Corte di Cassazione, sentenza 24 marzo 2017, n. 14606
Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza 24 marzo 2017, n. 14606; Pres. Bianchi, Est. Tanga; Annulla App. Trento 2 dicembre 2015, n. 377/15.
Responsabilità penale – Sci – Omicidio colposo – Gestore dell’area sciabile – Decesso di uno sciatore a causa di un impatto contro una pietra ubicata all’esterno del tracciato – Obbligo di mettere in sicureza l’area adiacente del tracciato – Condizioni – Fattispecie
Il gestore di una pista di sci deve prevenire quei pericoli fisicamente esterni alle piste, ma a cui si può andare incontro in caso di uscita di pista solamente qualora la situazione dei luoghi renda altamente probabile che si fuoriesca dalla pista battuta, per la conformazione naturale del percorso. Se, però, è vero che l’obbligo di protezione riguarda anche i pericoli atipici, cioè quelli che lo sciatore non si attende di trovare, diversi quindi da quelli connaturati a quel quid di pericolosità insito nell’attività, deve escludersi che un tale obbligo di protezione si possa dilatare sino a comprendervi i c.d. pericoli esterni non quelli derivanti da una fuoriuscita altamente probabile dalla pista (nel caso di specie, uno sciatore, durante una discesa, perde il controllo della propria traiettoria, fuoriuscendo dal tracciato e impattando con il capo contro una masso. Tratto a giudizio per il reato di omicidio colposo, il legale rappresentante dell’area sciabile, nonché responsabile della sicurezza, è dichiarato colpevole in entrambi i giudizi di merito. La Suprema Corte, passando in rassegna le ragioni logico-giuridiche che condussero alla declaratoria di condanna, annulla la sentenza di secondo grado rinviandola alla Corte di Appello).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHI Luisa – Presidente –
Dott. DOVERE Salvatore – Consigliere –
Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –
Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere –
Dott. TANGA Antonio L. – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.S., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 377/15 del giorno 02/12/2015, della Corte di Appello di Trento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Antonio Leonardo Tanga;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dr. Balsamo Antonio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udite le richieste del primo difensore dell’imputato, avv. Giunta Fausto Biagio, del Foro di Firenze, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udite le richieste del secondo difensore dell’imputato, avv. Monica Baggia, del Foro di Trento, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, associandosi alle conclusioni del primo difensore.
Svolgimento del processo
1. S.S. veniva tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 589 c.p. perchè, legale rappresentante, amministratore delegato, responsabile della sicurezza dei tracciati delle piste di sci gestite dalla società ALPE CERMIS s.p.a., per negligenza, imprudenza ed imperizia cagionava la morte di C.A.. In particolare il C. sciatore dotato di regolare abbonamento che lo abilitava ad utilizzare le piste da sci della predetta società, mentre scendeva lungo la pista “(OMISSIS)” indossando un casco a protezione del capo, perdeva il controllo degli sci e delle conseguenti traiettorie, gli si staccava uno sci e cadeva a terra andando ad impattare con la testa un masso non protetto situato nei pressi del bordo della pista stessa, previa rottura del casco indossato dallo sciatore. Colposamente l’imputato, tra le altre condotte colpose, non provvedeva ad adottare misure di facile attuazione, idonee a segnalare adeguatamente il bordo della pista e la presenza del masso, apprestare delle protezioni, per eliminare il rischio di impatto degli sciatori contro lo stesso o eliminare la presenza dello stesso, che invece era situato in posizione tale da risultare prevedibile un possibile urto, con gravi conseguenze per gli sciatori. A seguito dell’incidente il C. riportava trauma cranico che ne determinava il decesso. Fatti commessi in (OMISSIS).
1.1. Con sentenza in data 18/09/2014 il GUP del Tribunale di Trento, all’esito del giudizio abbreviato, dichiarava S.S. colpevole del reato ascritto e, con la concessione delle attenuanti generiche e del risarcimento del danno, lo condannava alla pena di mesi 2 e giorni 20 di reclusione; pena sostituita da Euro 20.000 di multa.
1.2. Con la sentenza n. 377/15 del giorno 02/12/2015, la Corte di Appello di Trento, adita dall’imputato, confermava la sentenza di primo grado.
2. Avverso tale sentenza di appello, propone ricorso per cassazione S.S., a mezzo del proprio difensore, lamentando (in sintesi giusta il disposto di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p. , comma 1):
1) travisamento della prova, risultante da atti specificatamente indicati, in ordine alla ricostruzione del contenuto dell’autorizzazione all’utilizzo della pista da sci “(OMISSIS)” ( art. 606 c.p.p. , lett. e); violazione della legge penale con riferimento alla ricostruzione della posizione di garanzia ( art. 606 c.p.p. , lett. b); apparenza della motivazione ( art. 606 c.p.p. , lett. e).
Deduce l’erronea trasposizione e interpretazione della Determinazione del Dirigente della PAT n. 96 del 2 dicembre 2010 la quale, diversamente da quanto affermato dai giudici del merito, specifica che, a differenza degli ostacoli artificiali, gli ostacoli naturali rientrano nello spettro delle fonti di pericolo di cui è garante il gestore dell’impianto solo se presenti su una rampa, in quanto porzione esterna alla pista ma sciabile, non anche quando si tratta di pericoli esterni all’area sciabile, rispetto ai quali la tutela dello sciatore è rimessa alla sua stessa prudenza e perizia. Sostiene che tale assunto è confermato dalle linee guida concernenti “Le piste da sci e la gestione di un’area sciabile – Le regole di comportamento degli sciatori”, emanate nell’agosto 2007 dalla Provincia Autonoma di Trento. Afferma che, alla stregua di quanto precede, il sasso contro il quale è andato ad impattare il C. si trovava ad un metro dal bordo della pista, dunque al di fuori di questa e costituiva il più esemplare dei pericoli tipici, rispetto ai quali cessa la posizione d’obbligo del gestore e inizia il dovere di diligenza dello sciatore che deve adeguare la sua discesa alle sua capacità e alle condizioni della pista e dei luoghi circostanti, anche in considerazione della fisiologica presenza di sassi intorno alla pista sul versante della montagna;2) violazione della legge penale con riferimento all’istituto della colpa ( art. 606 c.p.p. , lett. b); mancanza
della motivazione in punto di colpa e con riferimento alle dichiarazioni di D. e T. ( art. 606 c.p.p. , lett. e). Deduce che, nel caso di specie è pacifico che lo sfortunato sciatore sia uscito di pista, non sciando, ma a seguito di una rovinosa caduta avvenuta nella pista per un suo errore e tale tragico epilogo rientra nell’area del rischio consentito, che l’ordinamento accolla agli sciatori.
Motivi della decisione
3. Il ricorso è fondato nei limiti e termini di cui appresso.
3.1. I relativi motivi sono da trattarsi congiuntamente poichè logicamente avvinti.
4. La impugnata sentenza è pervenuta alla condanna dell’imputato sul presupposto, ritenuto “dirimente”, che la Determinazione del Dirigente della PAT n. 96 del 2 dicembre 2010 richiederebbe al titolare dell’autorizzazione all’esercizio della pista di “adottare…le misure che dall’esperienza e da ragionevoli considerazioni risultino necessarie a tutelare l’integrità fisica dell’utente sciatore, avuto riguardo della situazione dei luoghi, delle mutevoli condizioni di innevamento della pista e delle sue adiacenze In particolare dovranno essere messe in atto tutte le misure per prevenire quelle situazioni nelle quali la fonte di pericolo non possa essere colta dall’utente, anche facendo uso della ordinaria diligenza. Dovranno, in ogni caso, essere osservate le seguenti prescrizioni di ordine generale:… sulle rampe che per pendenza o per presenza sulle stesse di sassi, ceppaie o altre insidie che possono configurare situazioni di pericolo in caso di uscita di pista, devono essere allestiti degli idonei apprestamenti di sicurezza che comunque non dovranno mai ridurre la larghezza del piano sciabile”.
5. Deve osservarsi che il gestore della pista da sci è certamente titolare di una posizione di garanzia, in forza della quale può essere chiamato a rispondere dei reati di omicidio o lesioni colposi, per non aver impedito la verificazione dell’evento lesivo – nella specie la morte di uno sciatore – che aveva l’obbligo giuridico di impedire, sempre che sia possibile muovergli un rimprovero a titolo di colpa.
5.1. L’obbligo di garanzia del gestore trova oggi fondamento anche nella L. n. 363 del 2003 che, nel dettare “norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo”, agli artt. 3 e ss. individua gli obblighi dei gestori delle aree sciabili. La normativa prevede, in particolare, che “i gestori assicurano agli utenti la pratica delle attività sportive e ricreative in condizioni di sicurezza…i gestori hanno l’obbligo di proteggere gli utenti da ostacoli presenti lungo le piste mediante l’utilizzo di adeguate protezioni degli stessi e segnalazioni della situazione di pericolo”.
5.2. Da ciò emerge che al di fuori dell’ambito della pista, il gestore non ha alcun potere di dominio sulle possibili fonti di pericolo per i terzi, nè alcun potere di organizzazione, intervento e vigilanza su di esse, con la conseguenza che egli non ha alcun obbligo di attivarsi per impedire il verificarsi di eventi lesivi nei confronti di soggetti terzi. Non è configurabile, quindi, in capo al gestore dell’area sciabile, alcun obbligo di protezione nei confronti degli sciatori che abbiano abbandonato la pista battuta, volontariamente, o anche erroneamente e inconsapevolmente, ad esempio per eccessiva velocità o per disattenzione, e si siano trovati fuori pista. Il terreno innevato che si trova fuori della pista da sci, infatti, è estraneo al controllo del gestore della stessa, con la conseguenza che questi non è garante dei beni giuridici esposti ad eventuali pericoli che quel terreno possa presentare.
5.3. Ne consegue che la protezione dello sciatore cessa ai bordi della pista, specie quando questa – come nel caso che occupa – sia sufficientemente larga da consentire un percorso in sicurezza, non potendo certo ritenersi che tutto il percorso debba essere contornato da reti di protezione, cosa non prevista neppure dalla citata determina dirigenziale PAT. 5.4. Il gestore deve, allora, prevenire quei pericoli fisicamente esterni alle piste, ma a cui si può andare incontro in caso di uscita di pista solamente qualora la situazione dei luoghi renda altamente probabile che si fuoriesca dalla pista battuta, per la conformazione naturale del percorso (cfr. Sez. 4, n. 27861 del 20/04/2004 Ud. – dep. 21/06/2004 – Rv. 229073).
5.5. Se, però, è vero che l’obbligo di protezione riguarda anche i pericoli atipici, cioè quelli che lo sciatore non si attende di trovare, diversi quindi da quelli connaturati a quel quid di pericolosità insito nell’attività, deve, altrettanto certamente, escludersi che un tale obbligo di protezione si possa dilatare sino a comprendervi i c.d. pericoli esterni se non quelli derivanti da una fuoriuscita “altamente probabile” dalla pista (v. anche sez. fer., n. 37267 del 13/08/2015).
6. Nel caso in esame il giudice del merito, in riferimento alla determina dirigenziale citata, ha affermato “Con tali disposizioni era, quindi, fatto obbligo al titolare dell’autorizzazione di considerare e prevenire gli eventuali pericoli, non solo della pista, ma anche delle sue “adiacenze”, di porre in essere tutte le cautele necessarie a fugare rischi che l’utente non potesse cogliere anche facendo uso della normale diligenza e, in particolare, di predisporre sulle rampe di discesa quei presidi di sicurezza che, in ragione della presenza di sassi, potessero configurare situazioni di pericolo “in caso di uscita di pista””.
6.1. In tal modo ha, erroneamente collegato il termine “adiacenze” all’obbligo di garanzia mentre quel termine era da considerarsi connesso alle sole condizioni di innevamento; difatti la frase “avuto riguardo della situazione dei luoghi, delle mutevoli condizioni di innevamento della pista e delle sue adiacenze” non appare consentire diversi e più estesi significati.
6.2. Quanto alla definizione di “pista da sci”, essa deve derivarsi dal regolamento di esecuzione della L.P. n. 7 del 1987, il quale, all’art. 17 afferma “Per pista si intende il tracciato o percorso normalmente accessibile, preparato, dotato di segnaletica di controllo”; mentre per “rampe” dovranno intendersi i percorsi innevati e sciabili, limitrofi e serventi le piste da sci. Non pare in dubbio che l’evento in parola si sia verificato al di fuori sia della pista sia delle rampe limitrofe.
7. Alla luce delle considerazioni sopra svolte, appare corretto riconoscere in capo al gestore l’obbligo di recintare la pista ed apporre idonee segnaletiche e protezioni, o in alternativa rimuovere possibili fonti di rischio, anche esterne al tracciato, ma solo in presenza di un pericolo determinato dalla conformazione dei luoghi che determini l’elevata probabilità di un’uscita di pista dello sciatore, mentre apparirebbe eccessivo (e concretamente inesigibile) pretendere dal gestore che tutta la pista sia recintata oppure che tutti i massi ed pericoli situati nelle sue prossimità siano rimossi.
8. Conclusivamente, una volta emersa l’incompleta coerenza logica della sentenza impugnata, deve procedersi con l’annullamento della stessa con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Bolzano.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Bolzano.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2017