Tribunale di Reggio Emilia, sentenza 22 aprile 2015

Tribunale di Reggio Emilia, sentenza 22 aprile 2015, n. 676/15; Giudice Marini; Ma. St. (Avv. Silingardi) c. Circolo T. A. srl (Avv. Tarquini), Soc. Ass. Milano terzo chiamato.

 

Responsabilità civile – Pratica di attività sportiva su un campo di beach volley – Allenamento – Infortunio di minore – Responsabilità ex art. 2048 c.c. – Sussiste 

 

Responsabilità civile – Pratica di attività sportiva su un campo di beach volley – Concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 c.c. – Rilevabilità di ufficio – Fattispecie 

 

Risponde ex art. 2048 c.c. il circolo tennis che organizzi attività ginnica su un campo di beach volley ove s’infortuni una minore in allenamento sotto la supervisione di un istruttore dipendente del circolo, posto che, in caso di danni cagionati nei confronti di soggetti incapaci (ivi compresi i minori), la ratio della disposizione di cui all’art. 2048 c.c. deve essere ricercata nell’inadempimento di un obbligo di vigilanza assunto dal responsabile in relazione a particolari categorie di soggetti, che per presunzione di legge, non sono totalmente capaci di rapportarsi correttamente con la realtà esterna; e che in tale ipotesi l’obbligo di vigilanza si deve conformare all’età dei soggetti affidati, dal momento che maggiore è la capacità di autodeterminarsi e minore dovrà essere l’impegno di vigilanza in capo ai soggetti affidatari, atteggiandosi in una pluralità di forme e modi, che vanno dalla predisposizione di locali idonei ad ospitare i minori, all’individuazione di un livello conforme di sorveglianza in termini di presenza e numero degli operatori, fino alla programmazione di attività compatibili con le capacità degli allievi accolti.

 

Il concorso di colpa del danneggiato di cui all’art. 1227, comma 1, c.c. non concretando un’eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa, dev’essere esaminato e verificato dal giudice anche d’ufficio, attraverso le opportune indagini sull’eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell’incidenza causale dell’accertata negligenza nella produzione dell’evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte.

 

Nel caso in esame il Tribunale giudica in ordine alla responsabilità di un Circolo di Tennis in esito ad un infortunio riportato da un minore durante un allenamento di beach volley. In particolare gli allievi erano stati fatti allineare sul lato più corto del campo da beach volley, onde partire tutti assieme con una corsa in avanti che, all’ordine dell’istruttrice, doveva continuare all’indietro. La partenza di tutti gli allievi ha determinato, specie nella fase della corsa a ritroso, maggiori difficoltà di coordinamento motorio che hanno verosimilmente causato la caduta della minore, che è poi stata travolta da un compagno di esercizio. Il Tribunale ritiene che la responsabilità del Circolo trovi riscontro nella circostanza che l’istruttrice non abbia predisposto una modalità di esecuzione dell’esercizio atta a limitare il rischio di rovinose cadute di un allievo sull’altro. Il Tribunale ha ritenuto che nell’ambito di un’attività sportiva, un conto è l’esercizio di una specifica disciplina sportiva, per la quale i partecipanti implicitamente accettano un livello di rischio insito nell’attività stessa, altro è invece l’attività sportiva preparatoria, per la quale, proprio perché non è previsto il gioco di squadra, l’interazione con gli altri partecipanti o la vicinanza con fonti di rischio viene preventivamente esclusa e nessun rischio può dirsi accettato. Il Giudice accoglie la domanda attorea, ritenendo che parte convenuta non abbia predisposto una modalità di esecuzione dell’esercizio che limitasse il rischio di rovinose cadute di un allievo sull’altro, riconoscendo un concorso di colpa nella causazione del sinistro in capo alla minore, risultando la medesima dotata di buone attitudini atletiche e sportive che la rendevano totalmente idonea alla attività propostale.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI REGGIO EMILIA

II SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona del Dott. Matteo Marini, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nella causa civile iscritta al numero 6402/12 R.G., vertente

       

TRA

  1. St.  quale genitori esercenti la potestà genitoriale sulla minore St. Ca. , rappresentati e difesi dall’avvocato Daniele Silingardi

Attore

E

Circolo T. A. srl rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Tarquini Daniele Silingardi

                                                                                         Convenuto

NONCHE’

Milano Ass.ni spa, rappresentato e difeso dall’avv. Chierici Eugenio e  dell’avv. Enrica Chierici

                                                    Chiamata in causa

 

 

OGGETTO: risarcimento danni nella pratica di attività sportiva beach volley                               

 

 

                           

 

motivi della decisione e svolgimento del processo 

Parte attrice ha promosso il presente giudizio deducendo che la propria figlia Ca., nel corso delle attività sportive organizzate dal Circolo del Tennis di Albinea, avrebbe subito un infortunio a seguito di caduta su di essa di altro compagno impegnato nella medesima corsa a ritroso sul campo di beach volley. Dal momento che la stessa avrebbe riportato ingenti lesioni (frattura completa, scomposta diafisaria prossimale dell’omero sinistro), e ritenuto che il sinistro fosse addebitabile ad un difetto di sorveglianza dei preposti, hanno quindi convenuto in giudizio il Ci. del Te. per sentire riconosciuta la sua responsabilità extra contrattuale.

Il Circolo del tennis convenuto ha rilevato che si sarebbe trattato di “un normale e consueto esercizio ginnico che era in corso di svolgimento sotto l’attento controllo e la direzione della prof. Si. Ta.”, escludendone ogni carattere di pericolosità ed insidia; in ogni caso, la compagnia avrebbe riconosciuto un indennizzo di € 3.500,00, escludendo che si potesse trattare di un difetto di sorveglianza quanto più correttamente di un caso fortuito “che si è verificato nell’ambito di quella normale alea di rischio fisiologicamente insita in ogni attività ginnico ludico e sportiva e che viene implicitamente accettato nel momento di scegliere di partecipare a tali attività, senza che vi fosse da parte dell’istruttore alcuna possibilità di impedire l’evento”; la parte ha anche contestato l’ammontare del risarcimento richiesto.

La compagnia assicurativa, evocata in giudizio da parte della convenuta, ha precisato che “l’esercizio che stavano eseguendo i bambini era infatti di una semplicità estrema e non comportava alcun rischio, anche e soprattutto perché la corsa si svolgeva sul campo di beachvolley e dunque la sabbia non poteva costituire pericolo di sorta, neppure in caso di caduta”; inoltre, la parte ha anche evidenziato come “non è ipotizzabile una responsabilità dell’istruttrice che seguiva meticolosamente i bambini il cui comportamento non pare dunque censurabile sotto alcun profilo”. Per quanto attiene alla copertura assicurativa, la parte ha anche evidenziato come essa non potrebbe ritenersi operante in quanto esclusivamente limitata ai danni che sarebbero causati ai terzi, con esclusione, quindi, degli allievi coinvolti nella attività svolta.

Per quanto attiene alla ricostruzione della dinamica del sinistro, la prove per testi svolte e la condotta processuale dei convenuti consente di ritenere ampiamente raggiunta la prova dei fatti come dedotti da parte attrice.

Con riferimento alla individuazione del titolo di responsabilità applicabile in questo caso, occorre rilevare che in tema di danni cagionati nei confronti di soggetti incapaci (ivi compresi i minori) la ratio della disposizione di cui all’art. 2048 c.c. deve essere ricercata nell’inadempimento di un obbligo di vigilanza assunto dal responsabile in relazione a particolare categoria di soggetti, che per presunzione di legge, non siano totalmente capaci di rapportarsi correttamente con la realtà esterna; è ovvio che l’obbligo di vigilanza si debba conformare all’età dei soggetti affidati, dal momento che maggiore è la capacità di autodeterminarsi e minore dovrà essere l’impegno di vigilanza in capo ai soggetti affidatari. Un simile impegno gravante si atteggia in una pluralità di forme e modi che vanno dalla predisposizione di locali idonei ad ospitare i minori, all’individuazione di un livello conforme di sorveglianza in termini di presenza e numero degli operatori fino alla programmazione di attività che siano compatibili con le capacità degli allievi accolti.

È corretto quanto sostenuto da parte convenuta laddove ritiene che, trattandosi di attività sportiva, vi è un livello di rischio insito nella pratica prescelta che cui tutti i partecipanti – per il semplice fatto di avere liberamente deciso di parteciparvi – hanno implicitamente accettato; tuttavia, un conto è l’espletamento della specifica disciplina sportiva in cui tale rischio consentito più propriamente si inquadra ed altro è l’attività sportiva preparatoria per la quale, proprio perché non è previsto il gioco di squadra, l’interazione con gli altri partecipanti o la vicinanza con fonti di rischio viene preventivamente esclusa e nessun rischio può dirsi accettato. In altri termini: nel momento in cui un soggetto ha deciso di praticare una certa tipologia di sport di squadra ha anche implicitamente accettato che proprio dall’interazione con compagni ed avversari possano derivare ragionevoli rischi per la propria persona, ovviamente limitati a quanto possa accadere in una normale azione di gioco. Diversamente, ove l’attenzione è spostata sulla preparazione fisica del singolo seppure in prospettiva dell’attività di gioco, è evidente che nessun rischio può dirsi legittimamente consentito proprio per il fatto che non è prevista alcuna interferenza con altri soggetti.

Ciò premesso, si deve osservare che, come confermato dalla teste Ar. St., gli allievi erano stati fatti allineare sul lato più corto del campo da beach volley e fatti partire tutti assieme con una corsa all’avanti per poi continuare all’indietro. Una simile strutturazione dell’attività ha determinato che il gruppo degli allievi si muovesse contemporaneamente, circostanza del tutto ragionevole in relazione alla fase frontale della corsa, in quanto ognuno di essi, avendo di fronte a sé una sorta di corridoio, ben poteva prendere le necessarie contromisure ove si fosse verificata, da parte del vicino, un’accidentale caduta o una “invasione” del proprio corridoio di corsa. La scelta appare viceversa criticabile nel momento in cui è stato dato l’ordine di procedere all’indietro in quanto, ovviamente, ciò ha di fatto limitato quell’attenzione ai comportamenti del vicino presente nella fase antecedente dell’esercizio con conseguente aumento del rischio di cadute “incontrollate”, anche alla luce del fondo sabbioso sul quale meno agevole è la progressione. Dunque, per quanto si sia trattato di un normale esercizio di allenamento, la modalità del suo concreto svolgimento (partenza cumulativa, progressione all’indietro) ha determinato l’aumento del rischio di involontarie cadute degli allievi e, quindi, di infortuni. In questo contesto, proprio la prevedibilità di possibile situazioni di rischio dovute alla tipologia di esercizio e alla modalità di esecuzione, avrebbero dovuto indurre i responsabili dell’attività a prevedere partenze scaglionate degli allievi in modo tale che ciascuno potesse iniziare il proprio esercizio in tutta sicurezza dopo che il compagno avesse terminato il proprio. Viceversa, la partenza di tutti gli allievi ha determinato, specie nella fase della corsa a ritroso, maggiori difficoltà di coordinamento motorio che hanno verosimilmente causato la caduta di Carlotta e la rovina su di essa del compagno. In ciò, a parere del Tribunale, risiede la responsabilità del Circolo, ovvero nel non avere predisposto una modalità di esecuzione dell’esercizio che limitasse il rischio di rovinose cadute di un allievo sull’altro.

Ciò premesso, deve osservarsi come, accanto ai principi in tema di protezione dei soggetti incapaci di agire, esiste anche il principio di autoresponsabilità che impone al soggetto di comportarsi in maniera conforme alla circostanza di spazio e di tempo in cui si trova. Nel caso in esame, nell’esecuzione dell’esercizio a ciascun partecipante è richiesta l’attenzione necessaria per evitare possibili cadute dovendo utilizzare tutto l’impegno per eseguire correttamente la prova: in questo senso, non sono state nemmeno dedotte circostanza personali che potessero anche solo far pensare a eventuali difficoltà di coordinamento della ragazzina che, anzi, alla luce della CTU svolta, è risultata in piena salute, con la conseguenza che deve supporsi che la caduta sia stata causata da una sua distrazione del tutto casuale ed accidentale. Proprio in ragione di ciò, ritiene il Tribunale che debba essere riconosciuto un concorso di colpa nella causazione del sinistro in capo alla minore che, per quanto di anni (omissis…) à l momento del sinistro, deve presupporsi dotata di buone attitudini atletiche e sportive che la rendevano totalmente idonea alla attività propostale. La limitazione dell’onere risarcitorio in capo al Ci. si giustifica anche alla luce degli immeditati soccorsi prestati alla minore e della cura con cui gli istruttori si sono occupati di Ca., senza dimenticare che la pratica dello sport è incentivata dall’ordinamento quale forma di benessere sociale. Da un punto di vista processuale, la Corte di Cassazione ha precisato che “l’ipotesi del concorso di colpa del danneggiato di cui all’art. 1227, comma 1, c.c. non concretando un’eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa, dev’essere esaminata e verificata dal giudice anche d’ufficio, attraverso le opportune indagini sull’eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell’incidenza causale dell’accertata negligenza nella produzione dell’evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste formulate dalla parte” (Cass. 25/02/2014, n. 4446). La misura di detto concorso non può che attestarsi nella minima misura del 20% rispetto all’ammontare complessivo del risarcimento spettantele secondo la tabella che segue, redatta sulla base delle indicazioni del consulente medico:

Età del danneggiato alla data del sinistro 10 anni

Percentuale di invalidità permanente 9%

Giorni di invalidità temporanea totale 1

Giorni di invalidità temporanea parziale al 75% 40

Giorni di invalidità temporanea parziale al 50% 20

Giorni di invalidità temporanea parziale al 25% 20

Danno risarcibile € 21.967,00

Invalidità temporanea totale € 96,00

Invalidità temporanea parziale al 75% € 2.880,00

Invalidità temporanea parziale al 50% € 960,00

Invalidità temporanea parziale al 25% € 480,00

Danno biologico temporaneo € 4.416,00

Spese mediche € 589,50

TOTALE danno non patrimoniale € 26.383,00

Sulla somma di € 26.383,00, devalutata alla data del sinistro dell’8 luglio 2008 (E 24.316,13), dovranno essere calcolati gli interessi sull’importo di anno in anno rivalutato (E 3.338,54), con un importo complessivo di € 29.721,54 in moneta attuale cui dovranno sommarsi le spese mediche e per quelle della vacanza non goduta in Corsica (nel periodo della vacanza il CTU ha infatti riconosciuto una invalidità parziale temporanea tale da sconsigliare spostamenti), per un totale di € 30.549,32; la somma dovrà essere abbattuta del 20% con un totale di € 24.439,45. Dall’importo dovranno essere detratte le somme versate a titolo di acconto (E 3.500,00) oltre ad interessi sulla somma di anno in anno rivalutata (E 4.237,92) con un importo complessivo finale di 20.201,53.

L’eccezione svolta dalla compagnia di assicurazione non può essere accolta dal momento che, come correttamente rilevato da parte convenuta, il danno di cui è stato chiesto il risarcimento attiene al rapporto tra ente (cui si imputano gli effetti della condotta degli incaricati ex art. 2049 c.c.) e un partecipante alla attività, mentre la disposizione invocata (“gli associati, gli allievi e coloro che partecipano alle attività sportive non sono considerati terzi tra di loro”) si riferisce esclusivamente al caso in cui i danni siano stati arrecati tra gli stessi soggetti (“tra di loro” ad esempio, danno causato da un allievo all’altro) e siano richiesti dall’uno nei confronti dell’altro poiché in questa ipotesi oggettivamente non potrebbe essere invocata la responsabilità dell’ente.

Le spese del presente giudizio e quelle di CTU seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:

1) condanna il Circolo Tennis Albinea srl al pagamento a favore di St. Ma. e Ol. Pa. in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale su Ca. St. al pagamento della somma di € 20.201,53 in moneta attuale, oltre interessi legali dalla data della presente decisione;

2) condanna il Circolo Tennis Albinea srl al pagamento a favore di St. Ma. e Ol. Pa. in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale su Ca. St. al pagamento della somma di € 4.835,00 per compensi oltre spese di € 469,07 iva e cpa oltre rimborso forfettario 15,00%, oltre alle spese di CTU come liquidate;

3) condanna Milano Assicurazione spa a tenere indenne il Circolo Tennis Albinea srl da tutte le somme che corrisponderà a parte debitrice.

Sentenza resa ex articolo 281-sexies c.p.c., pubblicata mediante allegazione al verbale.

Depositata in cancelleria il 22/04/2015.

Dott. Matteo Marini

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