GIUDICE DI PACE DI RIVA DEL GARDA; sentenza 12 luglio 2010 – dep. 23 luglio 2010, n. 52

GIUDICE DI PACE DI RIVA DEL GARDA; sentenza 12 luglio 2010 – dep. 23 luglio 2010, n. 52; Giudice dott. Mancini; Imp.to Z.A.  

 

Responsabilità penale – Attività sportiva non professionale – Scriminanti – Insussistenza – Lesioni personali colpose – Condanna

 

In tema di lesioni colpose gravi verificatesi nel corso di competizione sportiva, la scriminante del consenso dell’avente diritto presuppone che il “rischio” di subire dette lesioni, sia dal partecipante ad essa, preventivato e, dunque, accettato, sicché detta scriminante non è configurabile allorquando le caratteristiche amichevoli o amatoriali della competizione rendano non prevedibile la verificazione di lesioni superiori, per entità e gravità, a quelle normalmente accettabili in un tale contesto.

 

 

UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE

 

DI RIVA DEL GARDA

 

SENTENZA A SEGUITO DI DIBATTIMENTO

 

(artt. 544 e segg. c.p.p.)

 

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Il Giudice di Pace di Riva del Garda nella persona del dott. Marcello Mancini, alla pubblica udienza del 12.07.2010 ha pronunziato mediante lettura del dispositivo la seguente

 

S E N T E N Z A

 

nei confronti di

 

Z. A. nato a XXX (TN) il XXX e residente a XXX (TN) in Via XXX – LIBERO / PRESENTE – assistito e difeso di fiducia dall’avv. XXX del Foro di Rovereto.

 

I M P U T A T O

 

a) del reato p. e p. dall’art. 590 comma I e II c.p. – reato di lesioni personali colpose – perché, con imprudenza, mentre con altri giovani era impegnato in una partita di calcio, rincorreva il minore R. P., ed una volta raggiuntolo lo afferrava alle spalle sollevandolo e facendolo poi cadere rovinosamente a terra, provocandogli lesioni personali dalle quali derivava una malattia con prognosi iniziale di 20 gg. (venti), proseguita ulteriormente per complessivi di gg. 69 (sessantanove) – dal 05.11.2006 a tutto il 12.01.2007.

 

Fatto commesso in Dro (TN) il giorno 5 novembre 2006.

 

PARTE CIVILE

 

costituita in data 19.11.2007: R. P. nato a XXX il XXX e residente a XXX (TN) in Via XXX, rappresentato e difeso dall’avv. XXX del Foro di Rovereto.


Con l’intervento del P.M. dr. Valerio Giorgio Davico, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rovereto, dell’avv. XXX del Foro di Rovereto difensore di fiducia dell’imputato e dell’avv. XXX del Foro di Rovereto difensore della parte civile costituita.

 

Le parti hanno concluso come segue:

 

il p.m.: concesse le attenuanti generiche condanna alla pena d 200,00 di multa

 

la difesa della parte civile: voglia l’Ill.mo Giudice di Pace adito:

 

accertare la responsabilità penale dell’imputato, condannandolo conseguentemente alla pena ritenuta di Giustizia nonché al risarcimento del danno sofferto dalla parte offesa in seguito all’illegittimo comportamento da esso serbato; danno quantificato in 10.500,00 così come da prospetto di calcolo dimesso sub doc. n. 1, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria oppure nella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di Giustizia;

 

condannare inoltre l’imputato, Z. A., alle spese di costituzione di parte civile del sig. R. P. come da nota spese acclusa (si veda doc. 2)

 

la difesa dell’imputato: assoluzione dell’imputato.

 

IN FATTO E DIRITTO

 

A seguito di una querela sporta dai signori R. C. e S. C., quali genitori esercenti la potestà genitoriale del minore R. P. nato il XXX per un fatto accaduto in Dro il 5.11.2006, venivano espletate indagini e successivamente notificato il decreto di citazione a giudizio nei confronti dell’imputato Z. A. Egli veniva chiamato a rispondere del reato di cui all’art. 590 c.p. in quanto, per imprudenza, mentre con altri giovani era impegnato in una partita di calcio rincorreva il minore R. P. ed una volta raggiunto lo afferrava alle spalle sollevandolo e facendolo poi cadere rovinosamente a terra provocandogli delle lesioni. Esperito senza esito il tentativo di conciliazione e formalizzata la costituzione di parte civile del R., si dava ingresso alle prove offerte dalle parti processuali previo espletamento di una CTU medica sino a giungere alla sentenza di riconoscimento di responsabilità in capo all’imputato. Prima di affrontare il merito della vicenda occorre evidenziare che si è ritenuto opportuno, anche al fine di valutare ipotesi conciliative, stante anche una ipotesi risarcitoria avanzata dalla difesa dell’imputato, di espletare un accertamento tecnico in grado di poter stabilire quali fossero le reali conseguenze fisiche in capo al minore R. P. in occasione dell’accaduto e la compatibilità delle lesioni con quanto denunciato. L’espletamento dell’incombente tecnico, condiviso da entrambi i consulenti di parte, portava ad accertare la piena compatibilità delle conseguenze fisiche con quanto descritto in querela. Esse possono riassumersi nella frattura – distacco del processo traverso di destra del corpo vertebrale di L1. Osserva il Consulente del Giudice che: “la clinica attuale, ragionevolmente stabilizzata, si caratterizza per presenza di una lombalgia con irradiazione al fianco destro, accentuata dalla stazione eretta prolungata e dalla sollecitazione sotto sforzo, sia lavorative che della vita quotidiana, della colonna vertebrale”. Egli quantificava il danno fisico sotto il profilo temporaneo in 22 giorni di invalidità temporanea totale e 47 giorni di invalidità temporanea parziale al 50% con un danno permanente residuato nella misura del 3/4 %. Accertato quanto sopra si procedeva all’audizione dei testi che sostanzialmente dava esito univoco. La parte offesa, R., ha spiegato che in data 5.11.2006 egli, insieme ad un gruppo di ragazzi, si trovava in un campetto di calcio sito in località Olgia di Dro. I ragazzi si erano divisi in due squadre per giocare a calcio quando, all’improvviso, e non si sa per quale ragione, questa partita di calcio si trasformò in una partita di rugby. In realtà è bene precisare che l’istruttoria ha consentito di accertare che più che una partita di rugby si trattava di correre con la palla in giro per il campo senza che lo stesso fosse attrezzato per lo sport del rugby, senza che la palla fosse ovale, senza un arbitro e senza l’osservanza di un minimo di regole che non fosse quella di tentare di prendere la palla a chi la possedeva. Il R. ha affermato che ognuno giocava per i fatti suoi: “… Non c’erano queste regole (Rugby) “ognuno correva cioè non c’era la squadra, cioè non era una partita è stata una cosa così, perché c’erano come le dico c’erano anche i bambini piccoli, quindi si scappa… si scappava”. Poco dopo l’inizio di questa attività che per semplicità chiameremo gioco con la palla, R. entrò in possesso della palla: “come l’ho presa in mano vidi il signor Z. venire da dietro le spalle e con la mano afferrandomi il collo, e l’altra mano dietro la schiena, tirandomi su cioè … nel senso prendendomi per il collo, tirandomi su e scaraventandomi per terra”. Ciò provocava forte dolore al R. che rimaneva sul terreno fino all’arrivo dei sanitari chiamati dagli amici che avevano compreso che si trattava di qualcosa di grave. Z. tenne sul posto un atteggiamento distaccato anche se il R. ha dichiarato che la sera stessa gli arrivò un messaggio (sms) da parte del Z. che gli diceva che se avesse perso un lavoro “mi avrebbe dato qualcosa lui … con tutte le scuse …”. La teste F. F., ha confermato la versione del R. sulla natura del gioco, e cioè un correre con la palla senza una meta precisa, nonché sul comportamento del Z.: “da dietro l’ha preso … l’ha scaraventato in terra … si cioè l’ha preso proprio per … cioè con forza, voleva prendere la palla probabilmente … invece che esserci uno scontro per prendere la palla, e non si è attaccato alla palla ma si è attaccato al R. … l’ha preso dalle spalle insomma l’ha preso da dietro al davanti e l’ha sollevato per buttarlo a terra e gli ha detto appunto “ti sta bene”. La teste non è sicurissima sul punto di contatto fra i due, ad avviso del giudicante poco importante, e cioè se sul girovita a sulla parte alta del corpo, quello di cui è sicura è che lo prese da dietro “… ho visto P. in aria”. Anche il teste B. conferma grosso modo quanto sin qui emerso dalle testimonianze e cioè che era un gioco senza regole specifiche (“non è che abbiamo giocato a Rugby … non è che c’erano due squadre precise…) e che ad un certo punto Z. ha afferrato R. da dietro: “l’ha afferrato e l’ha sbattuto a terra”. Il teste descrive la presa per il collo del Z. nei confronti del R. Anche il teste G., che ribadisce che non si trattava del gioco del rugby, conferma la dinamica dell’accaduto: “L’ha afferrato è stato sollevato e scaraventato a terra … lo scaraventava per terra facendolo atterrare in posizione seduta cioè con il sedere”. Sulla stessa scia la testimonianza di N. S. che conferma la natura anomala del gioco e che Z. prese il R. da dietro: “ho visto A. che alzava P.”. I testi G. e C. hanno fornito in sede testimoniale una versione opposta circa la provenienza del Z. rispetto al R. ed alla modalità della presa dello stesso. Su richiesta del PM questo Giudice ha ritenuto di trasmettere gli atti alla procura per l’ipotesi di falsa testimonianza. Gli stessi testi però, tramite il loro avvocato, hanno chiesto di essere risentiti ed all’udienza del 12.7.2010 ritrattavano quanto in un primo tempo affermato e quindi rendendo pacifico ciò che era accaduto. L’esito delle testimonianze, dunque, conduce ai seguenti risultati: 1) l’attività che si svolgeva era un gioco con la palla; 2) non era in svolgimento alcuna attività sportiva con regole prefissate; 3) non era una partita di rugby della quale non si osservavano le regole, in particolare non c’era da raggiungere una meta non c’erano i pali che caratterizzano il campo da rugby non c’era un arbitro, non era un campionato. Detto questo appare indubbio che nell’espletamento di un gioco, di un semplice gioco, le regole della cautela e della prudenza devono essere le principali ispiratrici del comportamento dei partecipanti, essendo pacifico che l’unico obiettivo che si tentava di raggiungere era quello di fare dell’attività per divertimento insieme a degli amici come si era fatto in passato.

Inspiegabile il gesto del Z., assolutamente fuori dal binario istauratosi nel gioco ed assolutamente sproporzionato rispetto all’obiettivo da raggiungere e cioè prendere la palla al R. Tuttavia quand’anche si fosse trattato di un gioco paragonabile ad una attività sportiva Z. non avrebbe potuto in ogni caso invocare, come ha fatto, l’esimente di cui all’art. 50 e 51 c.p. trattandosi di superamento del rischio consentito. Numerose sul punto le pronunce giurisprudenziali condivise da questo Giudice che si passa ad evidenziare:

 

“In tema di lesioni colpose gravi verificatesi nel corso di competizione sportiva, la scriminante del consenso dell’avente diritto presuppone che il “rischio” di subire dette lesioni, sia dal partecipante ad essa, preventivato e, dunque, accettato, sicché detta scriminante non è configurabile allorquando le caratteristiche amichevoli o amatoriali della competizione rendano non prevedibile la verificazione di lesioni superiori, per entità e gravità, a quelle normalmente accettabili in un tale contesto.

(Fattispecie di lesioni gravi con effetti permanenti, derivate da un’azione di “sgambetto”, cagionate durante lo svolgimento di una partita di calcio tra compagni di scuola).”

 Rigetta, App. Roma, 19 Ottobre 2007

Cassazione penale, sez. V, 04 luglio 2008, n. 44306

 

“Atteso che in tema di lesioni conseguenti ad infortunio sportivo non può ritenersi accettato dai partecipanti ad una gara amatoriale il rischio di subire lesioni gravi con effetti permanenti, integra il reato di lesioni personali colpose la condotta di chi, nel corso di una partita di calcio amichevole tra compagni di scuola, pratichi, in occasione di un contrasto di gioco, uno sgambetto involontario ai danni di un avversario, cagionandogli lesioni al muscolo della coscia sinistra e ai legamenti del ginocchio.”

Cassazione penale, sez. V, 04 luglio 2008, n. 44306

 

Configura un illecito penale la condotta di un calciatore che, nel corso di una partita di calcio amichevole, provoca lesioni gravi ad un avversario, commettendo ai suoi danni un fatto volontario di tale durezza da esporlo ad un rischio superiore a quello accettabile dal partecipante a tale genere di competizione, non potendo in tale caso operare l’esimente del consenso dell’ avente diritto.”

Cassazione penale, sez. V, 04 luglio 2008, n. 44306


“In tema di lesioni cagionate nel contesto a una attività sportiva, ricompresa nella categoria degli sports a violenza solo eventuale, non opera la scriminante di cui agli art. 50 e 51 c.p. e si verte, invece in una ipotesi di superamento del cd. rischio consentito, ogniqualvolta venga posta coscientemente a repentaglio l’incolumità del giocatore avversario il quale è legittimato ad attendersi comportamenti agonistici anche rudi, ma non violazioni del dovere di lealtà che si risolvano nel disprezzo per l’altrui integrità fisica. (Fattispecie in cui, in una gara di calcetto a cinque, l’imputato, durante una azione di gioco, a seguito della “umiliazione” scaturita da un tunnel, per ostacolare la corsa del giocatore avversario, allargava i gomiti e andava a colpire quest’ultimo al volto cagionando allo stesso lesioni guaribili in sette giorni).

 Cassazione penale, sez. IV, 27 marzo 2001, n. 24942

 

L’esercizio dell’attività sportiva costituisce una esimente non codificata in ordine al reato di lesioni colpose commesse in sua occasione. Peraltro, a parte i casi di dolo, al fine di considerare se è stata superata la soglia di punibilità, occorre aver riguardo al tipo di disciplina praticata ed alle regole per essa vigenti. La violazione della norma regolamentare, di per sè, non vale ad integrare il reato, dovendosi avere riguardo anche al livello agonistico della gara. In particolare, nel caso di una gara di allenamento ovvero di una competizione dilettantistica o addirittura amatoriale, deve esigersi dal praticante il rispetto di regole di prudenza e di cautela maggiormente stringenti, perché l’avversario non è preparato, e non è disponibile, a correre rischi non necessari e sproporzionati all’importanza del risultato.

Corte appello Palermo, 26 novembre 2002

 

Dunque, quand’anche ed a tutto concedere volessimo attribuire a quel gioco la natura di attività sportiva, va evidenziato che la illecita condotta è stata tenuta nel corso di una gara amatoriale in una “partita” fra conoscenti e compagni di gioco neppure diretta da un arbitro. Z. pertanto avrebbe dovuto nell’occasione improntare la sua condotta ad una maggiore prudenza e diligenza e così limitare il proprio impeto agonistico per non esporre l’avversario ad un rischio non necessario e certo esorbitante dalla importanza del risultato che di fatto non era oggetto della contesa. Va confermata pertanto la declaratoria di colpevolezza dell’imputato in ordine al reato ascritto sussistendone i presupposti.

 

In considerazione dei criteri enunciati dall’art. 133 c.p. appare equo applicare la pena, alla quale l’imputato deve essere condannato, di 400,00 di multa, tenuto conto della pena base che si ritiene di fissare in 550,00, ridotta per la concessione delle attenuanti generiche, dovute per le scuse formulate successivamente e per l’atteggiamento processuale ad 400,00. Giustificato è il ristoro del danno che si ritiene equo liquidare nel seguente modo: Inv. Perm ¾ % .5.000,00; Inv. Temp. Tot. giorni 22 ( 88) 1.936,00 Inv. Temp parz. Giorni 47 ( 44) 2.068,00 ed 996,00 per il danno morale conseguente. A tale risultato si perviene seguendo l’ipotesi liquidativa elaborata dall’osservatorio per la giustizia civile di Milano in data 25.6.2009 e tenuto conto dell’età del R. al momento del sinistro. L’obbligo civile del risarcimento del danno derivante da reato costituisce un debito di valore e non di valuta quindi, nel procedere alla liquidazione, deve tenere conto della svalutazione monetaria poiché il danneggiato ha diritto al ripristino del suo patrimonio con riferimento al valore della moneta al momento della pronuncia. Le spese di costituzione di parte civile si liquidano nella misura che appare congrua, stante l’attività espletata, di 1.800,00 oltre accessori di legge.

  

P.Q.M.

 

Il Giudice di Pace di Riva del Garda visti gli artt. 533 e 535 c.p.p. dichiara l’imputato Z. A. colpevole del reato di cui all’imputazione e concesse le attenuanti generiche, lo condanna alla pena di 400,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali. Visto l’art. 538 c.p.p. condanna l’imputato a risarcire, in favore della parte civile costituita R. P. oggi maggiorenne, i danni nascenti dal reato che si liquidano in complessivi 10.000,00 con gli interessi legali e rivalutazione monetaria pari alla differenza tra il saggio degli interessi legali ed il tasso di svalutazione monetaria maturato a far data dal 5.11.2006 sino al soddisfo oltre al pagamento delle spese di costituzione di parte civile liquidate in complessivi 1.800,00 oltre I.V.A. e CPA come per legge.

 

Riva del Garda, lì 12.7.2010

 

Il Cancelliere 

dr. Annalisa Calzà

 

Il Giudice di Pace

avv. Mancini Mancini

 

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