CASSAZIONE PENALE; sezione feriale; 27 agosto 2020 – dep. 7 ottobre 2020, n. 27923.
CASSAZIONE PENALE; sezione feriale; 27 agosto 2020 – dep. 7 ottobre 2020, n. 27923. Conferma CORTE APPELLO TORINO, 12 maggio 2020.
Responsabilità penale – Omicidio colposo – Sci – Gestore – Posizione di garanzia – Colpa omissiva – Sussistenza – Condanna
In tema di colpa omissiva, il gestore della pista da sci conserva una posizione di garanzia, con riguardo alla predisposizione di protezioni e misure di sicurezza, anche qualora la pista sia utilizzata per la pratica agonistica, consistente sia in allenamenti che in gare, in quanto tale obbligo è complementare a quello degli organizzatori della gara, essendo entrambi tenuti a valutare l’idoneità delle protezioni perimetrali al fine di garantire la sicurezza degli atleti (fattispecie relativa alla morte di uno sciatore, verificatasi nel corso di un allenamento, causata dall’impatto contro un palo posto a bordo pista senza adeguate protezioni).
RITENUTO IN FATTO
- Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Torino ha confermato la pronuncia emessa nei confronti di C.A. e di P.P. dal Tribunale di Cuneo, con la quale essi sono stati giudicati responsabili del reato di cui all’art. 589 c.p., per aver cagionato, in cooperazione colposa tra loro, la morte di M.A.M. e sono stati condannati alla pena di mesi sei di reclusione ciascuno, nonchè al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, con previsione di una provvisionale e di altre statuizioni accessorie.
- Secondo la ricostruzione operata nei gradi di merito, il 30.12.2012 la pista (OMISSIS), sita nel comprensorio sciistico di Artesina e B.C., era chiusa al pubblico per lo svolgimento di un allenamento sciistico ed il M., atleta che prendeva parte agli allenamenti, stava scendendo con gli sci lungo la pista quando all’uscita di una porta proseguiva in diagonale senza più curvare ed andava ad impattare con la rete di protezione presente lungo la pista, nei pressi di un palo verticale di sostegno – o direttamente con il palo – riportando nell’impatto lesioni personali che ne cagionavano il decesso. Al C. ed al P., legali rappresentanti della Artesina s.p.a., e gestori e direttori della pista (OMISSIS), è stato ascritto di aver posto a bordo pista il predetto palo verticale in luogo di un ulteriore palo a C, e peraltro con una protezione, costituita da un materassino, di altezza insufficiente, nel complesso inidoneo ad attutire eventuali urti; e con ciò di aver determinato la morte dello sciatore.
- Avverso tale decisione ricorrono per cassazione gli imputati a mezzo del comune difensore di fiducia, avv. Carlo Biengino.
3.1. Con un primo motivo l’esponente deduce violazione di legge in relazione all’art. 40 c.p., comma 2, art. 43 c.p., comma 3 e alla L. n. 363 del 2003, art. 1 e art. 3, comma 1 e alla L.R. Piemonte n. 2 del 2009, artt. 1, 6, 16, 17, 18, 19, 26 e 32, comma 12, nonchè vizio della motivazione.
Viene osservato che la sentenza impugnata asserisce che dalla L. n. 363 del 2003, art. 3, deriva un obbligo generale dei gestori di piste di proteggere gli utenti da ostacoli fissi lungo le piste; la Corte di appello non ha però considerato, che l’art. 1 della medesima legge dispone che essa detta norme in materia di sicurezza nella pratica non agonistica degli sport invernali da discesa. Analogamente la L.R. Piemonte n. 2 del 2009 disciplina la sicurezza nella pratica non agonistica degli sport invernali da discesa e da fondo. Il sinistro che interessa è pacificamente avvenuto nel corso di un’attività agonistica; la corte territoriale ha sostenuto che in quel frangente si stavano compiendo i preparativi, sicchè non trovano applicazione le norme che configurano in capo al direttore di gara i profili di responsabilità.
L’esponente obietta che in tal modo si è confusa la gara con l’agonismo. Le gare, infatti, comprendono anche gli allenamenti: l’art. 6 della legge regionale cita espressamente allenamenti e competizioni come attività agonistiche per cui è necessaria la chiusura delle piste al pubblico. Ed infatti, al momento del sinistro la pista era chiusa al pubblico.
L’art. 26, comma 2 della legge regionale prevede che il gestore non è responsabile degli incidenti che possono verificarsi durante le gare e gli allenamenti. Ad avviso dell’esponente, ciò non esclude che il gestore della pista sia titolare di una posizione di garanzia, ma va accertato che l’evento concreto ricada nel novero di quelli ricompresi nel “perimetro di garanzia”. Denunciato che la sentenza non motiva in merito alla interpretazione della normativa, nonostante il rilievo dell’art. 26 ai fini della allocazione delle responsabilità fosse stato oggetto di specifico motivo di gravame, l’esponente afferma che la valutazione dei rischi richiesta ai gestori è ex lege parametrata su utenti che, svolgendo un’attività intrinsecamente pericolosa, sono tenuti a osservare regole di condotta definite nel Capo III della L. n. 363 del 2003 e nel Capo V della L.R. n. 2 del 2009. L’art. 32, comma 12 di quest’ultima prevede che in caso di sinistro verificatosi a causa della violazione da parte dell’utente delle disposizioni dell’articolo medesimo il gestore è esonerato da qualsiasi responsabilità. Gli obblighi del gestore e le regole cautelari che egli deve osservare sono quelli richiesti da una situazione di normalità non agonistica. In tale situazione la rete, il palo di sostegno e tutti gli ostacoli presenti a lato della pista sono perfettamente sicuri, adeguatamente protetti; nessuno ha contestato l’idoneità delle protezioni in situazioni ordinarie. Anzi, quelle protezioni sono state ritenute idonee anche per la pratica agonistica in sede di omologazione.
Pertanto, il fatto ricade al di fuori del perimetro di garanzia del gestore delle piste, sia perchè la vittima stava svolgendo attività agonistica, ovvero un allenamento che mira a raggiungere la massima velocità, senza la necessità di osservare le regole di prudenza che gravano sugli sciatori che il gestore deve tutelare; sia perchè in modo del tutto anomalo lo sciatore procedette senza curvare e senza governare gli sci, senza porre in essere alcuna reazione o difesa, andando ad impattare la rete ed il palo con il corpo inerte e privo di reattività.
3.2. Con un secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 40 c.p., comma 2 e art. 41 c.p., comma 2, perchè la Corte di Appello è incorsa in errore di diritto laddove ha escluso che la condotta dell’atleta sia giuridicamente irrilevante rispetto all’evento morte. Quegli procedette senza curvare e senza governare gli sci, senza porre in essere alcuna reazione o difesa, andando ad impattare la rete ed il palo con il corpo inerte e privo di reattività, ad elevata velocità. Si tratta di circostanze eccezionali, atipiche ed anomale, che sfuggono alla prevedibilità e al governo del gestore della pista. A tali condizioni anche un eventuale palo a C diventa un pericolo. Il comportamento dello sciatore fu la sola causa del sinistro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
- I ricorsi sono infondati.
4.1. Appare opportuna una sintetica ricognizione dei principali referenti normativi.
La L. 24 dicembre 2003, n. 363, recante “Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo”, definisce all’art. 1 il proprio campo di applicazione. La disposizione prevede, infatti, che “La presente legge detta norme in materia di sicurezza nella pratica non agonistica degli sport invernali da discesa e da fondo, compresi i principi fondamentali per la gestione in sicurezza delle aree sciabili, favorendo lo sviluppo delle attività economiche nelle località montane, nel quadro di una crescente attenzione per la tutela dell’ambiente”.
La L.R. Piemonte 6 gennaio 2009, n. 2, che ha introdotto “Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo in attuazione della normativa nazionale vigente ed interventi a sostegno della garanzia delle condizioni di sicurezza sulle aree sciabili, dell’impiantistica di risalita e dell’offerta turistica”, similmente all’art. 1 stabilisce che “La Regione Piemonte, con la presente legge, nell’ambito dei principi contenuti nella legislazione nazionale vigente in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo, disciplina la gestione e fruizione in sicurezza delle aree sciabili e la sicurezza nella pratica non agonistica degli sport invernali da discesa e da fondo”. All’art. 2 dispone: “La presente legge, al fine di riqualificare e razionalizzare le aree sciabili ed assicurarne adeguate condizioni di agibilità nonchè di garantire la salvaguardia ambientale, disciplina il riconoscimento, la realizzazione, le modificazioni e l’esercizio delle aree sciabili, con particolare riguardo all’aspetto della sicurezza nella pratica non agonistica dello sci di discesa e dello sci di fondo e allo sviluppo delle attività economiche nelle località montane”. Meritevole di considerazione è anche l’art. 6, comma 2, a mente del quale “Le piste di cui all’art. 4, comma 2, lett. a), b) e d), normalmente adibite alla pratica non agonistica dello sci di discesa nelle sue varie articolazioni, dello snowboard e dello sci di fondo, o parti di esse, possono essere riservate allo svolgimento di allenamenti e competizioni agonistiche, secondo le disposizioni della Federazione italiana sport invernali (FISI) e della Federation internationale de ski (FIS). In tal caso le aree interessate. sono chiuse al pubblico per la durata dell’allenamento o della competizione. Gli organizzatori di gare o allenamenti autorizzati sono tenuti ad adottare tutte le misure di sicurezza necessarie per l’uso agonistico”. Infine, va tenuto conto dell’art. 26, comma 2, il quale dispone che “Il gestore non è in alcun modo responsabile degli incidenti che possono verificarsi nei percorsi fuori pista o negli itinerari sciistici di cui all’art. 4, comma 2, lett. f), ancorchè siano serviti dagli impianti di risalita, nè durante le gare e gli allenamenti, nè nelle aree attrezzate di cui all’art. 4, comma 2, lettere c), d) e g)”.
Coglie il vero l’esponente quando sostiene che tanto la L. n. 363 del 2005 che la L.R. n. 2 del 2009 (poi modificata, ma non in termini che qui rilevano, dalla L.R. n. 1 del 2017) l’attività agonistica ricomprende anche gli allenamenti e i preparativi. Che nel caso di specie si trattasse di manifestazione agonistica è attestato dal fatto, del quale dà atto la sentenza, che la pista era stata chiusa al pubblico.
Ma se è errato il distinguo operato dalla Corte di appello – tra preparativi e gara – per escludere che il sinistro si sia verificato nel corso di attività agonistica, pure è priva di fondamento la conclusione alla quale pervengono i ricorrenti, configurando una responsabilità esclusiva dell’organizzatore della gara (e/o di altre figure, come si dirà a breve) per qualsiasi accadimento che si verifichi nel mentre è in corso di svolgimento l’attività agonistica.
Il dettato normativo non è particolarmente esplicito al proposito; ma i consueti istituti e principi della responsabilità omissiva e della responsabilità colposa offrono un sicuro itinerario ricostruttivo.
Il tema posto dai ricorsi è in definitiva quello della esatta delimitazione dei doveri del gestore della pista e di quelli che gravano sulle peculiari figure aventi compiti di organizzazione dell’attività sciistica agonistica.
A tal proposito, non assumendo rilievo ai fini che qui occupano il ruolo che compete al CONI e alla Federazione Sportiva (salvo quanto appresso sarà accennato a riguardo dell’omologazione della pista), l’attenzione deve essere posta sulle regole che disciplinano l’organizzazione delle gare agonistiche. Tali regole si rinvengono nel Regolamento Tecnico Federale dello Sci Alpino, emanato dal Consiglio Federale della Federazione Italiana Sport Invernali (FISI), che recepisce anche principi e disposizioni contenuti nei regolamenti emanati dalla FIS (Federazione internazionale sci). Con riferimento al tempo che rileva ai fini del presente giudizio, occorre avere riguardo al Regolamento adottato con Delib. n. 831 del 2007 dal Consiglio Federale della FISI e successivi aggiornamenti.
In esso vengono individuati i diversi “gestori dei rischi” intrinseci all’attività agonistica e i compiti di ciascuno. Si tratta in primo luogo dell’organizzatore – per lo più una società o un’associazione affiliata alla FISI -, e quindi di ulteriori figure, tra le quali meritano menzione in questa sede il Comitato Tecnico Organizzatore, il Responsabile del servizio medico e di soccorso, il Responsabile del servizio d’ordine, i componenti della Giuria (Giudice Arbitro, Giudice di partenza e Direttore di gara), il Direttore di pista, il Responsabile di Arrivo e il Tracciatore.
Orbene, non appare suscettibile di dubbio che ciascuno di essi sia gravato anche del compito di tutelare la salute e la sicurezza degli atleti e dei diversi soggetti presenti nell’area della competizione, non escluso l’eventuale pubblico; un compito che trova più precisa definizione attraverso le specifiche prescrizioni che identificano il cosa ed il come dell’attività a ciascuno spettante; oltre, come di consueto, nelle comuni regole di diligenza, prudenza e perizia.
Quel che però deve essere esaminato nella presente occasione è se esista un’area di sovrapposizione di tali compiti con quelli del gestore dell’impianto. A tal proposito, vale considerare che il punto 601.4.1.6.1. del menzionato Regolamento prevedeva che la Giuria dovesse, tra l’altro, “controllare la pista da gara e dei tracciati; controllare le condizioni della neve; controllare la preparazione della pista;…; controllare le reti di sicurezza e di delimitazioni…”.
Tal ultima prescrizione riconduce(va) alla Giuria il compito di accertare che le reti di sicurezza e di delimitazione della pista di gara non rappresentino fonte di rischio per gli atleti o per gli addetti, ovviamente in rapporto alle evenienze prevedibili ed evitabili. Ma in nessun modo questa prescrizione sostituiva l’obbligo che al gestore deriva dalla titolarità dei poteri dispositivi sull’impianto, dei quali non è esautorato in ragione della gara. Come lascia intendere anche la limitazione al compito del “controllo”, la Giuria può e deve rilevare eventuali deficit di sicurezza, evidentemente al fine di richiedere l’intervento del gestore e persino, nei casi estremi, di interdire lo svolgimento della gara, ma non può intervenire sulle strutture nell’altrui disponibilità.
4.2. Non è condivisibile neppure l’assunto di un obbligo di protezione in capo al gestore che si indirizzi ai soli utenti non agonisti. La messa a disposizione dell’impianto per lo svolgimento di attività agonistica impone al gestore di rendere lo stesso idoneo allo scopo, anche per il profilo della sicurezza degli atleti. Altri sono i compiti che gravano unicamente sull’organizzatore e sulla Giuria. Ad esempio, poichè la pista di gara viene tracciata per l’uso specifico, in linea di massima al gestore non potranno essere ascritti eventi che trovano causa nella tracciatura; così come non potranno essere addebitati deficit cautelari connessi all’organizzazione del servizio di soccorso e sanitario, all’organizzazione del servizio d’ordine.
4.3. Nè assume rilievo l’omologazione della pista, nella prospettiva alla quale hanno inteso far riferimento i ricorrenti. L’omologazione viene rilasciata per un periodo di tempo di almeno cinque anni e per un numero indeterminato di gare; non quindi in vista della e per la specifica gara. Sicchè dal suo rilascio non può dedursi la certificazione della conformità dell’impianto al tempo della gara, in specie quando, come nel caso che occupa, non risulta accertata la persistenza nel tempo delle condizioni esistenti all’omologazione. Ma, in ogni caso, affinchè tale certificazione possa valere quale ragione di esonero da responsabilità del gestore dell’impianto, occorrerebbe accertare che essa stessa sia stata rilasciata in conformità alle regole e che il gestore abbia potuto fare legittimo affidamento sul giudizio in essa racchiuso. Alla luce delle sentenze di merito e della stessa prospettazione difensiva, si tratta di profili non indagati nel processo.
4.4. In conclusione, l’analisi delle previsioni conduce a rilevare la complementarietà dei compiti spettanti all’organizzatore (inteso in senso ampio, comprensivo delle diverse figure sopra menzionate) e al gestore della pista. Facendo uso di concetti ormai consolidatisi nella giurisprudenza non solo di legittimità, può dirsi che ai primi spetta la gestione dei rischi connessi all’attività agonistica, che certo sono interconnessi con quelli ordinariamente intrinseci alla pratica sciistica ma che le particolarità dell’agonismo caratterizza, sia sotto il profilo della recessività di regole cautelari che il praticante non agonista deve comunque osservare (L. n. 363 del 2005, artt. 8 e ss.), sia sotto il profilo della emergenza di nuove ed ulteriori regole, funzionali a contenere il rischio nel perimetro del consentito.
Ne consegue, con specifico riferimento alle protezioni perimetrali della pista, che se l’organizzatore della gara è tenuto a occuparsi di una loro eventuale pericolosità in rapporto alle caratteristiche dell’attività agonistica, ciò non esclude che il gestore della pista permanga debitore della sicurezza di tali protezioni anche verso l’agonista (ovviamente, nel limite dei rischi prevedibili ed evitabili ai quali questi è esposto: su questo tema, in fra).
Su analoghe considerazioni, mutatis mutandi, si fonda l’orientamento espresso dalla Cassazione civile, sintetizzato nel principio per il quale “In tema di responsabilità del soggetto titolare di autorizzazione all’esercizio della pista da sci, in forza del Decreto del presidente della giunta provinciale di Trento 22 settembre 1987, n. 11-51, art. 25, Legisl. (regolamento per l’esecuzione della L. 21 aprile 1987, n. 7) nelle ipotesi di chiusura della pista per lo svolgimento di manifestazione agonistica o di allenamento alla stessa, la responsabilità dell’organizzatore della gara, con riguardo alla predisposizione di protezioni e misure di sicurezza adeguate all’attività agonistica in concreto svolta, si aggiunge, senza escluderla, a quella del titolare dell’autorizzazione all’esercizio della pista, per l’ottemperanza agli obblighi impostigli dalla suddetta normativa” (Sez. 3, Sentenza n. 13940 del 03/08/2012, Rv. 623817 – 01).
Il primo motivo, si ribadisce, è infondato.
- Infondato è anche il secondo motivo. E’ utile considerare il comportamento del M. ancora nella prospettiva del rischio gestito dal C. e dal P., nelle rispettive qualità.
Non è condivisibile l’assunto dei ricorrenti, secondo il quale il fatto ricadrebbe al di fuori del perimetro di garanzia del gestore delle piste anche perchè lo sciatore ebbe una condotta anomala, procedendo senza curvare e senza governare gli sci, senza porre in essere alcuna reazione o difesa, andando ad impattare la rete ed il palo con il corpo inerte e privo di reattività. In realtà, l’evento pregiudizievole che le regole cautelari traguardano non è “lesioni o morte per impatto causato da malore durante la discesa”, ma “lesioni o morte per impatto causato da perdita di controllo della discesa”. Basti considerare che se davvero fosse il primo il rischio da gestire, la regola cautelare imporrebbe al gestore della pista di sottoporre a visita medica chiunque voglia accedere ad essa. Tanto chiarisce che le specifiche cause che hanno determinato lo schianto del M. sulla rete e/o sul palo verticale – una volta esclusa l’ipotesi suicidiaria – sono irrilevanti ai fini della definizione del rischio il cui governo è affidato al gestore della pista.
Ma esse sono parimenti irrilevanti, e per le medesime ragioni, anche sul piano causale, posto che il fattore del quale va analizzata l’eventuale incidenza, in guisa di causa da sola sufficiente a determinare l’evento tipico, è per l’appunto la perdita di controllo degli sci. Evenienza che la Corte di appello ha del tutto ragionevolmente ritenuto concretizzare un rischio non eccentrico rispetto alla pratica agonistica dello sci alpino.
- In data 24.8.2020 è pervenuta a questa Corte dichiarazione di revoca della costituzione di parte civile fatta, per il tramite dei rispettivi difensori, procuratori speciali, da F.M.L. e M.E., rispettivamente moglie e figlia, nonchè entrambe eredi del M..
Tanto impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alle statuizioni civili (cfr. Sez. 4, n. 3454 del 16/01/2019 – dep. 24/01/2019, Scozzafava, Rv. 27519501).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alle statuizioni civili, che elimina.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 27 agosto 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2020