TRIBUNALE BELLUNO; sentenza 14 febbraio 2020, n. 34

TRIBUNALE BELLUNO; sentenza 14 febbraio 2020, n. 34.

Responsabilità civile – Gestore di un’area sciabile – Sinistro occorso ad uno sciatore – Inadempimento del contratto di fruizione dell’area sciabile – Non sussiste – Colpa del danneggiato – Sussiste

Va esclusa la responsabilità contrattuale del gestore di un’area sciabile (in relazione a un grave sinistro occorso a uno sciatore che rimproveri di essersi infortunato a causa della presenza di un dislivello del manto nevoso che abbia funto da trampolino, proiettandolo fuori pista e facendolo collidere con alberi, senza che vi fossero reti di protezione atte a scongiurare l’impatto), ove risulti che la dinamica del sinistro, in base alla testimonianza di un addetto dipendente dell’area sciabile, sia stata determinata dalla eccessiva velocità (pari a 70 km all’ora) con la quale lo sciatore intraprendeva la discesa, senza che siano emersi profili di inadempimento o inesatto adempimento delle obbligazioni gravanti sul gestore della pista da sci in rapporto causale con il danno lamentato dallo sciatore.

Responsabilità civile – Gestore di un’area sciabile – Sinistro occorso ad uno sciatore – Responsabilità del custode – Colpa del danneggiato – Interruzione del nesso causale – Sussiste

Va esclusa la responsabilità addebitata ex art 2051 c.c. al gestore di un’area sciabile (in relazione a un grave sinistro occorso a uno sciatore che rimproveri di essersi infortunato a causa della presenza di un dislivello del manto nevoso che abbia funto da trampolino, proiettandolo fuori pista e facendolo collidere con alberi, senza che vi fossero reti di protezione atte a scongiurare l’impatto), ove risulti che la dinamica del sinistro, in base alla testimonianza di un addetto dipendente dell’area sciabile, sia stata determinata dalla eccessiva velocità (pari a 70 km all’ora) con la quale lo sciatore intraprendeva la discesa, con l’effetto di integrare un comportamento incauto determinante l’interruzione del nesso causale fra la cosa oggetto di custodia e il danno.

(omissis)

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato in data 30.9.2016 Re. De Si., Ma. De Si., Ma. De Si. e Cl. Bi., questi ultimi in proprio nonchè in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio minore Th. De Si., agivano in giudizio nei confronti di Alleghe Funivie s.p.a. chiedendo il risarcimento del danno derivante dal sinistro occorso in data 22.12.2013 ai danni di Re. De Si.

Gli attori evidenziavano che in tale data Re. De Si., mentre stava effettuando un giro di riscaldamento sulla pista Lavadoi ad Alleghe, era caduto e, dopo essere scivolato verso il margine della pista, era uscito dalla medesima. Gli attori precisavano che sul bordo della pista era presente un rialzo di circa venti centimetri di neve che, fungendo da trampolino, aveva fatto decollare De Re. Silvestro fuori pista, evidenziando che quest’ultimo era poi ricaduto a terra da un’altezza di 4 metri circa ed era andato a collidere violentemente contro alcuni alberi ai margini del tracciato, riportando delle gravissime lesioni che lo avevano reso paraplegico.

Gli attori deducevano che al momento dell’incidente, a bordo pista, non vi erano sorveglianti, né personale medico ed infermieristico e si dolevano del fatto che, nonostante il ripido scoscendimento a margine della pista, la presenza di alberi e lo scarso innevamento, non era stata posizionata alcuna protezione o altra misura di sicurezza idonea ad evitare l’uscita dalla pista, nè erano stati collocati segnali di pericolo.

Gli attori allegavano che l’infortunio era stato causato dalla negligenza del gestore degli impianti Alleghe Funivie s.p.a. e ne invocavano la relativa responsabilità, documentando l’acquisto dello ski pass da parte di Re. De Si.; quantificavano il danno patrimoniale e non patrimoniale subito da Re. De Si. e dai familiari in conseguenza del sinistro nella misura complessiva di Euro 10.315.847,23, invocando la responsabilità della convenuta ai sensi degli articoli 1218 c.c., 2059 c.c., 2049 c.c., 2050 c.c., 2051 c.c. e 2043 c.c.

Con comparsa depositata in data 6.2.2017 si costituiva in giudizio Alleghe Funivie s.p.a. chiedendo in via preliminare la chiamata in causa delle compagnie assicurative Axa Assicurazioni s.p.a. e Q.B.E. Insurance (Europe) Limited ai fini della manleva; nel merito chiedeva il rigetto delle domande attoree evidenziando che la pista Lavadoi, sulla quale si era verificato il sinistro, era una pista da discesa di media difficoltà, non adibita a tracciato di gara né di allenamento, fiancheggiata da un lieve avvallamento del terreno e costeggiata da alberi a distanza dal bordo. Alleghe Funivie s.p.a. sottolineava che la pista, il giorno del sinistro, era aperta al pubblico e che non vi era alcun obbligo, in capo alla medesima, di delimitare i bordi della medesima per la presenza di alberi all’esterno della pista.

La convenuta deduceva che Re. De Si. aveva perso il controllo degli sci a causa dell’elevata velocità e della tipologia dell’attrezzatura utilizzata, avendo degli sci da gara; evidenziava ulteriormente che le lesioni riportate erano state particolarmente gravi anche in ragione del mancato utilizzo del paraschiena.

La convenuta, in via subordinata, contestava il quantum delle pretese risarcitorie.

Con comparsa del 15.5.2017 si costituiva in giudizio QBE Insurance (Europe) Ltd chiedendo in via principale il rigetto delle domande attoree e della domanda di manleva formulata dalla convenuta nei suoi confronti; la compagnia eccepiva la prescrizione ai sensi dell’art. 2952 c.c. del diritto alla manleva in ragione dell’omessa trasmissione alla medesima della diffida inviata dal procuratore attoreo alla convenuta nel febbraio 2014.

Con comparsa del 25.5.2017 si costituiva in giudizio Axa Assicurazioni s.p.a. chiedendo in via principale il rigetto della domanda attorea.

Alleghe Funivie s.p.a. veniva autorizzata alla chiamata in causa del dr. An. Ba. Assicurazioni di Ba. An. e quest’ultimo, costituitosi con comparsa del 9.11.2017, chiamava a sua volta in giudizio, ai fini della manleva, AIG Europe Limited, Rappresentanza Generale per l’Italia, chiedendo in via principale il rigetto delle domande attoree e della domanda formulata da Alleghe Funivie s.p.a. nei suoi confronti.

Con comparsa dell’8.3.2018 si costituiva in giudizio AIG Europe Limited Rappresentanza Generale per l’Italia chiedendo in via principale il rigetto delle domande.

Dopo la concessione dei termini ex art. 183 comma VI c.p.c. la causa veniva istruita mediante assunzione della prova orale e CTU in relazione allo stato dei luoghi ed alle caratteristiche della pista.

All’udienza del 7.11.2019 le parti precisavano le conclusioni nei termini indicati in epigrafe e la causa veniva trattenuta in decisione, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per memorie conclusionali e repliche.

Va esclusa, nella fattispecie in esame, la responsabilità di Alleghe Funivie s.p.a. in relazione al sinistro.

Gli attori hanno agito nei confronti di Alleghe Funivie s.p.a, quale gestore della pista, invocandone la responsabilità contrattuale derivante dall’acquisto dello ski pass da parte di De Si. Re. e, nel contempo, la responsabilità extracontrattuale ai sensi degli artt. 2049, 2050, 2051e 2043 c.c.

Giova premettere che il riferimento all’art. 2049 c.c.non appare pertinente in relazione alle allegazioni attoree di cui all’atto di citazione, non avendo gli attori indicato nell’atto introduttivo specifiche condotte od omissioni di dipendenti di Alleghe Funivie s.p.a. dalle quali sarebbero derivate le lesioni lamentate, causalmente ricondotte in atti alla caduta dello sciatore ed all’urto del medesimo con gli alberi.

Neppure l’art. 2050 c.c.trova applicazione nella fattispecie in esame, non potendo essere considerata l’attività di gestione di una pista da sci aperta al pubblico, non adibita a tracciato di gara, quale attività pericolosa nei termini previsti dalla norma.

Quanto alle ulteriori norme invocate, pur essendo astrattamente configurabile in capo al gestore della pista da sci sia una responsabilità di natura contrattuale, derivante dalla conclusione di un contratto atipico di skipass con lo sciatore (in questo senso v. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2563 del 06/02/2007), sia una responsabilità di natura extracontrattuale ai sensi degli art. 2051 c.c.o 2043 c.c., all’esito dell’istruttoria va esclusa, in capo alla convenuta, la sussistenza dei relativi presupposti.

In merito alla dedotta responsabilità contrattuale la giurisprudenza della Suprema Corte ha chiarito che “il contratto di “ski- pass” – che consente allo sciatore l’accesso, dietro corrispettivo, ad un complesso sciistico al fine di utilizzarlo liberamente ed illimitatamente per il tempo convenzionalmente stabilito – presenta i caratteri propri di un contratto atipico nella misura in cui il gestore dell’impianto assume anche, come di regola, il ruolo di gestore delle piste servite dall’impianto di risalita, con derivante obbligo a suo carico della manutenzione in sicurezza della pista medesima e la possibilità che lo stesso sia chiamato a rispondere dei danni prodotti ai contraenti determinati da una cattiva manutenzione della pista, sulla scorta delle norme che governano la responsabilità contrattuale per inadempimento, sempre che l’evento dannoso sia eziologicamente dipendente dalla suddetta violazione e non, invece, ascrivibile al caso fortuito riconducibile ad un fatto esterno al sinallagma contrattuale (come, nella specie, laddove era rimasta adeguatamente accertata l’insussistenza di siffatto inadempimento in virtù dell’esclusione della pericolosità della situazione creata dal gestore con la costruzione di una casetta di ricovero dell’erogatore di energia elettrica necessaria per l’alimentazione dell’impianto di risalita a breve distanza dallo spiazzo di fermata della pista a valle e del nesso di causalità tra questa situazione e l’evento dannoso dedotto dal ricorrente, invero da lui stesso determinato alla stregua della imprudente velocità adottata lungo la discesa e nella parte terminale della pista, da cui era derivata la sua collisione con la piccola costruzione, con la produzione delle conseguenti lesioni per le quali era stata intentata l’azione risarcitoria” – cfr. in questi termini Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2563 del 06/02/2007.

Con la medesima pronuncia poc’anzi citata la Cassazione ha nel contempo riconosciuto l’astratta configurabilità, in capo al gestore della pista da sci, di una responsabilità ex art. 2051 derivante dal rapporto di custodia con la medesima (“La responsabilità prevista dall’art. 2051 cod. civ.per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo e, ai fini della sua configurabilità, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa (e, perciò, anche per le cose inerti) e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza. La responsabilità del custode, in base alla suddetta norma, è esclusa in tutti i casi in cui l’evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale dell’evento e, perciò, quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sè prodotto l’evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell’evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile, ancorchè dipendente dalla condotta colpevole di un terzo o della stessa vittima” (Nella specie, la S.C., sulla scorta dell’enunciato principio, ha confermato la sentenza impugnata rilevandone l’adeguatezza della motivazione con riferimento all’esclusione della responsabilità da custodia di una società gestrice di un impianto di sci per le lesioni occorse ad uno sciatore conseguenti alla collisione, durante la discesa, con un casotto in muratura per il ricovero di un trasformatore dell’energia elettrica necessaria per il sistema di risalita posto in prossimità della pista, sul presupposto dell’accertata assenza del nesso di causalità tra la cosa e l’evento, invece determinato, così configurandosi un’ipotesi di caso fortuito, dalla condotta colposa della medesima vittima che non aveva osservato una velocità adeguata al luogo e che si era, perciò, imprudentemente portato fino al margine estremo del piazzale di arrivo, risultato comunque sufficientemente ampio, senza riuscire ad adottare manovre di emergenza idonee ad evitare l’urto contro il predetto ostacolo).

In materia di responsabilità da cose in custodia la giurisprudenza ha ulteriormente precisato che, qualora la res sia inerte ed il danno non derivi quindi da un dinamismo interno della stessa, il danneggiato può provare il nesso causale tra evento dannoso e bene in custodia unicamente dimostrando l’obiettiva situazione di pericolosità dello stato dei luoghi, tale da rendere probabile, se non inevitabile, il danno stesso (cfr. in questi termini Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21212 del 20/10/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2660 del 05/02/2013).

Quanto infine all’art. 2043 c.c.trattasi di norma di carattere generale che, come noto, impone il dovere del neminem laedere e presuppone, sotto il profilo soggettivo, il dolo o la colpa.

Fatte queste premesse di carattere generale, occorre ora considerare le risultanze dell’istruttoria.

Le caratteristiche della pista ove si è verificato il sinistro, ossia della pista Lavadoi, sono state verificate in sede di CTU.

La pista Lavadoi è risultata essere una pista rossa, di media difficoltà, con una pendenza compresa tra il 25/30% ed il 40%, una larghezza media di 29 metri ed una larghezza minima di 11 metri.

La relazione del CTU ha evidenziato che, nel punto ove si è verificata la caduta dello sciatore, la pista ha una pendenza approssimativa del 40% ed una larghezza di 19/20 metri e presenta sui bordi scoscesi pendii boschivi, prevalentemente composti da abeti che si collocano a circa 3 – 4 metri dal margine della pista.

Il CTU ha dato atto della assenza di segnaletica di pericolo e di reti di protezione in prossimità del luogo del sinistro (circostanza, questa, invero pacifica in causa).

La pista Lavadoi, secondo quanto confermato dal CTU, non era omologata per competizioni sportive ed era aperta al pubblico al momento del sinistro, come confermato dalla prova orale.

Al fine di ricostruire la dinamica del sinistro è stata assunta la prova testimoniale.

Il teste Se. Pe. ha riferito che Re. De Si. stava facendo una curva verso destra quando ha toccato con lo scarpone l’altro suo scarpone e, in conseguenza di ciò, ha perso l’equilibrio ed è caduto; il teste ha precisato che Re. De Si. è poi scivolato verso il bordo della pista, le punte degli sci hanno impattato contro il bordo della medesima e, in conseguenza dell’urto, è stato sbalzato verso l’alto compiendo una rotazione di 180 gradi. Il teste ha riferito che l’impatto degli sci contro il bordo è stato molto forte, al punto che gli sci si sono sganciati ed uno di essi si è deformato; il medesimo ha confermato che sul bordo c’era un rialzo di circa trenta centimetri di neve.

Il teste Se. Pe. ha riferito che la pista era in condizioni ottimali ed era stata battuta e, pur ricordando che c’era nebbia, ha ricordato che la visibilità era buona perché la nebbia non era fitta; lo stesso ha confermato che Re. De Si. indossava abbigliamento e sci da gara, ma non indossava il paraschiena.

Le dichiarazioni rese dal teste Pe. vanno ritenute particolarmente attendibili in quanto molto circostanziate, prive di elementi di contraddittorietà e frutto di una diretta percezione dei fatti; va in particolare considerato che il teste ha potuto assistere personalmente al sinistro da una distanza di circa cinquanta metri, in quanto lo stesso stava effettuando la discesa in compagnia di Re. De Si. e si trovava a monte rispetto al medesimo, come dallo stesso dichiarato.

I testi Ca. Ce. e Cr. Mo. hanno rispettivamente confermato che la pista era ben innevata e che la visibilità era buona. Il secondo ha confermato ulteriormente che l’altezza del muretto di neve presente sul bordo pista era di circa trenta centimetri.

Il teste Cr. Mo., dipendente di Alleghe Funivie s.p.a., ha dichiarato che, secondo quanto gli era stato riferito da Fe. Mi., i due ragazzi procedevano a velocità sostenuta.

Circostanza, questa, riferita direttamente altresì dal teste Fe. Mi., dipendente di Alleghe Funivie s.p.a., il quale ha dichiarato che, mentre si trovava in pista per un controllo, i ragazzi gli erano passati vicino ad una velocità elevata di circa 60/70 km orari.

Il teste Fe. Mi. ha confermato che la pista era aperta al pubblico e che non era previsto il suo utilizzo per la gara.

All’esito della prova orale è pertanto emerso che De Si. Re. ha perso l’equilibrio in pista dopo aver toccato lo scarpone con l’altro scarpone; in conseguenza di ciò è caduto, è scivolato sul margine della pista e, dopo aver impattato sul cordolo di neve di circa trenta centimetri presente sul bordo, è stato sbalzato verso l’alto al di fuori della pista compiendo una rotazione di circa 180 gradi e, nella ricaduta, è andato a collidere contro degli alberi distanti alcuni metri dal bordo.

Le allegazioni difensive di parte convenuta in merito alla elevata velocità tenuta da De Si. Re. hanno trovato espressa conferma nelle testimonianze rese dai testi Fe. e Mo..

La dichiarazione del teste Fe. in merito alla elevata velocità di De Si. Re., indicata dal medesimo nella misura di circa 60/70 km orari, non può che essere approssimativa, non essendo possibile in assenza di strumentazione un calcolo esatto della stessa; va comunque considerato che non rileva in questa sede l’esatta misurazione della velocità sostenuta, ma la diretta percezione del teste che, operando un raffronto con la velocità tenuta mediamente dai turisti, ha visto Re. De Si. passargli vicino ad una velocità elevata, molto maggiore rispetto a quella mediamente percepita in relazione ai primi.

La velocità elevata di Re. De Si. nella discesa trova invero indirettamente riscontro nelle stesse allegazioni di parte attrice che, nel descrivere la dinamica del sinistro a pagina 3 dell’atto di citazione, ha scritto “vi era un rialzamento di circa 20 cm, e cioè un cumulo di neve lasciato probabilmente dal “gatto delle nevi” (v. doc. 6 foto del rialzamento a bordo pista e del pendio) che, fungendo da trampolino, faceva decollare l’atleta fuori dalla pista.

12. Re. andava quindi a sbattere violentemente contro alcuni alberi ai margini del tracciato, per poi ricadere a terra da un’altezza di 4 metri circa.”

E’ ragionevole ritenere che un volo di circa 4 metri in altezza non possa che essere la conseguenza della forte velocità sostenuta dall’attore in quanto la presenza del cordolo di neve, indicata da parte attrice come “trampolino”, appare di per sé semmai idonea a modificare la sola traiettoria dello sciatore, proiettandola verso l’alto, ma non anche ad aumentarne la forza cinetica; in altre parole appare ragionevole ritenere che un volo di ben quattro metri, tale da determinare un violento impatto contro gli alberi in fase di ricaduta, non possa che esser stato determinato dalla elevata velocità tenuta dallo sciatore che, in caso di velocità moderata, non sarebbe stato verosimilmente protagonista di un volo di tale significativa entità e avrebbe anzi potuto arrestare la sua corsa nell’impatto con il cordolo di neve, anche in considerazione del fatto che lo stesso vi ha impattato dopo la caduta, allorquando si trovava già a terra e, scivolando, ha raggiunto il margine della pista.

Ulteriori elementi di prova a sostegno della predetta elevata velocità si rinvengono nelle dichiarazioni rese dal teste Pe. il quale ha dichiarato che l’impatto tra gli sci ed il bordo è stato molto forte, al punto che uno sci si è deformato. La violenza dell’impatto, comprovata dalla riferita deformazione dello sci, va ragionevolmente ricondotta alla eccessiva velocità dello sciatore.

Lo stesso De Si. Re., sentito a sommarie informazioni in data 4.3.2014, ha dichiarato che il sinistro era avvenuto affrontando la quinta curva (v. doc. 2 di parte) ed in considerazione di ciò il CTU ha rilevato che, avendo lo sciatore effettuato solo cinque curve, nel tratto caratterizzato dalla pendenza massima, la velocità assunta dovesse essere notevole.

In merito alle condizioni della pista Lavadoi al momento del sinistro l’istruttoria non ha rilevato l’inosservanza di specifiche prescrizioni normative né, più in generale, elementi di rischio non adeguatamente segnalati o neutralizzati dal gestore.

Con riferimento al cordolo di neve sul margine della pista si ritiene che la presenza del medesimo sia la normale ed inevitabile conseguenza della battitura della pista, per effetto della quale si provoca un leggero accumulo della neve sui bordi della medesima; la relativa presenza non può essere ricondotta ad incuria del gestore e non rappresenta, di per sé, elemento di pericolo per gli sciatori, per le motivazioni già evidenziate.

Quanto alla mancanza di segnaletica di pericolo in prossimità del punto del sinistro, lamentata da parte attrice, si rileva che la pista, nel tratto in questione, presentava solo un lieve restringimento, risultando di larghezza pari a 19/20 metri a fronte di una larghezza media di 29 metri (v. relazione del CTU).

La presenza di una scarpata gradualmente discendente e degli alberi al di là dei margini della pista, visibili da quest’ultima, va ritenuta assolutamente normale in zona montana e non impone l’adozione di reti di protezione che, diversamente, dovrebbero essere collocate dal gestore delle piste pressoché lungo ogni perimetro; nella fattispecie in esame non è in particolare emersa la presenza di un ripido ed imprevedibile scoscendimento alberato ai margini della pista tale da rappresentare un pericolo per i fruitori della pista e da imporre, conseguentemente, l’adozione di idonee misure preventive quali reti o segnali.

Giova ricordare, sul punto, che la normativa regionale prescrive la “presenza di elementi di protezione saldamente infissi per l’altezza minima di metri 1,80 misurati sopra il livello di battitura della pista e comunque idonei ad impedire l’uscita di pista degli sciatori nel caso di piste che passano su ponti o sono fiancheggiate da scoscendimenti pericolosi” (v. art. 34 n. 1 lett. E) della L. R. Veneto n. 21/2008, sottolineatura aggiunta).

Dall’esame della documentazione fotografica e dalle risultanze peritali non sono tuttavia emersi elementi per ritenere che lo scoscendimento, nel caso di specie, fosse pericoloso per la particolare pendenza del medesimo o per la sua non visibilità dalla pista.

Con riferimento alla doglianza attorea in merito alla presenza di personale medico e infermieristico a bordo pista si rileva che la pista in oggetto non era stata adibita a tracciato per la gara e, pertanto, non era soggetta alle relative prescrizioni, come evidenziato dalla convenuta.

Quanto alla lamentata generica assenza di personale di sorveglianza si rileva che detta assenza risulta smentita dalle stesse allegazioni di parte attrice secondo cui, subito dopo l’incidente, era stato dato l’allarme ed erano giunti i primi soccorsi; secondo quanto dedotto in citazione in un primo momento era arrivato un addetto agli impianti, il signor Mi. Fe., dipendente di Alleghe Funivie s.p.a. e immediatamente dopo erano giunti altri soccorritori.

Occorre in particolare rilevare che gli attori, in citazione e nella prima memoria ex art. 183 c.p.c., si sono limitati a dedurre l’assenza di sorveglianti e non hanno contestato in modo specifico l’assenza in capo al personale dell’abilitazione al soccorso. Ogni successiva doglianza sul punto va pertanto ritenuta tardiva.

Assume in ogni caso valore assorbente il fatto che non sia stato dedotto da parte attrice un ritardo nell’intervento di soccorso o l’inadeguatezza del medesimo con ripercussioni sull’ entità delle lesioni riportate, apprezzabili sotto il profilo medico legale. Tale questione, non essendo stata oggetto di specifica allegazione, va ritenuta estranea al presente giudizio.

In merito alla dedotta assenza di personale abilitato al soccorso va sottolineato che la medesima, quand’anche provata, comunque non si sarebbe posta in rapporto causale con la caduta, in quanto la presenza del personale chiaramente non l’avrebbe potuta evitare, risultando semmai potenzialmente idonea ad incidere sul solo profilo dell’entità delle lesioni riportate dal danneggiato. Come si è già rilevato, tuttavia, parte attrice non ha dedotto che, in conseguenza dei primi soccorsi prestati, De Re. Silvestro abbia subito un aggravamento delle lesioni già riportate in conseguenza della caduta e dell’urto contro gli alberi (neppure la perizia di parte allegata sub doc. 23 all’atto introduttivo vi fa cenno).

Fermo quanto sopra, in merito alla deduzione di parte attrice secondo cui il Fe. “ruotò il ferito di 180 gradi”, contenuta nella prima memoria ex art. 183 comma VI c.p.c., si rileva che la relativa domanda ai sensi dell’articolo 2049 c.c.è da ritenersi tardiva, trattandosi di fatto specificamente posto a fondamento di una domanda solo in occasione della prima memoria che, in quanto tale, va considerata nuova.

In atto di citazione parte attrice, nel riepilogare i fatti di causa, si era infatti limitata a dedurre che Mi. Fe. aveva prestato un primo soccorso ed aveva spostato Re. De Si., ma non aveva dedotto che l’intervento di soccorso si fosse rilevato inadeguato e che, in conseguenza di ciò, lo sciatore avesse patito un aggravamento delle lesioni riportate in conseguenza della caduta (profilo, questo, che non è stato invero dedotto, come si è già rilevato, neppure in sede di prima memoria ex art. 183 comma VI c.p.c.).

All’esito dell’istruttoria va pertanto esclusa una responsabilità contrattuale in capo ad Alleghe Funivie s.p.a. in relazione al sinistro, non risultando emersi profili di inadempimento o inesatto adempimento delle obbligazioni gravanti sul gestore della pista da sci in rapporto causale con il danno lamentato da parte attrice, dalla medesima ricondotto alla caduta ed all’urto.

Non sono emersi in relazione alla gestione della pista Lavadoi, ed in particolare al punto in cui si è verificato il sinistro, violazioni degli obblighi derivanti in capo al gestore dalla conclusione del contratto di ski pass; non sono stati in particolare rilevati elementi di pericolosità della pista tali da imporre l’adozione di reti di contenimento o di segnaletica nei termini prospettati da parte attrice, dovendosi ritenere che la presenza di graduali scoscendimenti e di alberi ai margini della pista, visibili dalla stessa, rientri tra i c.d. rischi tipici che non impongono in via generalizzata al gestore della pista da sci la recinzione integrale della stessa.

Parimenti infondata va ritenuta la domanda formulata da parte attrice ai sensi dell’art. 2051 c.c.in quanto, secondo la giurisprudenza, detta responsabilità presuppone che, qualora la cosa sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, lo stato dei luoghi presenti un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del danno; precisa ulteriormente la giurisprudenza che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato e che laddove la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sia superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento (cfr. in questo senso Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11526 del 11/05/2017; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12895 del 22/06/2016; Sez. 3, Sentenza n. 23584 del 17/10/2013).

L’eccessiva velocità tenuta da Re. De Si. nella discesa della pista Lavadoi, che non era stata adibita a tracciato di gara ed era aperta al pubblico al momento del sinistro, induce a ravvisare nella condotta della vittima un comportamento incauto che ha determinato l’interruzione del nesso causale nei termini prospettati dalla giurisprudenza; va conseguentemente ritenuta infondata la domanda svolta ai sensi dell’art. 2051 c.c..

Non essendo emersi profili di colpa in capo ad Alleghe Funivie in relazione alla gestione della pista, va nel contempo ritenuta insussistente una responsabilità della medesima ai sensi dell’art. 2043 c.p. che presuppone, tra i vari elementi, altresì il predetto elemento soggettivo (in alternativa al dolo).

Quanto alla domanda risarcitoria ex art. 2049 c.c., si richiama quanto già osservato in relazione alla genericità della stessa, come formulata in citazione ed alla tardiva successiva formulazione di una doglianza relativa alla condotta di Fe. Mi., comunque non accompagnata da una specifica allegazione in merito ad eventuali conseguenze della stessa sull’aggravamento delle lesioni ricondotte, in atti, alla sola caduta e all’urto contro gli alberi.

Alla luce delle predette considerazioni va esclusa in capo alla convenuta Alleghe Funivie s.p.a. qualsivoglia responsabilità in relazione al sinistro oggetto di causa e vanno rigettate, per l’effetto, le domande attoree.

Le ulteriori domande ed eccezioni correlate ai vari rapporti con le parti chiamate in causa restano, per l’effetto, assorbite.

Le spese di lite vanno integralmente compensate tra le parti ai sensi dell’art. 92 c.p.c., tenuto conto della particolare complessità della vertenza e dell’assorbimento di ogni ulteriore questione relativa ai vari rapporti assicurativi in conseguenza del rigetto delle domande risarcitorie.

Le spese di CTU vanno poste in via definitiva a carico di parte attrice e di parte convenuta in solido tra loro, con ripartizione delle stesse, nei rapporti interni, nella misura della metà a carico di ciascuna.

P.Q.M.

Il Tribunale di Belluno, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza, domanda ed eccezioni disattese:

1) rigetta le domande attoree;

2) compensa integralmente le spese di lite tra le parti;

3) pone le spese di CTU in via definitiva a carico di parte attrice e di parte convenuta in solido tra loro, con ripartizione delle stesse, nei rapporti interni, nella misura della metà a carico di ciascuna.

Così deciso il 4/02/2020

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