Cassazione civile, sez. III; 24 luglio 2012, n. 12914
Cassazione civile, sez. III; 24 luglio 2012, n. 12914; Pres. Finocchiaro, Rel. Cirillo, S.A. (avv.ti Pottino e Zauli) contro A.F.D. Associazione Polisportiva Dilettantistica Sportiva Metanopoli (avv.ti Cavaliere e Gullotta) e Ski Club Brunico Plan de Corones (avv.ti Manzi e Schramm). Conferma App. Milano 21.02.2007.
Responsabilità civile – Sci – Gestore dell’area sciabile – Organizzazione di una gara – Responsabilità per esercizio di attività pericolose – Nesso eziologico tra esercizio dell’attività ed evento dannoso – Prova del danneggiato – Necessità
La presunzione di colpa posta a carico del danneggiante dall’art. 2050 cod. civ. presuppone il previo accertamento dell’esistenza del nesso eziologico tra l’esercizio dell’attività e l’evento dannoso, la cui prova incombe al danneggiato. Anche ove si riconoscesse l’effettiva pericolosità dell’attività di gestione di un impianto sciistico, l’onere della prova del nesso di causalità tra l’attività e l’evento resterebbe a carico del danneggiato medesimo. (Nel caso di specie, uno sciatore veniva investito da uno sciatore, poi rimasto ignoto, asserendo che il medesimo, al momento dell’evento lesivo, stava indossando una mostrina e un pettorale della società “Metanopoli”, organizzatrice di una gara di sci. Per il risarcimento del danno, citava in giudizio la società de qua che, a sua volta, chiamava in causa lo Ski Club Brunico, gestore degli impianti. Le doglianze attoree si fondavano sull’inclusione della gestione di un’area sciabile, nonché dell’organizzazione di una gara, nell’area applicativa dell’art. 2050 c.c. La Corte ricorda che la domanda attorea per il risarcimento del danno ex art. 2050 c.c. presuppone che venga fornita la prova del nesso di causalità fra l’esercizio dell’attività in questione e l’evento dannoso; tale onere grava sul danneggiato. Rilevato che nel caso concreto, per converso, l’attore non aveva offerto tale prova, conferma la sentenza di appello con cui veniva rigettata la domanda attorea).
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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –
Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 25951-2007 proposto da:
S.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato POTTINO Guido, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZAULI GIOVANNI, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
A.F.D. ASSOCIAZIONE POLISPORTIVA DILETTANTISTICA SPORTIVA METANOPOLI,(già Società Sportiva Metanopoli) (OMISSIS), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore Dott. C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. CORVISIERI 4 6, presso lo studio dell’avvocato CAVALIERE Domenico, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GULOTTA MARIO, giusta delega in atti;
SKI CLUB BRUNICO PLAN DE CORONES /SKI CLUB BRUNECK KRONPLATZ, in persona del presidente e legale rappresentante in carico pro tempore sig. H.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SCHRAMM DIETER, giusta delega in atti;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 512/2007 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 21/02/2007, R.G.N. n. 3837/05; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/06/2012 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito l’Avvocato SALVATORE DI MATTIA per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’inammissibilità.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. S.A. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Milano la società sportiva Metanopoli, chiedendo che fosse condannata al risarcimento dei danni da lui patiti a causa di un incidente sciistico verificatosi in località (OMISSIS). Sosteneva, al riguardo, che verso le ore 14,30 del giorno (OMISSIS), mentre si trovava fermo all’estremità di una pista di quel comprensorio, era stato investito da uno sciatore rimasto non identificato, il quale pareva impegnato in una gara sciistica o nella preparazione della medesima. Da successive verifiche era emerso che l’investitore indossava una tenuta da sci con un pettorale della società Metanopoli, la quale in quei giorni aveva organizzato una gara di sci sul (OMISSIS), con conseguente afflusso di un grande numero di sciatori.
Nel corso del giudizio la società convenuta chiedeva che il contraddittorio venisse esteso allo Ski Club Brunico, gestore degli impianti, il quale rimaneva contumace.
Con sentenza del 3 gennaio 2005 il Tribunale di Milano rigettava la domanda, con compensazione delle spese.
2. Lo S. proponeva appello avverso tale sentenza e la Corte d’appello di Milano, con pronuncia in data 21 febbraio 2007, rigettava l’appello, con condanna dell’appellante alle spese.
Osservava la Corte territoriale che l’impugnazione si fondava su di un solo motivo, consistente nella pretesa erronea negazione della responsabilità della società appellata e del terzo chiamato sulla base dell’art. 2050 cod. civ..
A questo proposito, la Corte d’appello riteneva del tutto corretta e congrua la motivazione della sentenza del primo giudice, osservando:
1) che il fatto che l’ignoto sciatore portasse, nel momento dell’impatto, una mostrina e un pettorale della società Metanopoli non erano sufficienti a dimostrare che l’evento lesivo si fosse verificato durante l’espletamento delle gare organizzate dalla medesima; 2) che dal rapporto dei Carabinieri e dalle indagini svolte in seguito era emerso che il luogo dell’incidente era da collocare su di una pista non interessata da gare nel giorno in questione; 3) che correttamente, pertanto, il primo giudice non aveva ammesso le prove orali richieste dallo S., in quanto aventi ad oggetto circostanze in parte pacifiche e in parte del tutto ininfluenti ai fini del giudizio.
La Corte condivideva, poi, il giudizio del Tribunale anche sotto il profilo giuridico, osservando che l’attività sciistica non può, di per sè, considerarsi “pericolosa”, dovendosi invece ritenere “intrinsecamente innocua”; il fatto che, in concreto, essa possa svolgersi in modo da determinare pericolo per i terzi non può fondare il suo inquadramento nella fattispecie dell’art. 2050 cod. civ., ma, semmai, può diventare fonte di responsabilità ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., ipotesi che nel caso di specie, peraltro, non poteva ritenersi provata.
3. Avverso la sentenza d’appello propone ricorso lo S., con atto affidato ad un solo articolato motivo.
Resistono con controricorso l’Associazione polisportiva dilettantistica Metanopoli e lo Ski Club Brunico Pian De Corones.
Lo S. ha presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo ed unico motivo di ricorso S.A., lamenta violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3), dell’art. 2050 cod. civ., nonchè omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione ai sensi del n. 5) del medesimo art. 360.
Rileva in proposito il ricorrente che la motivazione della Corte d’appello sarebbe errata nella parte in cui ha negato che la gestione di un impianto sciistico e l’organizzazione di una gara costituiscano attività pericolose. A sostegno di tale censura egli richiama la sentenza 26 aprile 2004, n. 7916, di questa Corte, nella quale si è affermato, tra l’altro, che la pericolosità di un’attività va apprezzata esclusivamente in relazione alla probabilità delle conseguenze dannose che possono derivarne, sicchè non si può escludere che tale pericolosità esista perchè coloro che esercitano l’attività normalmente non adottano le cautele che sarebbero opportune. La giurisprudenza ha ribadito che tale pericolosità deve essere il frutto di una “prognosi postuma” (sentenza 30 ottobre 2002, n. 15288); pertanto, ne dovrebbe conseguire che la gestione di un impianto sciistico e l’organizzazione di una gara costituiscono “attività pericolose atipiche”.
Nel caso specifico – prosegue il ricorrente – la società Metanopoli aveva organizzato una gara nel comprensorio in questione, facendo affluire un numero notevolissimo di sciatori, il che imponeva particolari cautele. Rileva poi il ricorrente che l’errore commesso dalla Corte Territoriale si è tradotto nell’erronea attribuzione, a carico della parte danneggiata, dell’onere della prova; secondo il costante insegnamento di questa Corte, infatti, per escludere la responsabilità di cui all’art. 2050 cod. civ., non basta la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione di norme di prudenza, ma occorre quella positiva di aver adottato tutte le cautele necessarie al fine di impedire l’evento.
2. Il motivo non è fondato.
Le argomentazioni del ricorrente ruotano principalmente intorno all’affermazione della intrinseca pericolosità dell’attività sciistica, con conseguente comprensione della fattispecie in esame nell’ipotesi normativa di cui all’art. 2050 cod. civ.. Lo S., in altre parole, sollecita questa Corte a riconoscere – anche tramite la c.d. “prognosi postuma” – che la gestione di un impianto sciistico e l’organizzazione di una gara sono attività pericolose, se non in astratto quanto meno in relazione al caso concreto.
Il ricorso, però, omette di considerare che, in materia di responsabilità civile conseguente all’esercizio di attività pericolose, la giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni ribadito (v. le sentenze 17 luglio 2002, n. 10382, 9 marzo 2006, n. 5080, 15 luglio 2008, n. 19449, e l’ordinanza 5 marzo 2012, n. 3424) che la presunzione di colpa posta a carico del danneggiante dall’art. 2050 cod. civ., presuppone il previo accertamento dell’esistenza del nesso eziologico tra l’esercizio dell’attività e l’evento dannoso, la cui prova incombe al danneggiato. In altre parole, ove anche si riconoscesse l’effettiva pericolosità dell’attività di gestione di un impianto sciistico, l’onere della prova del nesso di causalità tra l’attività e l’evento resterebbero comunque a carico dello S..
Nella specie, al contrario, emerge dalla sentenza d’appello – che sul punto appare correttamente e logicamente motivata e coerente – che tale prova è completamente mancata. In base all’istruttoria svolta, infatti, è stato accertato che le gare in questione si svolgevano solo su una delle piste del comprensorio (OMISSIS), che l’incidente è avvenuto su un’altra pista e in orario probabilmente diverso da quello di svolgimento delle gare medesime. Ne consegue che ogni discussione in punto di diritto sulla natura della responsabilità nel caso in questione – rilevante soprattutto ai fini del diverso riparto dell’onere della prova nelle ipotesi di cui agli artt. 2043 e 2050 cod. civ. – è inutile, perchè l’attore è venuto meno al proprio fondamentale onere di provare il nesso tra l’attività asseritamente pericolosa e il fatto dannoso a lui occorso; tanto che il giudice d’appello, con valutazione neppure contestata in questa sede, non ha ammesso la prova orale richiesta, così come aveva già fatto il tribunale, ritenendola del tutto inconferente in relazione alla vicenda.
3. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
Al rigetto segue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di legittimità in favore di entrambi i controricorrenti, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate rispettivamente in Euro 3.200,00 in favore di ciascuno dei contro ricorrenti.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 20 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 24 luglio 2012