Circ. P.G.R. Marche, 27 aprile 1995, n. 2
Circ. P.G.R. Marche, 27 aprile 1995, n. 2
Realizzazione di aviosuperfici e campi di volo nelle zone agricole del territorio regionale. Legge regionale 8 marzo 1990, n. 13 e Norme tecniche di attuazione (N.T.A.) e del Piano Paesistico Ambientale Regionale (P.P.A.R.).
Pubblicata nel B.U. 4 maggio 1995, n. 31. Emanata dal Presidente della Giunta regionale.
In accoglimento delle numerose richieste avanzate dalle Amministrazioni interessate, che incontrano difficoltà nel rilascio delle autorizzazioni urbanistiche e paesaggistiche per la realizzazione di «aviosuperfici» e di «campi di volo», in base alle disposizioni della L.R. 8 marzo 1990, n. l3 relativa al territorio agricolo, e delle norme tecniche di attuazione (N.T.A.) del P.P.A.R., si ritiene necessario, con la presente circolare, indicare dei criteri generali interpretativi di tali norme che consentano una loro più agevole ed univoca interpretazione.
Aviosuperfici e campi di volo.
Le «aviosuperfici» vengono realizzate per l’esercizio del volo con aeromobili convenzionari e sono previste e disciplinate dalla legge 5 aprile 1968, n. 518, e dal D.M. 10 marzo 1988, emanato in sostituzione del precedente D.M. 27 dicembre 1971, superato dall’evoluzione tecnologica del velivelo e dagli sviluppi del settore.
In base a tali normative gli aeromobili possono decollare ed atterrare su qualsiasi area idonea in rapporto alle loro caratteristiche, denominata «aviosuperficie», che non appartenga al demanio aeronautico di cui all’art. 692 del codice della navigazione e su cui non insista una aeroporto privato di cui all’art. 704 del medesimo codice (art. 1 del D.M. 10 marzo 1988).
Le aviosuperfici, a seconda della presenza del terreno sul quale vengono realizzate e del fatto che siano o meno munite di segnaletica verticale e orizzontale, si definiscono in pendenza e non in pendenza e munite e non munite di segnaletica (artt. 2 e 3 del D.M. 10 marzo 1988).
Esse debbono possedere determinati requisiti di dimensione e di posizione (art. 5 del D.M. 10 marzo 1988), sono gestite da persone fisiche o giuridiche che sono responsabili della loro gestione ed efficienza (art. 6 del D.M. 10 marzo 1988), possono fungere da scalo passeggeri, possono ospitare anche scuole di volo e possono costituire base della protezione civile, in caso di calamità naturali, per velivoli convenzionali.
Le aviosuperfici consistono di norma in una pista erbosa o in terra battuta, che per il suo approntamento non richiede particolari lavori di sbancamento o di livellamento, in attrezzature destinate al rimessaggio dei velivoli e alla loro manutenzione, in locali destinati ad ufficio o posto di ristoro.
Caratteristiche ancora più modeste presentano i «campi di volo», che sono costituiti da una pista erbosa o in terra battuta approntata per il decollo e l’atterraggio con velivoli ultra-leggeri (U.L.M.) o deltaplani.
Sui campi di volo, in particolare, viene esercitato esclusivamente il volo da diporto e sportivo che è disciplinato dalla legge 24 marzo 1985, n. 106, e dal Regolamento di attuazione emanato con D.P.R. 5 agosto 1988, n. 404, modificato con D.P.R. 28 aprile 1993, n. 207.
Per ovvii motivi logistici le aviosuperfici ed i campi di volo debbono essere realizzati al di fuori dei centri abitati ed a loro debita distanza, con la conseguenza che, il più delle volte, vanno ad insistere su aree che sono qualificate come agricole dagli strumenti urbanistici comunali.
Disposizioni della legge regionale 8 marzo 1990, n. 13.
Nella regione Marche la realizzazione di costruzioni nel territorio agricolo è disciplinata dalla legge regionale 8 marzo 1990 n. 13, la quale nelle relative zone (identificate sulla base delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali o delle attività agricole che di fatto in esse vengono esercitate) ammette soltanto le «nuove costruzioni» che risultino necessarie per l’esercizio delle attività agricole, cioè delle attività dirette alla coltivazione dei fondi, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame ed alle altre attività produttive connesse, ivi compreso l’agriturismo (cfr. art. 2135 c.c.), nonché le «opere di pubblica utilità» che ivi debbono «sorgere necessariamente» (art. 3).
La legge regionale n. 13 del 1990 favorisce inoltre la utilizzazione e il ripristino degli edifici rurali esistenti nelle zone agricole, consentendone tutti gli interventi di recupero previsti dall’art. 31 della legge 5 agosto 1978 n. 457, fino alla ristrutturazione edilizia nel rispetto dei volumi esistenti e subordinando l’eventuale mutamento della loro destinazione al semplice rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali vigenti.
La legge regionale n. 13 del 1990 non tratta infine degli edifici e degli impianti di altro tipo che si trovano nelle zone agricole, che rimangono quindi disciplinati dai solo strumenti urbanistici che, sotto tale aspetto, non vengono limitati o condizionati dalla normativa regionale.
Le opere di pubblica utilità (o di interesse pubblico, che vengono altrimenti denominate) sono quelle che, indipendentemente dai soggetti che le realizzano e le possiedono – enti pubblici o soggetti privati – sono destinate a finalità di carattere generale sotto l’aspetto economico, culturale, sportivo, industriale, igienico, religioso, ecc. (circolare del Min. LL.PP. n. 3210 del 28 ottobre 1967).
L’evoluzione sociale ha progressivamente ampliato l’area dei bisogni della collettività, fino a comprendervi tutte quelle attività finalizzate all’impiego del tempo libero, almeno nella misura in cui questo è ritenuto dallo Stato meritevole di incoraggiamento in funzione dello sviluppo fisico e spirituale dell’individuo. Per tali motivi le opere e le attrezzature a tal fine necessarie sono da qualificare anch’esse di pubblica utilità, in quanto finalizzate appunto ad un corretto impiego del tempo libero da parte delle persone (vedi Cons. Stato, Sez. V, 11 luglio 1975, n. 1000).
Sotto questo aspetto l’esercizio del volo e delle attività sportive con esso collegate (ad esempio: il paracadutismo, il volo a vela, il volo da diporto e sportivo, ecc.), come previsto è disciplinato dalle norme statali, costituisce esercizio di una attività di interesse pubblico e le attrezzature che a tale scopo sono necessarie, realizzate anch’esse nel rispetto delle specifiche norme tecniche che le disciplinano, sono da qualificare come opere di pubblica utilità (o di interesse pubblico) che debbono sorgere nelle zone agricole per loro intrinseca natura e che quindi in queste possono essere realizzate a pieno titolo in base al disposto dell’art. 3, comma 1, lettera h), della legge regionale n. 13 del 1990.
Prescrizioni del piano paesistico ambientale regionale.
La disciplina del territorio regionale sotto l’aspetto paesistico-ambientale è data dal Piano paesistico ambientale regionale (P.P.A.R.), che è stato approvato dal Consiglio regionale con deliberazione n. 197 del 3 novembre 1989, pubblicata nel supplemento al B.U.R. n. 18 del 9 febbraio 1990, e che è entrata in vigore il successivo 10 febbraio 1990 (vedi art. 66 delle N.T.A.).
Il P.P.A.R., oltre agli indirizzi e direttive per la formazione e la revisione degli strumenti urbanistici di ogni specie e livello e per l’adeguamento ad esso di tutti gli strumenti urbanistici generali dei comuni, contiene «prescrizioni di base», sia transitorie sia permanenti, che sono immediatamente vincolanti nei confronti di qualsiasi soggetto pubblico e privato e che sono prevalenti nei confronti di tutti gli strumenti di pianificazione e programmazione vigenti (art. 3 delle N.T.A.).
Il P.P.A.R. suddivide il territorio regionale in vari «ambiti territoriali» in ciascuno dei quali gradua la normativa di tutela nei due livelli di «tutela orientata» e di «tutela integrale» (art. 26 delle N.T.A.), e dopo aver dettato le prescrizioni generali di base transitorie per i livelli di tutela (art. 27 delle N.T.A.), al Titolo IV (art. 28-43) prevede e disciplina i singoli ambiti territoriali dettando per ciascuno di essi specifiche prescrizioni di base, sia transitorie sia permanenti.
Il Piano, in particolare, negli ambiti di tutela orientata vieta la «nuova edificazione», ma ammette l’ampliamento e il recupero degli edifici esistenti nonché le opere minori e complementari relative ad essi e gli interventi edilizi necessari per l’esercizio dell’attività agricola, ivi comprese le nuove abitazioni rurali.
Nei maggiormente protetti ambiti di «tutela integrale» il Piano vieta invece sia la nuova edificazione sia l’ampliamento degli edifici esistenti, mentre ammette tutti gli interventi di recupero degli edifici nei limiti della loro volumetria.
Infine, sempre a titolo di prescrizione di base, l’art. 45 delle N.T.A. qualifica, tra gli interventi di rilevante trasformazione del territorio, anch’essi di norma vietati nei vari ambiti di tutela, gli «aeroporti e aviosuperfici», a meno che «non risultino di modesta entità e tali da non modificare i caratteri costitutivi del contesto paesistico ambientale o della singola risorsa».
Infatti ogni opera inserita nell’elencazione del predetto art. 45 va comunque esaminata singolarmente per le caratteristiche che possiede e per gli effetti che in concreto produce nell’ambiente circostante ai fini della sua esatta qualificazione, con la conseguenza che può essere o meno considerata come intervento di rilevante trasformazione del territorio, oltre che per le sue caratteristiche intrinseche anche in relazione alle modifiche che può produrre nel contesto paesistico ambientale circostante (vedi circolare n. 14 del 16 agosto 1989).
Vi è poi da tener ben presente che le «prescrizioni di base» del P.P.A.R., per la loro natura immediatamente prescrittiva, costituiscono vincoli giuridici gravanti sulla proprietà dei beni, che condizionano i poteri di godimento e di disposizione degli stessi da parte degli aventi diritto, configurandosi pertanto come norme a carattere eccezionale da interpretarsi letteralmente, escludendosi ogni possibilità di ricorso alla interpretazione estensiva o analogica. Qualsiasi vincolo alla proprietà – sia essa privata o pubblica e quale sia la fonte impositiva dello stesso – deve risultare infatti in modo rigorosamente esplicito.
Da ciò consegue che il divieto di «nuova edificazione», vigente negli ambiti di tutela orientata, riguarda soltanto la realizzazione di nuovi «edifici» propriamente detti e non di altri manufatti che edifici non sono né possono essere considerati (per la definizione di edificio vedi art. 13 lettera bb), del Regolamento Edilizio Tipo). Sono pertanto da considerarsi come edifici i manufatti in cemento o in muratura o in altri materiali comunque stabilmente infissi al suolo e non rimovibili; non sono da considerare tali i manufatti precari, costituiti da elementi prefabbricati leggeri, facilmente smontabili e rimovibili.
Da ciò deriva anche il divieto di realizzare le opere di mobilità e gli impianti tecnologici fuori terra di cui all’art. 45, laddove questo è prescritto, concerne soltanto le opere indicate nel predetto articolo che siano da considerare come interventi di rilevante trasformazione del territorio e non quelle che tali non sono per le loro concrete caratteristiche tecnico-costruttive.
Il 4 comma punto d) dell’art. 27 delle N.T.A. del P.P.A.R., all’interno degli ambiti assoggettati alla tutela integrale, vieta: «l’allestimento di impianti, di percorsi o di tracciati per attività sportive da realizzarsi con mezzi motorizzati». Pertanto l’installazione di aviosuperfici o campi da volo che utilizzano mezzi motorizzati non è ammissibile all’interno dell’aree soggette alla tutela integrale.
Conclusioni.
Le norme della L.R. n. 13 del 1990 e le prescrizioni del Piano paesistico ambientale e regionale non impediscono la realizzazione di «aviosuperfici» e di «campi di volo» nelle zone agricole del territorio regionale (siano o meno classificate espressamente come zone omogenee «E» dagli strumenti urbanistici comunali), in quanto: – L’art. 3 lettera h) della L.R. n. 13 del 1990 consente di realizzare nelle zone agricole «opere di pubblica utilità che debbano sorgere necessariamente in zona agricola»;
– l’esercizio del volo e dei vari sport dell’aria ad esso collegati (ad esempio: il paracadutismo, il volo a vela e il volo da diporto e sportivo, ecc.), come disciplinato dalle sopra ricordate norme statali, costituisce esercizio di una attività di pubblica utilità e le strutture a tal fine necessarie sono pertanto da considerare come opere di pubblica utilità che inoltre, dovendo essere realizzate al di fuori e lontano dai centri abitati e dagli insediamenti residenziali e produttivi, debbono sorgere necessariamente nelle zone agricole;
– il divieto di «nuova edificazione» sancito dall’art. 27 delle N.T.A. del P.P.A.R. a titolo di prescrizione di base transitoria per gli ambiti territoriali assoggettati a tutela orientata non impedisce la realizzazione di aviosuperfici e campi di volo, quando questi siano costituiti da una pista erbosa o in terra battuta, per la cui esecuzione occorrano modesti livellamenti del terreno tali da non alterarne in modo sostanziale il profilo, da impianti tecnici di modesta entità, da strutture di appoggio realizzate utilizzando edifici o manufatti preesistenti o elementi prefabbricati non stabilmente infissi al suolo.
Le piste non sono infatti «edifici» e tali non sono nemmeno gli impianti tecnologici necessari per l’assistenza al volo e il buon funzionamento dell’aviosuperfici, quali le maniche a vento, le antenne ricetrasmittenti, segnalatori luminosi, ecc..
Negli ambiti assoggettati alla tutela integrale, ai sensi del 4 comma punto d) dell’art. 27 delle N.T.A. del P.P.A.R., sono vietate le realizzazioni di aviosuperfici e di campi da volo che presuppongano l’uso di mezzi motorizzati, mentre sono ammesse quelle che utilizzano esclusivamente la spinta del vento (deltaplani e simili).
Tali impianti del resto, per la loro modesta entità rientrano a pieno titolo nell’esenzione dalle prescrizioni di base del P.P.A.R. di cui all’art. 60, punto 3d, delle N.T.A..
La realizzazione di strutture smontabili e non stabilmente infisse al suolo, destinate ad essere facilmente rimosse una volta cessato l’uso cui sono destinate, non rientra ugualmente nel sopra ricordato divieto di nuova edificazione, mentre le prescrizioni di base concernenti sia gli ambiti assoggettati a tutela orientata sia quelli assoggettati a tutela integrale non vietano mai la utilizzazione e il ripristino degli edifici preesistenti per poterli adibire alle destinazioni ammesse nella zona in cui questi si trovano.
Sarebbe comunque opportuno, ai fini della corretta tutela delle risorse paesaggistiche e ambientali, (dato che la legge regionale n. 13 del 1990 fa comunque salve le norme più restrittive degli strumenti urbanistici comunali vigenti), che i comuni in sede di adeguamento degli strumenti stessi alle prescrizioni del P.P.A.R., all’interno delle sottozonizzazioni delle aree agricole, prevedano in quali aree siano ammesse le installazioni di aviosuperfici e campi da volo e in quali invece non siano consentite, in base delle pecularietà paesaggistiche e ambientali del loro territorio. Ad esempio sono da vietare nelle aree ove è ancora leggibile la presenza del paesaggio agrario storico o laddove si evidenzia una particolare unità di paesaggio.