PRETURA DI ROVERETO; sentenza 16 giugno 1993, n. 160

PRETURA DI ROVERETO; 16 giugno 1993, n. 160; Giud. BELLENTANI; imp. X, Y, Z, A (per le pp.cc., avv.ti TOSONI, PASOLLI)

 

Responsabilità penale – Sci – Omicidio colposo – Situazione di pericolo sulla pista – Responsabilità del gestore della pista – Condanna – Responsabilità dei maestri di sci – Condanna – Responsabilità del direttore della scuola di sci – Condanna

 

Nel caso in cui uno sciatore muoia dopo aver praticato una discesa su una pista inidonea sia allo svolgimento di sci turistico che, a maggior ragione, alla pratica turistica, per aver sbattuto violentemente contro un palo privo di protezione, posto a pochissima distanza dalle porte dello slalom, rispondono in concorso tra di loro una serie di soggetti. E’ responsabile il gestore degli impianti, per aver posto a sostegno della rete di delimitazione della sciovia dei paletti non foderati né protetti, contro cui vada a sbattere lo sciatore durante l’allenamento agonistico. Nessuna rilevanza ha il fatto che le regole di diligenza da utilizzare sugli impianti sciistici non siano state codificate, in quanto queste devono ritenersi comunque operanti nel momento in cui sia riconoscibile il pericolo cui determinati beni giuridici sono esposti. Chiunque, infatti, intraprende un’attività, deve prendere cognizione delle cautele e prescrizioni imposte dalla miglior tecnica del settore ed adeguarvisi. Rispondono, altresì, i maestri di sci per non aver impedito la morte del giovane, essendo questi titolari di una posizione di garanzia e di protezione nel confronti delle persone a loro affidate. Tale obbligo si fonda sull’assunzione volontaria e consensuale della posizione di garante dell’impedimento di eventi dannosi a carico del bene incolumità fisica dei giovani sciatori. E’ responsabile, inoltre, il direttore della scuola di sci, essendo anch’egli titolare di una posizione di garanzia e di un obbligo di protezione dell’incolumità dei giovani allievi, dovendo controllare e vigilare sulle piste e sugli allenamenti.

 

© Umberto Izzo – Riproduzione riservata

 

Testo della sentenza

 

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