione degli artt. 12 disp. prel. c.c., 2043 e.c., 2697 c.c., 2727 c.c., 2729 c.c., 9, 10, 11, 19 della legge n. 363/03, 1, 2 e 3 D.M. 20.12.05, 112 c.p.c., 115 c.p.c. e 116 c.p.c., il mancato esame, da parte del primo giudice, degli clementi probatori acquisiti e l’avere ritenuto non provata l’esclusiva responsabilità di Ma.Va. nella produzione del sinistro ed accolto solo in parte la domanda proposta.

Chiedeva, pertanto, in riforma dell’impugnata sentenza, che venisse dichiarata l’esclusiva responsabilità di Ma.Va. nella produzione dell’evento dannoso per cui era causa, e che venissero liquidati in proprio favore i danni tutti subiti, la rivalutazione monetaria di tutte le somme da determinarsi in base agli indici Istat dal 22.1.13 alla data di deposito dell’emanando sentenza e successivamente fino al soddisfo, il danno da ritardo, sotto forma di interessi legali, dalla domanda alla data di deposito della sentenza e successivamente fino soddisfo, in caso di accoglimento anche parziale del presente gravame, domandava che venissero liquidati, per effetto dell’operatività del c.d. effetto espansivo interno previsto dall’art. 336 c.p.c. e nel rispetto del divieto della reformatio in peius, la totalità delle spese e compensi professionali del giudizio di primo grado oltre le maggiorazioni per spese generali, iva e epa, con distrazione, ex art. 93 c.p.c., in favore dell’avv. Mi.Li., anticipatane, con vittoria di spese del presente gravame, come da preventivo di massima accettato dall’appellante, oltre Je maggiorazioni di legge per assistenza plurima, nel caso di costituzione di almeno due delle parti appellate – spese generali, iva e epa da attribuire ai procuratori anticipatati. Domandava, inoltre, che tutte le somme venissero poste a carico solidale degli appellati e che nel resto venisse confermata l’impugnata sentenza.

Si costituivano tardivamente il 16.6.14, per l’udienza del 19.6.14 (rinviata di ufficio al 20.6.14) Ca.Va., An.Fr. e Ma.Va. che eccepivano, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello ai sensi degli artt. 342 c.p.c. e 348 bis c.p.c., mentre nel merito chiedevano il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata, con vittoria delle competenze di lite.

Acquisito il fascicolo di primo grado, la causa era riservata in decisione all’udienza del 26.10.18, con termini ex art. 190 c.p.c. per comparse conclusionali e memorie di replica.

L’avv. Ti.Co. rinunciava al mandato con separato atto depositato in data 20.12.18.

Preliminarmente, devono essere rigettate le eccezioni di inammissibilità sollevate dagli appellati ai sensi degli artt. 342 c.p.c. e 348 bis c.p.c. In ordine alla dedotta violazione dell’art. 342 c.p.c., giova rammentare che la Cassazione a Sezioni Unite, più volte intervenuta sull’argomento, ha di recente ribadito che “Gli artt. 342 e 434 c.p.c. nel testo formulato dal D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012 n. 134, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e con essi delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti te ragioni addotte dal primo giudice.

Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris istantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado” (cfr. Cass S.U. n. 27199/7). Ciò che viene richiesto è dunque che la parte appellante “ponga il giudice superiore in condizione di comprendere con chiarezza qual è il contenuto della censura proposta, dimostrando di avere compreso le ragioni del primo giudice e indicando il perché queste siano censurabili” (cfr. la sentenza citata).

Nell’atto di appello in oggetto, invero, emergono con chiarezza i capi della sentenza, impugnata, il motivo di appello, le censure prospettate e la rilevanza delle questioni ai fini di una diversa decisione della controversia, oltre ad essere indicate le modifiche richieste, Deve, quindi, ritenersi che l’atto di appello sia stato proposto nel rispetto dell’art. 342 c.p.c.

Infondata è anche l’ulteriore eccezione di inammissibilità, dell’appello sollevata con riferimento all’art. 348 bis c.p.c. atteso che dalla lettura degli atti non emerge con evidenza l’infondatezza dell’appello proposto in ragione di una diversa valutazione dei fatti e delle norme applicabili. Tanto premesso, l’appello è fondato e meritevole di accoglimento. L’esame dell’unico motivo di appello dedotto dall’appellante presuppone alcune considerazioni sulla normativa applicabile nella fattispecie. La regolamentazione della materia, infatti, si rinviene nella legge n. 363/03 (“Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo”), che riproducendo in parte il “Decalogo dello sciatore’ – predisposto nel 1967 dalla FIS (Federazione Internazionale dello Sci) ha disciplinato in maniera organica l’attività sciistica, ponendo in capo agli utenti e gestori di aree sciistiche attrezzate obblighi comportamentali, al fine di prevenire infortuni e fornire al contempo all’interprete parametri oggettivi ai quali ancorare eventuali giudizi di responsabilità per danni cagionati a terzi. La disciplina del settore è poi stata completata dalle disposizioni contenute nel D.M. 20.12.05 (Ministero Infrastrutture e trasporti), contente un decalogo comportamentale dello sciatore.

In particolare, l’art. 9 della legge citata prevede, nel primo comma, che “Gli sciatori devono tenere una condotta che, in relazione alle caratteristiche della pista e alla situazione ambientale, non costituisca pericolo per l’incolumità altrui”, mentre nei secondo comma si legge che “La velocità deve essere particolarmente moderata nei tratti a visuale non libera, in prossimità di fabbricati od ostacoli, negli incroci, nelle biforcazioni, in caso di nebbia, di foschia, di scarsa visibilità o di affollamento, nelle strettoie e in presenza di principianti”. L’art. 10, sotto la rubrica “Precedenza stabilisce che lo sciatore a monte debba mantenere una direzione che gli consenta di evitare collisioni o interferenze con lo sciatore a valle e l’art. 11, in caso di sorpasso, prevede che lo sciatore debba assicurarsi di disporre di uno spazio sufficiente allo scopo e di avere sufficiente visibilità e pur essendo consentito sia a monte che a valle, a sinistra e a destra, deve essere effettuato ad una distanza tale da evitare intralci allo sciatore sorpassato.

Il legislatore ha poi regolamentato l’ipotesi del “Concorso di colpa”, stabilendo nell’art. 19 che “Nel caso di scontro tra sciatori, si presume, fino a prova contraria, che ciascuno di essi abbia concorso ugualmente a produrre gli eventuali danni”. L’introduzione di tale disposizione, come osservato in dottrina, ha reso meno difficoltoso l’onere della prova in caso di scontro tra sciatori nei casi assai frequenti in cui non è agevole ricostruire con esattezza la dinamica dell’evento. Tali ipotesi, infatti, erano ricondotte nell’ambito dell’art. 2043 c.c., non potendosi fare ricorso all’art. 20542 comma c.c., che disciplina il concorso di colpa solo con riferimento ai sinistri stradali, con la conseguenza che, in caso di incertezza nella ricostruzione della dinamica dell’incidente sportivo o nel caso di una situazione caratterizzata dall’accertamento di elementi di colpa nella condotta di uno dei soggetti coinvolti nel sinistro e di incertezze in ordine alla condotta dell’altro soggetto, la domanda veniva rigettata (cfr. Cass. n. 25416/09).

Giova sottolineare che, secondo un primo orientamento, seguito da una parte prevalente della giurisprudenza di merito (non sono state rinvenute pronunce di legittimità), all’art. 19 predetto, che reca letteralmente un contenuto analogo all’art. 2054.2 comma c.c., non si estende l’interpretazione formatasi in seno alla consolidata giurisprudenza di legittimità con riferimento all’art. 20542 comma c.c., che per superare la presunzione di concorso di colpa non ritiene sufficiente la prova della sola colpa del veicolo antagonista, ma anche quella di avere tatto tutto il possibile per evitare il danno, ossia di avere mantenuto una condotta di guida ineprensibile (efr Cass. n. 7057/17; Cass. n. 6039/7). Si ritiene, infatti, che tale ultima interpretazione dell’art. 2054 2 comma ex. discenda dalla lettura complessiva dello stesso art. 2054 c.c., dove nel primo comma è previsto in generale che il conducente di un veicolo è responsabile dei danni cagionati a persone o cose, derivanti dalla circolazione del veicolo, a meno che non provi di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno. L’art. 19, al contrario, si osserva, non prevede per lo sciatore oneri probatori rigorosi come quelli racchiusi nell’art. 2054 c.c., applicandosi nel caso gli ordinari criteri di responsabilità di cui all’art. 2043 c.c. (cfr. C. Appello Milano 29.10.14 n. 3857; T, Rovereto 9.8.12 in Redazione Giuffrè 2012; T. Rovereto 9.8.10 in Redazione Giuffrè; T. Rovereto 21.10.09, in Resp, Civ. e Prev., 4, 10, 890). Altro orientamento, invece, propende per l’estensione alla descritta fattispecie del più gravoso onere probatorio previsto per la circolazione stradale (cfr. in giurisprudenza T. Avezzano 23.4.09 in Giur. Merito 2009, 9, 2146). Venendo all’esame del caso concreto che occupa, il Tribunale di Napoli, sulla scorta della prova per testi espletata, segnatamente dell’ascolto dell’unico teste presente al momento del sinistro, ha ritenuto da una parte “ragionevolmente accertata” la responsabilità della giovane Maria Vittoria Vaticini nel sinistro, ma nello stesso tempo insufficiente la prova ai fini dell’esclusione del concorso dell’attrice, non essendo emersi riscontri probatori sia con riferimento alle “caratteristiche della pista” ed alla situazione ambientale”, elementi reputati indispensabili per valutare la velocità tenuta dalla convenuta, sia con riguardo alle rispettive traiettorie degli sciatori coinvolti ed alla loro posizione sulla, pista nell’attimo dell’occorso. Di conseguenza, è stato ritenuto applicabile il concorso di colpa previsto dal citato art. 19, propendendo per l’interpretazione più rigorosa della norma, in analogia a quanto previsto dall’art. 2054 c.c.

L’appellante ritiene, al contrario, di avere privato la responsabilità esclusiva della giovane Va. nella causazione del sinistro, che troverebbe conferma sia nelle dichiarazioni del teste escusso, solo in parte riportate e valutate dal giudice di prime cure, che nella mancata risposta da parte dei convenuti air interrogatorio formale loro deferito, nonché nella accertata compatibilità delle lesioni subite dalla Kh. con l’evento dannoso, circostanza quest’ultima verificata dal consulente tecnico di ufficio nominato. In ogni caso, secondo l’appellante, il primo giudice, una volta ragionevolmente accertata la responsabilità della convenuta, non avrebbe dovuto applicare l’art. 19 citato, avendo il danneggiato unicamente l’onere di provare, ai sensi dell’art. 2043 c.c., la responsabilità del danneggiale e non anche quella di essersi uniformato alle regole della corretta discesa a valle ed a quelle di comune prudenza, in assenza di espressa prova contraria.

Osserva la Corte che l’istruttoria espletata, complessivamente considerata, abbia dimostrato l’esclusiva responsabilità di Ma.Va., all’epoca dell’evento minorenne, nella produzione del sinistro in oggetto, invero, la teste Ca.Ba., maestra di sci e presente al momento in cui si verificò l’evento, della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, ha riferito “Ricordo che era il mese di giugno del 2007 erano circa le 9 del mattino mi trovavo nel ghiacciaio di De.Al. in quanto lavoravo come maestra di sci con il mio gruppo. Preciso che la sig. Kh. è anche lei una maestra di sci e ricordo che lei stessa stava dimostrando una successione di curve al suo gruppo di allievi insieme al mio ed io mi trovavo nei pressi del suo gruppo. Preciso che il gruppo di allievi della sig.ra Ku. avevano circa 10 anni di età e lei stessa considerato il livello del gruppo dimostrava la tecnica sciatoria andando molto piano, Ricordo che mentre la sig. Ku. dimostrava agli allievi la tecnica veniva investita da dietro da una ragazza che andava a velocità sostenuta e la sig.ra Ku. cadeva rotolando per circa una decina di metri Preciso che l’incidente avvenne una posizione di pista non riservata…” (cfr. il verbale dell’udienza dell’11.5.10).

Orbene, da tali dichiarazioni si evince che l’appellante, al momento del sinistro, era intenta a mostrare ai propri giovanissimi allievi, di età non superiore ai dieci anni, rimasti a monte, una serie di curve sul lato sinistro della pista, procedendo piano, quando è stata investita dall’altra sciatrice, aneli’ella allieva di altro insegnante, sopraggiunta “da dietro” a velocità sostenuta, rotolando per circa dieci metri. La dinamica del sinistro, dunque, contrariamente a quanto rilevato dal giudice di prime cure, pare abbastanza chiara. Lo scontro, infatti, è avvenuto a causa della velocità sostenuta dalla Va., che ha urtato la Ku. “da dietro”, impedendo a quest’ultima di evitare il violento impatto, tanto da provocarne il “rotolamento” per circa dieci metri e successiva caduta al suolo. Ed inoltre, sebbene la teste non abbia descritto le caratteristiche della pista o la situazione ambientale, ha in ogni caso fornito elementi ultimi dai quali desumere che si trattava verosimilmente di una pista “non rischiosa”, sia per caratteristiche che per le condizioni ambientali, perché destinata ad allievi di giovanissima età. La condotta tenuta dalla Va., sebbene ella stesse sciando alla presenza del proprio insegnante, può definirsi comunque imprudente, secondo le regole comportamentali su descritte, perché la stessa procedeva a velocità eccessiva (art. 9), senza tenere conto che Io sciatore a monte deve mantenere una direzione che gli consenta di evitare collisioni con lo sciatore a valle (art. 10) e che lo sciatore che intende sorpassare un altro sciatore deve assicurarsi di disporre di uno spazio sufficiente allo scopo e avere sufficiente visibilità (art. 11).

Né può ascriversi alla Ku. alcuna responsabilità al riguardo, atteso che, come riferito dal teste, procedeva a valle “piano” nella dimostrazione della tecnica su descritta ai propri giovani allievi.

La ricostruzione del sinistro come su delineata trova ulteriore conferma nella mancata risposta all’interrogatorio formale articolato dall’attrice, odierna appellante, sulle circostanze indicate in citazione e confermate poi dal teste, oltre che nella compatibilità delle lesioni dalla medesima riportale attestata dal consulente tecnico nominato (eli la ctu in atti in particolare la risposta al primo quesito), rispetto alle quali ultime non è stata sollevata alcuna doglianza. D’altro canto, parte convenuta non ha articolato alcuna prova contraria atta ad evidenziare una diversa dinamica degli eventi per cui è causa.

L’accertata esclusiva responsabilità di Ma.Va. in ordine al sinistro assorbe ovviamente la questione legata all’interpretazione prospettata dal primo giudice relativamente all’art. 19 della legge più volte citata.

Passando alla quantificazione dei danni, deve quindi ritenersi che la Kh. abbia diritto a conseguire L’intero risarcimento dei danni subiti, nella misura complessiva come liquidata dal primo giudice non essendovi al riguardo alcuna censura.

L’importo complessivo del danno non patrimoniale subito dalla Kh. è dunque pari ad Euro 25.654,00, che deve essere rivalutato all’attualità a decorrere dalla domanda (4.3.09), come richiesto e statuito dal primo giudice (e non già dall’evento dannoso), sulla base degli indici Istat in Euro 28.681).

Su tale somma sono dovuti gli interessi legali calcolati, conformemente a quanto più volte affermato dalla Cassazione a far data dalla sentenza a S.U. n. 1712/1995, non sugli importi liquidati all’attualità, ma sulle somme esprimenti il danno all’epoca della domanda come richiesto e via via rivalutate anno per anno. Detti interessi, quindi, andranno calcolati sulla minor somma corrispondente a quella liquidata all’attualità, ottenuta dividendo tale somma per il coefficiente Istat relativo alla data della domanda (marzo 2009), via via annualmente rivalutata, secondo gli indici Istat, dalla data della domanda a quella della decisione.

Per quanto concerne il danno patrimoniale, è dovuto all’appellante l’importo di Euro 8.131,24 rivalutato all’attualità dalla data della decisione impugnata (22.1.13), come richiesto e ritenuto dal primo giudice, in Euro 8.350,78. Su tale somma, sono dovuti gli interessi legali che andranno calcolati sulla minor somma corrispondente a quella liquidata all’attualità, ottenuta dividendo tale somma per il coefficiente Istat relativo alla data di deposito della ctu (8.6.10) come richiesto e ritenuto dal primo giudice, via via annualmente rivalutata, secondo gli indici Istat, a quella della presente decisione. Su tutte le somme liquidate all’attualità in favore di Di.Ku. sono poi dovuti gli interessi legali dalla data della pubblicazione della presente sentenza al l’effettivo soddisfo.

Pertanto, in accoglimento dell’appello proposto, in riforma parziale dell’impugnata sentenza, Ca.Va., An.Fr. e Ma.Va., devono essere condannati al pagamento, in favore di Di.Ku., della somma di Euro 37.031,95, oltre interessi su ciascuna somma liquidata nella misura su indicata.

La riforma della sentenza impugnata impone la nuova regolamentazione delle spese processuali, comprese quelle relative al processo di primo grado. La liquidazione delle spese viene operata a norma del DM n. 55/4, come aggiornato dal DM n. 37/18, in considerazione del valore della causa (scaglione compreso fra Euro 26.000,00 ed Euro 52.000,00) e delle questioni trattate, relativamente ad entrambi i gradi del giudizio, trattandosi di compenso costituente corrispettivo unitario per l’opera complessivamente espletata (cfr. Cass. n. 30529/7, alla quale la Corte intende aderire, condividendola, ritenendo invece di non dovere dare seguito al diverso indirizzo affermato da Cass. n. 2748/16).

Tenuto conto dell’esito del giudizio, le spese di entrambi i gradi del giudizio seguono la soccombenza. Ritiene la Corte che, relativamente a detti compensi, per entrambi gradi di giudizio, non debba essere applicato l’aumento di cui all’art. 42 comma del DM n. 55/14 per l’assistenza contro più parti, trattandosi di posizioni coincidenti e non apparendo giustificato l’incremento patrimoniale richiesto.

Non si ritiene di dovere riconoscere, con riferimento al giudizio di secondo grado, l’ulteriore aumento del 30%, richiesto da detta parte ai sensi dell’art. 41 comma bis del D.M. n. 55/14, per la redazione della comparsa telematica, depositata con modalità telematiche, con tecniche informatiche idonee ad agevolarne la consultazione, in quanto nel caso in oggetto tale attività ha riguardato un unico atto del giudizio, laddove gli atti precedenti, redatti in epoca anteriore alla novella del 2018 che ha in questi termini modificato la previsione, erano stati depositati con modalità tradizionali. Né sussistono i presupposti per riconoscere le ulteriori maggiorazioni di legge sui compensi ex art. 28 comma D.M. n. 55/14, non ricorrendo la manifesta infondatezza delle tesi difensive avverse, ma una diversa valutazione dei fatti dedotti in giudizio.

Le spese di lite, per entrambi i gradi del giudizio, vanno poi distratte a favore dell’avv. Mi.Li., dichiaratosi anticipatario. Deve invece escludersi la distrazione in favore del difensore avv. Ti.Co., avendo quest’ultima rinunciato con separato alla procura alla medesima conferita, unitamente all’avv. Mi.Li. anche per il giudizio di appello.

Le spese di ctu, liquidate in primo grado, vanno infine poste in solido a carico degli appellati come già statuito dal primo giudice.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Napoli – Ottava sezione civile – definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Kh.Di. nei confronti di Va.Ca., Fr.An. e Va.Ma. avverso la sentenza n. 994/13 emessa dal Tribunale di Napoli il 22.1.13, così provvede:

  1. a) accoglie l’appello proposto e, in riforma parziale della sentenza impugnata, dichiara l’esclusiva responsabilità di Va.Ma. nella causazione del sinistro;
  2. b) condanna Va.Ca., Fr.An. e Va.Ma., in solido fra loro, al pagamento in favore di Kh.Di. della somma di Euro 37.031,95, oltre interessi calcolati come indicato in motivazione;
  3. e) condanna Va.Ca., Fr.An. e Va.Ma. al pagamento, in solido fra loro, in favore di Ku. Diana, delle spese di entrambi i gradi del giudizio, che liquida quanto al primo grado di giudizio in Euro 1.148,87 per esborsi, Euro 7.254,00 per compensi, oltre iva, epa e spese generali, quanto al secondo grado di giudizio in Euro 502,53 per esborsi ed Euro 6.615,00 per compensi, oltre iva, epa e spese generali, in entrambi i casi da attribuire al procuratore anticipatario avv. Mi.Li.;
  4. d) conferma nel resto la sentenza impugnata.

Così deciso in Napoli il 12 marzo 2019.

Depositata in Cancelleria il 26 aprile 2019.

 

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