CASSAZIONE CIVILE, SEZ. III, 27 GENNAIO 2012, N. 1203
CASSAZIONE CIVILE, SEZ. III, 27 GENNAIO 2012, N. 1203
Responsabilità civile – Responsabilità dell’esercente – Responsabilità per danni a terzi sulla superficie – Limitazione del debito – Rivalutazione ed interessi.
La limitazione di responsabilità dell’esercente l’aeromobile, prevista dall’art. 967 c.nav., nel testo vigente prima delle modifiche apportate dall’art. 15 d.lg. 15 marzo 2006 n. 151, applicabile “ratione temporis”, riguarda solo il debito principale, ma non gli interessi e la rivalutazione. Ne consegue che ove l’esercente ritardi l’adempimento della propria obbligazione risarcitoria (che ha pur sempre natura di obbligazione di valore e non di valuta, a nulla rilevando che la legge ne fissi l’ammontare massimo) egli sarà tenuto a pagare al danneggiato la rivalutazione e gli interessi anche in eccedenza rispetto al limite di cui al citato art. 967 c.nav. (Fattispecie relativa a sinistro verificatosi il 21 marzo 1993).
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MASSERA Maurizio – Presidente –
Dott. CARLEO Giovanni – rel. Consigliere –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –
Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 4535-2008 proposto da:
D.G., D.P., DA.OM., elettivamente domiciliati in Roma, Piazza G. Mazzini 27, presso lo studio dell’avvocato NICOLAIS Lucio, che li rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrenti –
contro
V.M.G., GENERALI ASSICURAZIONI S.P.A., AERO CLUB L’AQUILA;
– intimati –
sul ricorso 7705-2008 proposto da:
GENERALI ASSICURAZIONI S.P.A. in persona dell’Ing. D.V. A. e Dott. F.F., elettivamente domiciliata in Roma, via Prisciano 42, presso lo studio dell’avvocato FOGLIANI Enzo, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
DA.OM., D.P., D.G., elettivamente domiciliati in Roma, Piazza G. Mazzini 27, presso lo studio dell’avvocato NICOLAIS Lucio, che li rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrenti –
contro
V.M.G., AEREO CLUB L’AQUILA;
– intimati –
sul ricorso 7707-2008 proposto da:
V.M.G., elettivamente domiciliato in Roma, via Prisciano 42, presso lo studio dell’avvocato FOGLIANI Enzo, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
DA.OM., D.G., D.P., elettivamente domiciliati in Roma, Piazza G. Mazzini 27, presso lo studio dell’avvocato NICOLAIS Lucio, che li rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrenti –
contro
GENERALI ASSICURAZIONI S.P.A., AEREO CLUB L’AQUILA;
– intimati –
sul ricorso 7716-2008 proposto da:
AERO CLUB L’AQUILA in persona del suo presidente legale rappresentante ing. D.G.A., elettivamente
domiciliata in Roma, via Prisciano 42, presso lo studio dell’avvocato FOGLIANI Enzo, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
DA.OM., D.G., D.P., elettivamente domiciliati in Roma, Piazza G. Mazzini 27, presso lo studio dell’avvocato NICOLAIS Lucio, che li rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrenti –
e contro
V.M.G., GENERALI ASSICURAZIONI S.P.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 935/2007 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 14/11/2007 R.G.N. 1586/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/12/2011 dal Consigliere Dott. Giovanni CARLEO;
udito l’Avvocato Lucio NICOLAIS;
udito l’Avvocato Enzo FOGLIANI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GOLIA Aurelio che ha concluso con l’accoglimento del ricorso principale; inammissibilità dei ricorsi incidentali.
FATTO
Con comparsa di riassunzione notificata in data il 18 maggio 2001, D.P., Da.Om. e D.G., premesso di essere rispettivamente il padre, la madre ed il fratello di D.M., deceduto a seguito di un sinistro presso l’aeroporto di (OMISSIS), esponevano che il loro congiunto, allievo pilota d’aliante, era stato investito dall’aliante I-Erst, condotto da V.M.G., titolare della licenza di pilota d’aliante, di proprietà ed esercito dall’Aero Club di L’Aquila, in fase di atterraggio, quando, dopo aver eseguito la prestazione di aiutante d’ala ad un velo aliante in fase di decollo, era uscito dal bordo della proiezione al lato sinistro della pista asfaltata. Aggiungevano che, instauratosi procedimento penale contro la V., quest’ultima era stata rinviata a giudizio per il reato di cui all’art. 589 c.p. definendo poi il processo con patteggiamento. Ciò premesso, gli attori convenivano in giudizio la V., l’Aero Club di L’Aquila e la Spa Le Assicurazioni Generali chiedendone la condanna al risarcimento danni in loro favore. In esito al giudizio il Tribunale adito condannava i convenuti in solido a pagare in favore di D.P. e Da.Om. la somma di Euro 92.224,43 ciascuno, ed in favore di D.G. la somma di Euro 9.222,44; condannava inoltre la V. a pagare agli stessi convenuti la somma di Euro 57.777,56, per ciascuno dei genitori, nonchè la somma di Euro 5.777,56 per D.G., oltre interessi e rivalutazione.
Avverso tale decisione proponevano appello principale, la compagnia di assicurazione, ed appello incidentale sia gli originari attori sia la V. e l’Aero Club. In esito al giudizio, la Corte di Appello dell’Aquila con sentenza depositata in data 14 novembre 2007 accoglieva parzialmente l’appello principale disponendo che le somme, al cui pagamento i convenuti erano stati condannati, fossero liquidate con riferimento alla data di emanazione della sentenza di primo grado e maggiorate degli interessi compensativi nella misura legale, maturati a tale data, sulle medesime somme fino al saldo;
rigettava gli appelli incidentali; compensava le spese.
Avverso la detta sentenza hanno quindi proposto ricorso per cassazione articolato in sei motivi ed illustrato da memoria i D. e la Da.. Resistono con controricorso l’Aero Club di L’Aquila, la V. e la Spa Le Assicurazioni Generali, che hanno a loro volta proposto ricorso incidentale, articolati rispettivamente in 17, 8 e 16 motivi, illustrato da memoria.
Diritto
In via preliminare, vanno riuniti il ricorso principale e quelli incidentali, in quanto proposti avverso la stessa sentenza.
Ciò premesso, per comodità di esposizione, si ritiene opportuno esaminare, prima delle altre, le doglianze formulate dai ricorrenti incidentali, rilevando in particolare che l’Aero Club di L’Aquila ha formulato le seguenti censure:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.. Il motivo è concluso dal seguente quesito: “Dica la Suprema Corte se per fondare una responsabilità aquiliana sia necessaria o meno l’individuazione dell’elemento soggettivo costituito dalla colpa o dal dolo dell’Agente”.
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.. Il motivo è concluso dal seguente quesito: “Dica la Suprema Corte se per la determinazione dell’esistenza dell’elemento soggettivo fondante la responsabilità extracontrattuale sia necessaria o meno la valutazione soggettiva degli elementi disponibili e percepibili dall’agente al momento dell’azione con esclusione di fatti accaduti successivamente al comportamento colposo che gli viene imputato”.
3) violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c.. Il motivo è concluso dal seguente quesito: “Dica la Suprema Corte se costituisca o meno incauto affidamento colposo l’affidamento da parte di un Aero Club di aeromobile a pilota avente la prescritta licenza di volo a vela per il pilotaggio del velivolo affidatogli”.
4) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione alla dichiarata inesperienza della pilota signora V.. Il motivo non è accompagnato da alcun momento di sintesi 5) Violazione e falsa applicazione degli artt. 40, 41, 42 e 43 c.p.. Il motivo è concluso dal seguente quesito: ” Dica la Suprema Corte se il nesso di causalità debba escludersi nel caso in cui si verifichi una causa autonoma, rispetto alla quale la precedente sia da considerare tamquam non esset e trovi l’occasione per svilupparsi soltanto per l’attività dell’imputato e la presenza di elementi eccezionali, atipici ed imprevedibili”.
6) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2947 c.c., artt. 589 e 157 c.p., art. 973 c.n.. Il motivo è concluso dal seguente quesito: “Dica la Suprema Corte se in tema di obbligazioni solidali derivanti da atti illeciti, qualora solo il fatto di uno dei coobbligati costituisca anche reato mentre quelli dell’altro costituiscono illecito civile, la possibilità di invocare utilmente il più lungo termine di prescrizione stabilito dall’art. 2947 c.c., u.c., per le azioni di risarcimento del danno se il fatto è previsto dalla legge come reato, sia o meno limitata alla sola obbligazione del primo dei predetti debitori ossia a quella collegata ad un reato”.
7) contraddittoria motivazione su punto essenziale della controversia, in tema di qualificazione della responsabilità dell’Aero Club di L’Aquila. Il motivo non è accompagnato da alcun momento di sintesi.
8) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 973 c.n., art. 2947 c.c., u.c., nonchè omessa o carente motivazione su un punto essenziale della controversia. Il motivo è concluso soltanto dal seguente quesito “Dica la Suprema Corte se nell’ipotesi di danni a terzi in superficie in cui il fatto costituisca reato il prolungamento della prescrizione indicata dall’art. 2947 c.c., u.c. debba essere o meno limitato a tre anni, come indicato “in ogni caso” dall’art.973 cod.nav. nel testo vigente nel secolo scorso”.
9) Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 preleggi in relazione all’art. 973 c.n. e art. 2947 c.c., u.c.. Il motivo è concluso dal seguente quesito “Dica la Suprema Corte se, in virtù del principio delle successioni delle leggi nel tempo sancito dall’art. 15 preleggi, il disposto dell’art. 973 (nel testo vigente sino al D.Lgs. 15 marzo 2006) consenta come estensione massima della prescrizione nel caso in cui il fatto sia considerato dalla legge come reato il periodo di tre anni dal giorno in cui il danno si è prodotto”.
10) illegittimità costituzionale dell’art. 2947 c.c., u.c. per violazione dell’art. 117 Cost., comma 1 nella parte in cui consente che la disciplina dell’estinzione del diritto al risarcimento nel caso di danni a terzi sulla superficie sia regolata dall’art. 2947 c.c., u.c. in modo sostanzialmente diverso dai principi statuiti dalla convenzione di Roma del 7 ottobre 1952 sulla responsabilità per danni a terzi in superficie, cui ha aderito l’Italia. La questione di illegittimità costituzionale sollevata non risulta accompagnata da alcun quesito di diritto.
11) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1277 c.c. e art. 965, comma 1. Il motivo è concluso dal seguente quesito “Dica la Suprema Corte se 1’obbligazione risarcitoria gravante sull’esercente per i danni a terzi in superficie sulla base della responsabilità oggettiva prevista dall’art. 965 c.n. per un evento non imputabile a titolo di colpa o dolo all’esercente stesso, costituisca o meno un debito di valuta, e come tale non soggetto a rivalutazione monetaria”.
12) Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 3 in relazione alle conclusioni specificate dall’avv. Venta. Il motivo è concluso dal seguente quesito “Dica la Suprema Corte se l’art. 132 c.p.c. imponga o meno di riportare integralmente le conclusioni formulate dalle parti, escludendo la possibilità per gli estensori della sentenza di escludere dalla trascrizione delle conclusioni capi delle domande delle parti”.
13) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c., artt. 115 e 101 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost.. Il motivo è concluso dal seguente quesito “Dica la Suprema Corte se costituisca o meno violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio nonchè del principio che impone alla parte attrice l’onere della prova la sentenza basata unicamente su una consulenza tecnica espletata in altro giudizio in cui i convenuti non erano parte, non accettata e contestata da questi ultimi”.
14) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. e art. 115 c.p.c.. Il motivo è concluso dal seguente quesito “Dica la Suprema Corte se i giudici d’appello possano o meno porre a base della propria decisione fatti affermati ma non provati, e contestati dalla parte cui sono opposti”.
15) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto essenziale della controversia, in relazione alla mancata ammissione delle prove richieste dai convenuti. Il motivo non è accompagnato da alcun momento di sintesi.
16) omesso esame di punti essenziali della controversia, in relazione alla dinamica del sinistro, con riferimento al concorso di colpa del danneggiato. Il motivo non è accompagnato da alcun momento di sintesi.
17) Violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3 e art. 10 c.p.c., art. 24 Cost.. Il motivo è concluso dal seguente quesito “Dica la Suprema Corte se uno schizzo predisposto dal difensore nei propri scritti difensivi per illustrare anche graficamente quanto sostenuto nella propria difesa debba essere o meno inteso quale mezzo di prova di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3 vieta l’ammissione in appello e non piuttosto come legittimo esercizio del diritto di difesa”.
Giova rilevare che i motivi contrassegnati dai nn 4, 12, 14, 15, 16 e 17 sono sostanzialmente identici alle doglianze, contrassegnate rispettivamente dai nn 8, 1, 3, 4, 5 e 6 contenute nel ricorso incidentale proposto da V.M.G.. I motivi nn 1, 3, 8 del ricorso della V. sono accompagnati da quesiti di diritto identici a quelli che concludono i corrispettivi motivi contenuti nel ricorso dell’Aero Club ed i motivi 8, 4 e 5, afferenti a vizi motivazionali, sono anch’essi sprovvisti di momenti di sintesi. La V. ha infine proposto altre due censure, esattamente: quella contrassegnata dal n. 2) per violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c., art. 115, conclusa dal seguente quesito “Dica la Suprema Corte se costituisca o meno violazione dei principi sulla ripartizione degli oneri probatori la sentenza basata unicamente su una consulenza tecnica espletata in altro giudizio non accettata e contestata dalle stesse parti convenute” nonchè quella contrassegnata dal n. 7) per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione alla dichiarata inesperienza della signora V. ed alla valutazione delle condizioni meteorologiche, non accompagnata da alcun momento di sintesi.
Passando infine al ricorso incidentale proposto dalla Spa Le Assicurazioni Generali, va rilevato che i motivi contrassegnati dai numeri che vanno da 1 a 10 e da 12 a 16 sono sostanzialmente identici alle doglianze, contrassegnate rispettivamente dai nn 1, 2, 3, 4, 5 e 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 14, 15 e 16 contenute nel ricorso incidentale dell’Aero Club. I motivi afferenti a violazioni di diritto sono accompagnati da quesiti di diritto, identici nella loro sostanza, a quelli che concludono i corrispettivi motivi contenuti nel ricorso dell’Aero Club ed i motivi, afferenti a vizi motivazionali, sono anch’essi sprovvisti di momenti di sintesi. La compagnia assicurativa ha inoltre proposto al n. 11 un ulteriore motivo di impugnazione per violazione e falsa applicazione dell’art. 1277 c.c. in relazione al debito dell’assicuratore ed è concluso dal seguente quesito di diritto “Dica la Suprema Corte se l’obbligazione indennitaria gravante sull’assicuratore della responsabilità dell’esercente per i danni a terzi in superficie sia o meno un debito di valuta, e come tale non soggetto a rivalutazione monetaria”.
Tutto ciò premesso, va rilevato che i ricorsi incidentali in esame, essendo privi dei requisiti richiesti dall’art. 366 bis c.p.c., devono essere dichiarati inammissibili. Ed invero, in primo luogo, deve rilevarsi l’inammissibilità dei motivi, afferenti a vizi motivazionali, in quanto nessuno di essi è stato accompagnato dal prescritto momento di sintesi, (omologo del quesito di diritto), che ne circoscrivesse puntualmente i limiti, oltre a richiedere sia l’indicazione del fatto controverso, riguardo al quale si assuma l’omissione, la contraddittorietà o l’insufficienza della motivazione sia l’indicazione delle ragioni per cui la motivazione sarebbe inidonea a sorreggere la decisione (Cass. ord. n. 16002/2007, n. 4309/2008 e n. 4311/2008). Ed è appena il caso di sottolineare come tale momento di sintesi debba consistere in una .parte del motivo a ciò specificamente destinata, elaborata dallo stesso ricorrente in termini compiuti ed autosufficienti, senza che la Corte sia obbligata ad una attività di interpretazione della doglianza complessivamente illustrata, al fine di poter individuare il fatto controverso, cui si riferisce il ricorrente, e le ragioni per cui la motivazione sarebbe stata omessa o comunque sarebbe insufficiente e/o contraddittoria. Il mancato assolvimento di tale onere comporta l’inammissibilità delle censure.
Parimenti, non soddisfano le prescrizioni di cui all’art. 366 bis c.p.c. i questi formulati dai ricorrenti incidentali in esito agli altri motivi di impugnazione, attinenti ad asserite violazioni di legge. Ed invero, il quesito di diritto, quindi, “deve compendiare:
a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie.
E’, pertanto, inammissibile un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge” (Cass., ord. n. 19769 del 2008; Cass., S.U., n. 6530 del 2008, n. 4856/09), un quesito di diritto in cui ci si limiti a chiedere se una determinata condotta integri o meno gli elementi costitutivi di una fattispecie normativa, un quesito che si risolva nell’invito alla Corte perchè si pronunzi su alcune generiche questioni illustrate nel motivo, così come è avvenuto nella specie.
Occorre invece che il ricorrente provveda nel quesito ad esporre la sintesi logico-giuridica della questione nonchè ad indicare espressamente l’errore e/o gli errori di diritto asseritamente compiuti dal giudice e quale sia, secondo la sua opinione, la regola da applicare” (cfr sul punto S.U. n. 3519/2008, Cass. 10875/08).
Quanto alla questione di illegittimità costituzionale sollevata dall’Aero Club e dalla società assicuratrice, l’inammissibilità deriva dalla mancata formulazione del quesito di diritto, alla luce dell’orientamento di questa Corte, secondo cui “in tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, la prospettazione di una questione di costituzionalità, essendo funzionale alla cassazione della sentenza impugnata e postulando – non diversamente da quanto avveniva prima della riforma – la prospettazione di un motivo che giustificherebbe la cassazione della sentenza una volta accolta la questione di costituzionalità, suppone ora necessariamente che, a conclusione dell’esposizione del motivo così finalizzato, sia indicato il corrispondente quesito di diritto” (Cass. n. 4072/07). Alla stregua di tutte le pregresse considerazioni, i ricorsi incidentali in esame vanno pertanto dichiarati inammissibili.
Passando ad esaminare le doglianze formulate dai ricorrenti principali, va rilevato che con la prima censura essi lamentano la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 1219 c.c., comma 2, n. 1, artt. 1224, 1282 e 2043 c.c. osservando che nelle obbligazioni da fatto illecito gli interessi legali sulle somme liquidate sono dovuti a decorrere dal giorno in cui il danno si è verificato per cui avrebbe sbagliato la Corte d’Appello a fissarne la decorrenza dalla data di deposito della sentenza di primo grado; con la successiva censura per contraddittorietà della motivazione, sempre in ordine al medesimo fatto della decorrenza degli interessi di mora, essi rilevano che la Corte d’Appello sarebbe caduta in contraddizione quando a pag. 21 della sentenza afferma che gli interessi sarebbero dovuti a far tempo della sentenza di primo grado mentre a pag. 23 afferma il contrario, vale a dire che gli interessi decorrono dalla data dell’illecito.
Con la terza doglianza per violazione e falsa applicazione dell’art. 967 c.n. e artt. 1223, 1224, 2043 e 2056 c.c., i ricorrenti si dolgono che la Corte d’Appello abbia riformato la sentenza di primo grado, ricomprendendo la rivalutazione nel limite di cui all’art. 967 citato. In tal modo, la Corte avrebbe errato trascurando che la rivalutazione monetaria non può considerarsi ricompresa nel massimale di cui alla detta norma quando il debitore non abbia subito offerto al danneggiato, formalmente, il massimale medesimo ma abbia pagato soltanto dopo oltre 10 anni e dopo la notifica della sentenza di primo grado e dell’atto di precetto. Inoltre – ed il rilievo sostanzia la successiva censura per insufficiente e contraddittoria motivazione sul medesimo fatto – la Corte non avrebbe chiarito le ragioni per le quali “la rivalutazione era da ricomprendersi nella sorte”. Con le ultime doglianze, la quinta per violazione e falsa applicazione degli artt. 965 e 967 c.n. e artt. 1223, 1224, 2043 e 2056 c.c., e la sesta per omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, i ricorrenti censurano infine la sentenza impugnata nella parte in cui estende al responsabile civile l’applicabilità del limite di cui all’art. 967 citato ricomprendendo anche per la responsabile civile la rivalutazione monetaria nelle somme liquidate dal giudice di prime cure, senza alcuna motivazione sul punto.
Le ragioni di censura, riportate nella loro essenzialità, vanno trattate congiuntamente per l’evidente connessione che le lega. A riguardo, vale la pena di premettere che il percorso argomentativo della Corte territoriale parte dalla premessa che, per i danni a terzi in superficie provenienti da un aliante, l’art. 967 c.n., comma 2 stabilisce, a favore dell’esercente, e conseguentemente dell’assicuratore, il limite di responsabilità nell’importo di lire 375.000.000, pari ad Euro 193.671,34, limite comprensivo anche della rivalutazione monetaria. Ciò premesso, lasciando ferma la complessiva liquidazione del danno in favore di D.P. e Da.Om. nell’importo di Euro 150.000,00 ciascuno nonchè in favore di D.G. in Euro 15.000,00, così come a suo avviso era stata determinata dal primo giudice, la Corte territoriale ha condannato l’esercente e l’assicuratore in solido (tra loro e con la V.) al pagamento delle somme, già rivalutate alla data della sentenza di prime cure, di Euro 92.224,43 ciascuno a favore di D.P. e Da.Om. e di Euro 9.222,44 in favore di D.G. (il tutto quindi per il complessivo importo di Euro 193.671,34, corrispondente al limite fissato dall’art. 967 c.n., comma 2) ed ha condannato la V. al pagamento degli importi residui di Euro 57.775,57 a favore di ciascuno dei genitori della vittima e di Euro 5.777,56 a favore del fratello, (il tutto per il complessivo importo di Euro 121.328,7, importo che aggiunto a quello di Euro 193.671,34 avrebbe consentito di raggiungere la complessiva somma di Euro 315.000,00, determinata dal primo giudice e che non era stata oggetto di censura).
Fatto sta che il Tribunale aveva aggiunto alla complessiva somma di Euro 315.000,00 liquidata a titolo di capitale la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sul capitale originario, rivalutato anno per anno dal 21.3.1993, pervenendo quindi ad una somma, complessivamente e non di poco, maggiore di quella di Euro 315.000,00 oltre interessi al tasso legale a decorrere dalla data della sentenza di primo grado, stabilita dal giudice di seconde cure. E non vi è dubbio che la statuizione del Tribunale sul punto fosse corretta in quanto conforme al consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui, nel caso di fatto illecito extracontrattuale, il danno subito dal danneggiato per la ritardata liquidazione dell’equivalente monetario deve essere risarcito mediante la corresponsione di una somma di denaro via via rivalutata alla quale si cumulano gli interessi ad un tasso ritenuto equo dal giudice.
Ciò considerato, resta ora da stabilire se nel limite di cui all’art. 967 cod. nav. debba essere ricompresa o meno la rivalutazione monetaria anche quando il debitore non offra subito, formalmente, al danneggiato il massimale previsto da tale norma ma provveda al pagamento soltanto dopo la notifica della sentenza di primo grado e del relativo atto di precetto. A riguardo, mette conto di premettere che le ragioni della declaratoria di responsabilità dell’Aero Club sono state fondate dalla Corte territoriale sulla considerazione che il predetto Aero Club, oltre che proprietario, era anche esercente del velivolo, da esso incautamente affidato, per finalità diporto, alla V. che era persona di scarsa esperienza. Pertanto, l’Aero Club doveva ritenersi responsabile in solido con la V. a norma dell’art. 2055, non ostandovi nè la diversità delle condotte lesive nè la diversità dei titoli, in applicazione del principio di equivalenza delle cause, secondo il quale tutte le condotte concorrenti devono essere considerate cause dell’evento medesimo.
La premessa torna utile nella misura in cui evidenzia come la natura del debito del danneggiante assicurato sia certamente di valore. Ed infatti, ancorchè venga contenuto dall’art. 967 cod. nav., nella sua espressione monetaria, nei limiti di un massimale, il debito dell’esercente non configura un debito di valuta, sia perchè l’Aero Club risponde nei confronti del danneggiato a titolo di responsabilità extracontrattuale sia perchè il suo obbligo risarcitorio assolve una funzione reintegratoria della perdita subita dal patrimonio del danneggiato e, pertanto, è suscettibile di automatico adeguamento alla stregua della sopravvenuta svalutazione monetaria.
Giova sottolineare altresì che il limite fissato dalla norma citata non investe direttamente il debito di indennizzo dell’assicuratore nè d’altronde risulta dagli atti una sua eventuale coincidenza numeraria – la circostanza non è stata neppure alligata – con il massimale assicurativo. Ne deriva che il debito risarcitorio, cui è stato condannato l’Aero Club deve essere rivalutato con riferimento al periodo intercorso tra il sinistro e la liquidazione, anche oltre il limite fissato dall’art. 967 citato, in quanto la rivalutazione serve a mantenere il rapporto di equivalenza fra danno subito e suo risarcimento in moneta. Ed è appena il caso di osservare che le somme liquidate in sede di merito (di Euro 92.224,43 per ciascuno dei genitori e di Euro 9.222,44 in favore di D.G.), oggetto della condanna in solido tra la V., l’Aero Club e la Spa Le Assicurazioni Generali vanno pertanto rivalutate, anno dopo anno, e che su esse devono essere cumulati gli interessi al tasso ritenuto equo dal giudice del merito, così come analoga operazione va effettuata riguardo agli importi residui posti a carico della sola V..
Tutto ciò considerato, considerato altresì che la sentenza impugnata non si è uniformata ai suddetti principi, applicabili nella fattispecie, il ricorso principale in esame deve essere pertanto accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata nei limiti di tale ricorso. Con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame della controversia da condursi nell’osservanza del principio richiamato in materia di determinazione del calcolo degli interessi e della rivalutazione, la causa va rinviata alla Corte di Appello dell’Aquila, in diversa composizione, che provvedere anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, dichiara inammissibili quelli incidentali, accoglie quello principale e cassa la sentenza impugnata nei limiti del ricorso accolto con rinvio della causa alla Corte di Appello dell’Aquila, in diversa composizione, che provvedere anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 16 dicembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2012