Corte di Cassazione, sentenza 1 giugno 1991, n.6172
Corte di Cassazione, 1 giugno 1991, n.6172; Pres. Novelli; Est. Fiduccia.
Responsabilità civile – Elicottero – Istruttore e scuola di volo – Infortunio provocato da allievo durante manovra a terra – Fase di prevolo – Fatto illecito dell’allivo – Esclusione in forza di gudicato penale – Responsabilità ex art. 2048 e 2049 dell’istruttore e comandante dell’elicottero, nonché della scuola – Esclusione – Responsabilità ex art. 2050 – Esclusione per motivi processuali – Responsabilità ex art. 2051 – Esclusione per motivi processuali
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Vittorio NOVELLI Presidente
” Angelo GIULIANO Consigliere
” Gaetano FIDUCCIA Rel. ”
” Michele VARRONE ”
” Giovanni Battista PETTI “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto
da
POZZI GIANCARLO – elett. dom.to in Roma, Lgtv. Michelangelo n. 9 presso lo studio dell’Avv. Enrico Biamonti che lo rapp.ta e difende unitamente agli Avv.ti Michele Giorgianni e Salvatore Morvillo per delega a margine del ricorso.
Ricorrente
contro
S.R.L. ELICOPTER – in Liquidazione – nella persona del Liquidatore – Cappelli Luigi – con sede in Milano – nonché Pozzi Enrico elett. dom.ta in Roma, Via G.B. Vico n. 29 presso lo studio dell’Avv.to Piero D’Amelio che rapp.ta e difende unitamente all’Avv.to Gaetano Galantini giusta proc. Notar dr. B. Favuzza di Gallarate in data 31.5.1988 rep. numero 446089 il secondo e, per delega a margine del controricorso il primo.
Controricorrente
Udito il ricorso avverso la sentenza n. 382 della Corte di Appello di Milano del 19.1/12.2.1988 (R.G. 3695/86).
Udito il Cons. Rel. dott. G. Fiduccia nella pubb. ud. dell’11.6.1990.
Uditi gli Avv. E. Biamonti M. Giorgianni difensori del ricorrente che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
Udito l’Avv. G. Galantini difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. dr. M. Zema che ha concluso per l’accoglimento del I motivo del ricorso p.q.r.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione 24 – 26 gennaio 1974, Giancarlo Pozzi conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Milano Michele Lo Zito, Nico Stenico, Enrico Pozzi e la S.r.l. Elicopter per la loro condanna in solido al risarcimento dei danni derivategli dalle gravi lesioni personali riportate il 10 gennaio 1971 all’eliporto di Brusuglio, al riguardo indicando che recatosi in tale eliporto per la sua iscrizione alla scuola di pilotaggio a seguito di un appuntamento con il direttore della scuola della detta società, il Comandante Enrico Pozzi, in assenza del personale di ufficio si era recato sul piazzale e, dopo essersi trattenuto in conversazione con l’allievo pilota Stenico ed il motorista Lo Zito, nel passare alla destra di un elicottero – nel frattempo messo in moto – ove i suddetti erano imbarcati, era stato colpito dal rotore di coda del velivolo inopinatamente giratosi su se stesso.
Rimasto contumace Enrico Pozzi, gli altri convenuti contestavano la pretesa risarcitoria dell’attore.
Sospeso il giudizio civile anche a seguito del procedimento penale a carico dei convenuti Pozzi, Lo Zito e Stenico, questo si concludeva con l’assoluzione del Lo Zito, per non aver commesso il fatto, da parte del pretore di Milano nonché con la declaratoria di non doversi procedere per amnistia nei confronti dello Stenico ed E. Pozzi da parte del Tribunale di Milano, dopo l’annullamento della precedente decisione e la rimessione da parte della Corte di Cassazione.
Riassunto il giudizio da Giancarlo Pozzi nei confronti di tutti i nominati convenuti, il Tribunale con sentenza 13 aprile 1981, rigettava in via definitiva la domanda contro il Lo Zito e lo Stenico, mentre con decisione non definitiva, riconoscendo la responsabilità di Enrico Pozzi e della Soc. Elicopter, li condannava al risarcimento del danno, disponendo il proseguimento del processo per la relativa liquidazione del risarcimento, che successivamente con sentenza 24 dicembre 1987, veniva determinato in L. 605.347.929.
Avverso la prima decisione proponevano appello i convenuti condannati, riproponendo l’eccezione di prescrizione ai sensi dell’art. 973 cod. nav., che la Corte di Appello accoglieva con sentenza 23 giugno 1982, respingendo la domanda di risarcimento di Giancarlo Pozzi.
Su ricorso di quest’ultimo la Corte di Cassazione con sentenza 1 marzo 1986, n. 1306 annullava la detta decisione rinviando ad altra sezione della Corte di Appello di Milano perché fosse accertata la prescrizione o meno del diritto al risarcimento in relazione al disposto dell’art. 2947 cod. civ., terzo comma, ritenuto applicabile alla fattispecie.
Giancarlo Pozzi provvedeva alla riassunzione del giudizio chiedendo l’accertamento della mancata prescrizione e così la reiezione degli appelli “ex adverso” proposti, mentre la Soc. Elicopter ed Enrico Pozzi instavano per il riconoscimento di detta prescrizione con il previo accertamento degli elementi del fatto, per cui – a loro assunto – si era avuto annullamento per difetto di motivazione da parte della Corte di Cassazione.
La Corte di Appello di Milano con sentenza 12 febbraio 1988, accoglieva l’appello della Soc. Elicopter e di Enrico Pozzi, rigettando le domande proposte nei loro confronti.
Il giudice di rinvio, dopo avere rilevato che la prescrizione ex art. 2947 cod. civ., terzo comma, decorrente dal provvedimento di amnistia (D.P.R. 4 agosto 1978, n. 415), non si era maturata, riteneva fondato l’assunto degli appellanti che non v’era prova che l’evento dannoso si fosse verificato per un comportamento colposo del comandante Enrico Pozzi e così escludeva la conseguente responsabilità dello stesso e della Soc. Elicopter.
In particolare dal detto giudice, si rilevava che non poteva addebitarsi al comandante Pozzi una responsabilità a norma degli art. 2048, 2049 cod. civ. per l’attività del subordinato Lo Zito e dell’allievo Stenico, essendo per il primo vincolante a norma degli artt. 25, 27 cod. proc. pen. il giudicato derivante dalla sentenza penale del pretore di Milano, di assoluzione per non avere commesso il fatto, e così di insussistenza della illiceità della sua condotta, e per il secondo la declaratoria di esclusione di ogni sua responsabilità pronunciata con la sentenza del Tribunale, non impugnata dall’attore Pozzi.
Inoltre si considerava che era del pari insussistente una autonoma responsabilità del Comandante Pozzi per avere autorizzato un’attività di prevolo potenzialmente pericolosa per i presenti, osservandosi che l’attore era stato autorizzato a presenziare a quell’attività e che la stessa era stata affidata per il controllo al motorista Lo Zito, cui competeva; nonché aggiungendosi che era mancata la prova della causa della rotazione del velivolo e della dinamica dell’evento, in particolare che lo spostamento dell’elicottero fosse dovuta ad accidentale manovra dell’allievo o del motorista, come del pari non v’erano concreti elementi probatori in ordine al comportamento dell’attore ed in ispecie del suo tragitto si da non potersi escludere una sua manovra imprudente e comunque così da derivarne l’assorbente conclusione della mancata dimostrazione del nesso di causalità tra l’evento dannoso ed il comportamento del motorista e dell’allievo e quindi dell’esclusione della responsabilità del Comandante Pozzi anche sotto il profilo delle presunzioni ex artt. 2048, 2049 cod. civ. e di conseguenza della datrice di lavoro di quest’ultimo, Soc. Elicopter.
Contro questa sentenza Giancarlo Pozzi ha proposto ricorso per la sua cassazione con due motivi di censura, illustrati anche con memoria.
Con controricorso hanno resistito la Soc. Elicopter ed Enrico Pozzi.
Motivi della decisione
Con il primo motivo del ricorso Giancarlo Pozzi denuncia “violazione degli artt. 2043, 2048, 2049, 2050 cod. civ. con riferimento degli artt. 24 c.p.p., e segg., e artt. 2727, 2728 cod. civ. – Errata applicazione dell’art. 2909 cod. civ. Difetto ed illogicità di motivazione. Omesso esame di fatti, documenti e punti decisivi (art. 360 c.p.c., n. 3 e 5)” per l’esclusa responsabilità di Enrico Pozzi e della Soc. Elicopter al riguardo dell’incidente avvenuto a suo danno.
In proposito il ricorrente, dopo aver premesso come esattamente il Tribunale nella sentenza di primo grado avesse individuato quelle responsabilità, ne contesta la sua esclusione da parte dei giudici di appello sia in relazione al ritenuto giudicato penale per l’attività imputabile al Lo Zito, che non poteva incidere nel diverso giudizio nei confronti del Pozzi, sia in relazione alla mancata impugnativa della pronuncia assolutoria dello Stenico, che non precludeva la valutazione della condotta dello stesso ai fini della responsabilità diretta ed indiretta del detto dirigente della scuola di volo.
Quindi il ricorrente, precisato che le presunzioni ex artt. 2048, 2049 cod. civ. erano conseguenti all’azione intentata, sostiene che era errato far dipendere l’esclusione della responsabilità del maestro e del committente dall’esclusione dell’illiceità della condotta dell’allievo o del dipendente, deducendo che all’allievo Stenico andava imputata un’attività illecita con la messa in moto dell’elicottero, non avendone l’esperienza, e che di conseguenza lo stesso aveva prodotto l’evento dannoso, imputabile al Comandante Pozzi che l’aveva autorizzato.
Inoltre il ricorrente censura la decisione del giudice di rinvio anche per l’esclusa responsabilità diretta del Comandante Pozzi per l’autorizzata attività di prevolo con riguardo sia alla permessa sua presenza, sia alla irrilevante attività del motorista, nonché per l’immotivato ed illegittimo addebito di mancata dimostrazione della causa della rotazione del velivolo ed in ispecie per l’inconsistente imprudente determinante lo spostamento del velivolo.
Infine, il ricorrente, nel lamentare la negativa valutazione riservata alla ricostruzione dell’incidente operata dal Tribunale, si duole per l’omesso esame di punti decisivi, quali le richiamate risultanze documentali ed istruttorie avutesi in ordine alla pericolosità dell’attività di cosiddetto prevolo – e la sua imputabilità al Comandante Pozzi – in relazione alle particolari condizioni atmosferiche e la necessità di particolari cautele e misure da adottarsi dal detto comandante nonché la rilevanza della sede e natura delle lesioni riportate, che quella sentenza aveva valorizzato.
Il motivo è fondato per quanto di ragione sarà indicato.
Invero, le riassunte censure del ricorrente Giancarlo Pozzi mentre non sono utilmente rivolte alla decisione del giudice di rinvio con riguardo alla ulteriormente disattesa responsabilità che, a norma degli artt. 2048, 2049 cod. civ., si era dallo stesso addebitata al comandante e direttore dell’eliporto. Enrico Pozzi, ed alla soc. Elicopter, colgono sostanzialmente nel segno laddove si indirizzano alla detta decisione di assoluzione dei detti convenuti dalla domanda risarcitoria (del ricorrente) in riferimento alla diretta responsabilità per colpa del predetto dirigente (e della convenuta società), disvelandosi al richiesto riscontro di questa Corte con carenza della controversia, quando non anche la violazione di precetti giuridici.
Infatti, va considerato che se costituisce indiscusso canone che l’affermazione della responsabilità ex artt. 2048, 2049 cod. civ. di coloro che insegnano un mestiere (od un arte), come dei padroni e committenti, postula il fatto illecito degli allievi e dei dipendenti, non può non condividersi la conclusione negativa a cui, al riguardo di tale responsabilità del comandante Pozzi, (e della Soc. Elicopter), sono pervenuti i giudici della Corte d’Appello di Milano in ragione di una motivata esclusione dell’illiceità della condotta sia del dipendente meccanico Lo Zito che dell’allievo pilota Stenico, non risultando al debito vaglio di questo giudice di legittimità alcuna carenza motivazionale, né tanto meno la violazione dei precetti giuridici pertinenti alla fattispecie.
Ed invero mentre al riguardo del nominato meccanico la imputata attività di cosiddetto “prevolo” è risultata esattamente discriminata alla stregua del giudicato penale (sentenza assolutoria del pretore di Milano, per non avere commesso il fatto, dal delitto di lesioni colpose in danno di Giancarlo Pozzi), come già indicato nella sentenza del giudice di primo grado e ribadito dalla sentenza ora impugnata, e così sul debito riflesso della conseguente autorità – nel caso negativa – del detto giudicato alla stregua del disposto dell’art. 27 cod. proc. pen. in ordine alla sussistenza del fatto ed alla sua pretesa illiceità, che non può trovare smentita per una pretesa inconferenza al giudizio civile che ne occupa, sol che si rifletta che lo stesso giudizio attinente al risarcimento del danno pretesamente subito da Giancarlo Pozzi è stato instaurato anche nei confronti del Lo Zito e che, ancorché per tale giudicato penale successivamente questi sia stato assolto anche dall’azione civile contro di lui intentata, quel medesimo fatto a lui imputato e così discriminato dal giudice penale, pur al diverso fine dell’imputazione ex art. 2049 cod. civ. della responsabilità al Comandante Pozzi, è rimasto oggetto del “thema decidendum” del giudizio civile, sì che non può non trovare incidenza al suo riguardo il principio dell’unità della funzione giurisdizionale che esclude che il giudice penale ed il giudice civile possano conoscere dello stesso fatto, sia pure a fini diversi, con la conseguenza che il giudizio penale con la relativa decisione, per la sua natura oggettiva, prevale su quello civile.
D’altro canto, in ordine all’allievo Stenico ed alla pretesa sussistenza di un suo fatto illecito, quale necessario presupposto della responsabilità ex art. 2048 cod. civ. del Comandante Pozzi, deve prendersi atto dell’esatta rilevazione da parte della sentenza impugnata della preclusione del giudicato interno con riguardo alle statuizioni della sentenza di primo grado.
In proposito, infatti, quest’ultima sentenza non soltanto ha escluso che lo Stenico avesse tenuto un comportamento positivo (azione sulla pedaliera) determinante lo spostamento del velivolo, pregiudizievole per il ricorrente, ma altresì ha specificamente denegato la configurabilità – sotto il profilo soggettivo – di una sua colpa con riguardo all’attività di cosiddetto prevolo sia in considerazione dell’espressa autorizzazione all’uopo avuta dal Comandante Pozzi (suo istruttore) sia in ragione del non essere “in grado di valutare appieno la situazione di pericolo” in conseguenza della “modesta esperienza di volo”, imputando invece – come in seguito si esaminerà più particolarmente – proprio quell’attività così permessa in situazione di concreta pericolosità a colpa diretta del Comandante Pozzi.
Orbene, le anzidette statuizioni di esclusione di un fatto illecito dell’allievo Stenico e per contro della sussistenza di un fatto colposo del Comandante Pozzi sono state impugnate soltanto per tale ulteriore profilo con l’appello di quest’ultimo, senza che per contro risulti “ex actis” che la cennata assoluzione dello Stenico dalla domanda di risarcimento del danneggiato Pozzi ed in ispecie l’affermata insussistenza di un fatto illecito dello stesso sia in relazione ad un fatto positivo sia in ordine al necessario corredo di un colposo profilo soggettivo siano state oggetto di un debito gravame (neppure a norma dell’art. 343 cod. proc. civ.) del danneggiato suddetto per devolverne la “revisio prioris instantiae” al giudice di appello sicché quell’affermata (ma non impugnata) liceità della condotta dello Stenico proprio nel riflesso della considerata responsabilità ex art. 2048 cod. civ. del Comandante Pozzi, di cui veniva invece individuata una diretta colpa ed imputabilità del fatto dannoso, non poteva, né può formare oggetto del giudizio, come esattamente indicato dalla sentenza del giudice di rinvio, per i cogenti effetti preclusivi dell’art. 2909 cod. civ.
Diversamente – come si è enunciato – le censure del ricorrente approdano ad utile risultato laddove hanno ad oggetto quella già cennata diretta responsabilità del Comandante Enrico Pozzi (e così della Soc. Elicopter che proprietaria del velivolo lo ha proposto alla direzione dell’eliporto) che è stata esclusa dalla sentenza impugnata.
Al riguardo va opportunamente richiamato il tenore della sentenza di primo grado, che quella responsabilità aveva per contro riconosciuto, per ripercorrere i suoi punti salienti, che per non essere stati considerati dai giudici di appello sono sostanzialmente invocati dal ricorrente a sostegno della sua doglianza, dovendosi così ricordare che per tale responsabilità i giudici di primo grado, dopo aver escluso – oltre che un’attività illecita del meccanico lo Zito in virtù del citato giudicato penale – uno scorretto comportamento dello stesso danneggiato (quale causa dell’evento), procedettero ad una specifica valutazione delle sfavorevoli condizioni ambientali e meteorologiche del campo di volo per inferirne che la messa in moto dell’elicottero si configurava come una manovra estremamente delicata e pericolosa da affidarsi non ad un allievo con poche ore di volo bensì ad un pilota esperto, corredando inoltre tale apprezzamento delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, delle normative di pilotaggio del Ministero della Difesa e di ulteriori attestazioni testimoniali e di relazioni tecniche di parte per conclusivamente approdare al convincimento della difficile governabilità dell’elicottero nelle riferite condizioni e della causale riferibilità della sua rotazione alla attuata manovra di messa in moto.
In tale contesto motivazionale quei giudici individuarono la colpa del Comandante Pozzi nell’aver consentito con precise disposizioni allo Stenico proprio quella attività di cosiddetto prevolo, di cui lui soltanto e non il detto allievo aveva la necessaria esperienza per valutare la estrema pericolosità ed i rischi connessi e per ovviarvi con le manovre più idonee; e detta statuizione in specifico riferimento all’anzidetto profilo di colpa venne impugnata con l’appello del così soccombente Comandante Pozzi (come della sua proponente Soc. Elicopter).
Ciò debitamente premesso, va quindi considerato che con la sentenza qui impugnata i giudici di secondo grado hanno accolto l’anzidetta impugnazione escludendo quella specifica responsabilità del Comandante Pozzi nella valutazione, oltre che della legittimità della presenza del danneggiato, della liceità dell’operato demandato al meccanico Lo Zito con riguardo all’idoneità e competenza dello stesso, e vieppiù in funzione della carenza di una prova della causa della rotazione della coda del velivolo, che aveva colpito Giancarlo Pozzi, ed in ispecie della determinazione di tale evento da una accidentale manovra dell’allievo Stenico e del motorista Lo Zito, e così con la concludente osservazione sulla mancanza di prove del comportamento della stessa vittima, di cui non poteva escludersi una imprudente manovra causativa dello spostamento dell’elicottero.
Orbene in tale “excursus” motivazionale della sentenza impugnata trovano positivo riscontro le doglianze del ricorrente, non potendosi non riconoscere che con riguardo alla colpa addebitata al Comandante Pozzi in ragione dell’incauto specifico affidamento della pericolosa attività di cosiddetto prevolo all’allievo Stenico, proprio tale circostanza – peraltro riconosciuta nella sua realtà fenomenica dagli stessi giudici con la pertinente notazione del suo essere rimasto solo nella cabina per un certo periodo – è stata vagliata se non in modo del tutto insufficiente e manchevole in relazione all’apodittica considerazione della mera carenza di una accidentale manovra, laddove, come perspicuamente si deduce dal ricorrente, si doveva tenere presente – come i giudici di primo grado avevano motivatamente asseverato proprio nel riscontro di tale carenza – l’assorbente profilo della pericolosità di quella stessa attività di cosiddetto prevolo incautamente affidata al detto allievo e così la eziologica riferibilità a tale attività del pregiudizievole movimento del velivolo.
Invero, per la cennata manchevole considerazione della situazione determinatasi con la dedotta condotta dell’allievo Stenico da parte della sentenza impugnata e vieppiù per l’indicato suo preannuncio della mancata prova della dinamica e della causa del sinistro, non può non convenirsi, in consonanza alle censure formulate dal ricorrente, sulla spiccante omissione di una debita indagine motivazionale al riguardo della riferita situazione assunta a causa dell’evento dannoso nella dedotta prospettiva di quelle asseverate sfavorevoli condizioni atmosferiche e di ambiente che, richiedendo particolari cautele per i voli e la preparazione dell’elicottero per essi, – come riconosciuto nella decisione di primo grado – venivano a connotare di estrema pericolosità l’attività di cosiddetto prevolo attuata dall’allievo, ed in tal senso di quelle utilizzate fonti probatorie (consulenza tecnica, perizie di parte, norme ministeriali, raccomandazioni di scuola di volo e deposizioni testimoniali) che non possono, né potevano ricevere smentita, come si è genericamente assunto nella sentenza impugnata, con riferimento all’esito del procedimento penale, solo che si rifletta sull’indiscutibile potere di autonoma valutazione spettante al giudice penale e sulla invocata motivata esplicazione dello stesso, nel caso che ne occupa, da parte dei giudici di primo grado, della cui valutazione era stata devoluta la relativa revisione con l’appello.
A tal proposito deve, quindi, sottolinearsi che nella conclusiva affermazione dei giudici di appello della carenza di una dimostrazione della causa dell’evento dannoso è mancato in modo determinante il motivato vaglio di quelle cennate risultanze che ancora vengono rilevantemente invocate del ricorrente, dopo essere state di già utilizzate motivatamente dai giudici di primo grado proprio in tale contesto accertativo, si da appalesarsi elementi idonei a suffragare, nelle non smentite sfavorevoli condizioni di contorno ambientale ed atmosferiche, nella attività di cosiddetto prevolo con la messa in moto del velivolo la specifica determinazione eziologica di quell’evento, la rotazione della coda dell’elicottero, la cui stessa evenienza (in danno del ricorrente) la medesima sentenza di appello ha indicato come dato pacifico della controversia.
Infatti, va osservato che tale pacifica evenienza, cioè la rotazione del velivolo con il correlativo urto del corpo di Giancarlo Pozzi, non poteva non essere il punto di partenza di quella debita indagine e vaglio – come non lo è stato nella sentenza impugnata – di quelle offerte fonti probatorie che ne indicavano la causa nell’attività di cosiddetto prevolo e ne corredavano il relativo procedimento di individuazione anche nella pertinente considerazione delle condizioni ambientali, e che di conseguenza si presentavano – come in questa sede rilevano – per suffragare la connotazione di pericolosità della detta attività e così in definitiva la imputabilità delle relative conseguenze della stessa all’imprudenza del Comandante Pozzi per averla specificamente consentita all’allievo Stenico con la sostanziale individuabilità a carico di detto soggetto di un corrispondente obbligo giuridico di attivarsi – lui di cui si è coerentemente sottolineata l’esperienza per valutare appieno la pericolosità della situazione – per impedire il possibile evento dannoso di poi lamentato: obbligo del cui riscontro nella sentenza impugnata in definitiva il giudice di appello – a differenza del giudice di prima istanza – nel difettoso vaglio della dedotta situazione ha finito, con eguale disattenzione, per non più tenere il debito conto nell’accertamento del dato causale del fatto dannoso (cfr. per riferimenti: Cass. 9 gennaio 1979, n. 116).
In proposito, ove si rifletta che ai fini del sorgere dell’obbligazione di risarcimento, il nesso di causalità tra fatto illecito ed evento dannoso può essere anche indiretto e mediato, essendo all’uopo sufficiente che il primo abbia posto in essere uno stato di cose senza il quale il secondo non si sarebbe prodotto e che il danno si trovi con tale antecedente necessario in un rapporto eziologico normale e non fuori dell’ordinario (v. Cass. 11 gennaio 1989, n. 65; Cass. 3 giugno 1977, n. 2264), come del pari si tenga presente che per escludere quel nesso causale occorre propriamente dimostrare che, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto, il danno si sarebbe effettivamente verificato anche in assenza di quell’antecedente (v. per riferimenti Cass. 7 giugno 1977, n. 2342), deve concludersi che l’indagine motivazionale dei giudici di appello si presenta apoditticamente suffragata in quella conclusione di una mancata prova della causa dello spostamento del velivolo – e così del suo dannoso attuarsi – al contrapporsi dell’omessa considerazione di dati offerti, e già positivamente scrutinati dai giudici di primo grado, in incidente valenza della specificata qualificazione dell’antecedente attività di quel velivolo nonché della sua riferibilità al Comandante Pozzi e del causale collegarsi ad essa del movimento di tale mezzo e così afferenti ad una situazione giuridica avente efficacia ancorché mediata di portare – se esaminati ad una diversa soluzione in ordine alla responsabilità del Comandante Pozzi (e della sua preponente Soc. Elicopter).
D’altro canto il censurato apprezzamento dei detti giudici si appalesa altresì informato ad un inesatto criterio giuridico sull’onere della prova laddove si addebita inequivocamente al danneggiato la mancata prova della correttezza del suo comportamento e quindi, in violazione dell’articolo 2697 cod. civ., l’onere di provare una condizione negativa della sua pretesa, cioè quel fatto idoneo ad impedire la stessa nascita del vantato diritto al risarcimento, per altresì derivarne, con un immotivato e per ciò solo non ammissibile procedimento induttivo, la pur possibile evenienza di un suo comportamento imprudente quale causa del lamentato evento.
Ne consegue che non solo con l’esatta osservanza del riferito precetto che in tema di onere probatorio fa carico alla parte attrice la dimostrazione delle sole condizioni positive della propria pretesa, ma altresì con la debita indicata indagine e valutazione delle riferita situazione in base alle qualificanti circostanze attinenti all’attività di cosiddetto prevolo alla luce delle consonanti fonti probatorie si dovrà provvedere nel giudizio in ordine alla responsabilità del Comandante Pozzi (e della sua nominata preponente) dal giudice cui la causa sarà affidata in sede di rinvio.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 cod. civ. con riferimento agli artt. 2043, 2048, 2049, 2050, 2051 cod. civ. nonché art. 2727 cod. civ. e dei principi dell’onere della prova. Difetti e illogicità della motivazione anche per omesso esame di punto decisivo (art. 360 c.p.c., n. 3 e 5)”.
Al riguardo il ricorrente, sostenendo che l’attività in questione era pericolosa, deduce che doveva trovare applicazione l’art. 2050 cod. civ. per contro ignorato, e così non poteva essergli imputata la mancanza di prova del nesso di causalità e dell’assenza di una sola colpa spettando al danneggiante di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Identicamente in proposito il ricorrente assume che non era stato considerato l’ulteriore titolo di responsabilità dei convenuti a norma dell’art. 2051 cod. civ. in ragione della custodia del velivolo e così della loro presunta responsabilità salva la prova del fortuito.
Il motivo è inammissibile.
Invero, le esposte censure del ricorrente laddove – oltre alla riproduzione di argomenti afferenti alle questioni già esaminate con il primo mezzo del ricorso – si volgono alla manchevole, considerazione da parte della sentenza impugnata della responsabilità del Comandante Pozzi a norma dell’articolo 2050 cod. civ., come di quella, anche della soc. Elicopter, ex art. 2051 cod. civ., non possono sfuggire alla enunciata sanzione alla loro proposizione in sede di legittimità in ragione della carenza nella pregressa fase del giudizio di merito della debita attività processuale della parte interessata, come è riscontrabile dagli atti processuali – al cui esame questa Corte è legittimata dalla chiara denuncia di un error in procedendo.
Infatti, mentre dalla sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale di Milano (in data 13 aprile 1981) è dato constatare che i detti giudici ebbero espressamente ad escludere che nella fattispecie in esame, attinente alla navigazione aerea fosse applicabile la disciplina della responsabilità presuntiva dell’art. 2050 cod. civ. (considerando che detta attività, regolata nelle sue possibili conseguenze dal codice della navigazione, non potesse ritenersi compresa tra le attività pericolose genericamente indicate dall’art. 2050 cod. civ., cit.), per contro risulta che con riguardo alla relativa causa “petendi” la pretesa così propriamente disattesa nella sentenza di primo grado non è stata oggetto dell’appello incidentale necessario – ancorché fosse stato raggiunto un risultato utile uguale a quello richiesto – per la soccombenza della corrispondente domanda virtualmente rigettata (v. Cass. 28 novembre 1987, n. 8864) e comunque non è neppure stata riproposta – come era espresso onere del ricorrente, parte allora totalmente vittoriosa – nelle difese e comunque nelle conclusioni articolate nel giudizio di secondo grado, non essendo a ciò sufficiente un richiamo generico ed indistinto delle difese di primo grado (v. Cass. 5 gennaio 1980, numero 63; Cass. 20 dicembre 1980, n. 6574), con la conseguenza della incidente presunzione di rinuncia alla stessa a norma dell’art. 346 cod. proc. civ. (v. Cass. 19 luglio 1982, n. 4241) e così della debita preclusione allora alla sua devoluzione al giudice di appello ed oggi alla riproposizione con il ricorso per cassazione della relativa domanda legittimamente non presa in esame nella sentenza impugnata.
Identica sorte va, quindi, riservata alla cennata censura del ricorrente quanto alla mancata considerazione della responsabilità ex art. 2051 cod. civ., dovendosi prendere atto delle riscontrate risultanze processuali del tutto negative di quella necessaria – specifica e chiara – riproposizione nel giudizio di appello di quella domanda, avente una siffatta specifica causa “petendi” ed il relativo regime probatorio, che dal giudice di primo grado non era stata comunque esaminata, senza che a tal proposito possa rilevare il mero riferimento alle pregresse deduzioni svolte in prime cure, né tanto meno quel generico rilievo – nella sola comparsa di risposta in appello (in data 29 settembre 1981) – alla qualità della soc. Elicopter (proprietaria ed esercente dell’azienda), non emergendo in modo chiaro e preciso l’individuazione del “thema decidendum”, che, con espresso riguardo alla specifica e non considerata responsabilità per le cose in custodia (ed all’ampio spettro della sua riferibilità soggettiva) nonché allo specifico regime della prova liberatoria, si doveva sottoporre al giudice dell’appello per evitare la sanzione ex art. 346 cod. proc. civ.
In conclusione delle esposte considerazioni del ricorso di Giancarlo Pozzi, mentre va dichiarata l’inammissibilità del secondo motivo, va accolto per quanto di ragione si è indicato il primo motivo, ed in correlazione ad esso la sentenza della Corte di Appello di Milano va cassata con rinvio della causa ad altra sezione della stessa Corte perché provveda ad un nuovo giudizio per soddisfare alle rilevate esigenze motivazionali, attenendosi ai principi di diritto enunciati, nonché per il regolamento delle spese processuali anche del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie per quanto di ragione il primo motivo del ricorso proposto da Giancarlo Pozzi; dichiara inammissibile il secondo motivo dello stesso ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Milano anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della III Sezione Civile, l’11 giugno 1990.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA L’1 GIUGNO 1991.