Tribunale Campobasso, sentenza 13 gennaio 2014
Tribunale Campobasso, sentenza 13 gennaio 2014; Giud. Albini
Responsabilità civile – Sci – Gestore dell’area sciabile – Caduta di uno sciatore e impatto con cumulo di neve – Responsabilità ex art. 2051 – Onere della prova del nesso di causalità tra cosa e danno – Onere dell’attore – Non assolto
Incombe sul danneggiato l’onere della prova del nesso di causalità tra la cosa in custodia (pista da sci non mantenuta correttamente) e l’evento pregiudizievole (impatto di uno sciatore con neve fresca a causa di caduta autonoma). (nel caso di specie, una sciatrice, durante una discesa, perdeva il controllo della traiettoria impattando contro un cumulo di neve fresca non trattata. Il giudice, premesso un breve excursus in merito alla natura del rapporto tra gestore dell’area sciabile e sciatore, rileva la sussistenza del regime di responsabilità ex art. 2051 c.c., escludendola, in concreto, al gestore medesimo, atteso che l’attrice non aveva adeguatamente provato il nesso di causalità tra la cosa (pista da sci non mantenuta correttamente) e il pregiudizio; non vi era altresì prova che nello stesso giorno fossero occorsi altri sinistri del medesimo tipo addebitabili allo stato della pista).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Campobasso in persona del Giudice Istruttore in funzione di giudice monocratico, dott. Margherita Cardona Albini ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n. 1032/2006 R.G., avente ad oggetto: risarcimento danni, trattenuta in decisione all’udienza del 02.07.2013 e vertente
TRA
L.M., rappresentata e difesa dall’avv. Filippo Gianfranco Tisci in virtù di mandato in atti
ATTORE
E
Consorzio Campitello Matese s.c.p.a., in persona del liquidatore p.t., elettivamente domiciliato in Campobasso presso e nello studio dell’avv. Vittorio Di Mauro che lo rappresenta e difende in virtù di mandato in atti unitamente all’avv. Giovanni Fiorella.
CONVENUTO
NONCHE’
Fondiaria Sai S.p.A., in persona del legale rapp.te p.t. , rappresentata e difesa dagli avv.ti Antonio Pietrunti e Mario Pietrunti che la rappresentano e difendono in virtù di mandato in atti.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con atto di citazione notificato il 26.05.2006 la signora L.M. conveniva in giudizio il Consorzio Campitello Matese in qualità di ente deputato alla cura e manutenzione delle piste da sci del comprensorio della zona onde sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti in conseguenza del sinistro occorso in data 01.01.2005 mentre si trovava a sciare sulla pista denominata “Del Caprio” cadeva imbattendosi in un cumulo di neve fresca, non trattata.
A sostegno della domanda risarcitoria esponeva che l’evento era da ascriversi alla responsabilità della convenuta a causa del difetto di manutenzione della zona e del pessimo stato di conservazione . L’attrice riportava lesioni personali consistenti nella distorsione del ginocchio sinistro nonché la lesione completa dei legamenti.
Si costituiva la convenuta evidenziando l’infondatezza dell’azione in quanto successivamente ai fatti di causa non veniva riscontrato sui luoghi alcun cumulo di neve o delle condizioni di impraticabilità della pista.
Concessi i termini per l’articolazione dei mezzi istruttori, espletata la prova orale come richiesta, espletata ctu tecnica, la causa veniva trattenuta in decisione.
Il fondamento della responsabilità del gestore della pista da sci è molto discusso in dottrina e giurisprudenza: parte attrice ha al riguardo svolto una deduzione omnicomprensiva dei vari criteri di imputazione ipotizzabili.
Uno degli orientamenti tra i più consolidati della Corte di Cassazione (cfr. Cass. 6 febbraio 2007, n. 2563) ha affermato la natura contrattuale della responsabilità, anche con riguardo ad eventi dannosi verificatisi nella fase di discesa, e non limitatamente alla fase di trasporto a monte mediante gli impianti di risalita, come già affermato da alcune pronunce di merito (cfr. Trib. Pinerolo 18 ottobre 2000, n. 507, Trib. Modena 12.11.1990) e, senza però trarne le necessarie conseguenze in tema di responsabilità, da Cass. 15.2.2001, n. 2216.
La causa ravvisabile in tale negozio infatti è non tanto il trasporto, quanto l’attività complessiva che consiste nel poter salire e scendere, ovvero di un trasporto funzionale all’attività sciistica su piste sicure.
In particolare la Corte ha qualificato il rapporto negoziale intercorrente tra l’utente ed il gestore dell’area sciabile attrezzata, “nella misura in cui il gestore dell’impianto assume anche, come di regola, il ruolo di gestore delle piste servite dall’impianto di risalita” come contratto atipico di “ski-pass”, che “consente allo sciatore l’accesso, dietro corrispettivo, ad un complesso sciistico al fine di utilizzarlo liberamente ed illimitatamente per il tempo convenzionalmente stabilito” ed ha ravvisato l’obbligo a carico del gestore “della manutenzione in sicurezza della pista medesima e la possibilità che lo stesso sia chiamato a rispondere dei danni prodotti ai contraenti determinati da una cattiva manutenzione della pista, sulla scorta delle norme che governano la responsabilità contrattuale per inadempimento, sempre che l’evento dannoso sia eziologicamente dipendente dalla suddetta violazione e non, invece, ascrivibile al caso fortuito riconducibile ad un fatto esterno al sinallagma contrattuale” (nozione quest’ultima comprensiva, secondo la Corte, della autonoma determinazione del sinistro per grave imprudenza ed imperizia dimostrate dal danneggiato).
La ricostruzione operata dalla Cassazione trova conforto normativo nella (pur ermetica) disciplina della L. n. 363 del 2003, che regolamenta unitariamente gli obblighi dei gestori con riferimento all’intera area sciabile attrezzata.
La citata giurisprudenza, muovendo dalla medesima ricostruzione unitaria del fenomeno, ha ravvisato anche la sussistenza della responsabilità extracontrattuale per cose in custodia ai sensi dell’art. 2051 c.c., da intendersi in rapporto di cumulatività e non di alternatività rispetto a quella contrattuale.
In particolare ha affermato la Corte (nella citata Cass. 6 febbraio 2007, n. 2563) che “La responsabilità prevista dall’art. 2051 cod. civ. per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo e, ai fini della sua configurabilità, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa (e, perciò, anche per le cose inerti) e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza”.
Non appare invece condivisibile l’ulteriore orientamento, attualmente minoritario, che ravvisa nella gestione delle aree sciistiche una attività pericolosa in sé, riconducibile al criterio di responsabilità dell’art. 2050 c.c., dovendo verificarsi in concreto l’eventuale attitudine a recare danno, conseguente a situazioni atipiche di rischio, nella fattispecie non ravvisabili, per quanto si osserverà.
Preliminare all’accertamento della sussistenza della responsabilità secondo i differenti criteri di imputazione ravvisati è la determinazione di quale sia l’ambito dell’obbligo di garanzia del gestore delle piste di sci, sotto il profilo sia dell’oggetto della sua obbligazione contrattuale, sia della individuazione dei limiti di estensione della “cosa” soggetta al suo potere e pertanto alla custodia. Va infatti precisato che, se la responsabilità ex art. 2051 c.c. si fonda non su di una presunzione iuris tantum di colpa, bensì sull’accollo al custode dei rischi dei danni non riconducibili al fortuito, quindi su un criterio di responsabilità oggettiva dipendente dal rapporto eziologico secondo il criterio di causalità adeguata, è altresì necessario che la “cosa” che ha cagionato il danno sia soggetta alla signoria ed al conseguente potere / dovere di controllo del custode.
Al riguardo occorre in primo luogo evidenziare come il sistema dei comprensori sciistici comprenda componenti naturali (il pendio, la neve, ecc.) ed artificiali (impianti di risalita che attraversano il tracciato di discesa, postazioni fisse e mobili di innevamento artificiale, manufatti di servizio o di deposito, ecc.) sicuramente soggetti alla manutenzione ed al controllo del gestore. Le piste, a loro volta, sono inserite nell’ambiente naturale, che può presentare, all’esterno dei tracciati sciabili, caratteristiche molto variabili (boschi, rocce, pendii, corsi d’acqua, e così via), e subiscono l’influsso della componente climatica tipicamente invernale (nevicate, vento, nebbia, spesso con mutamenti repentini).
Il potere di controllo, e conseguentemente la responsabilità del gestore, non può ritenersi esteso alle situazioni di rischio naturale “esterno” normalmente esistenti, ossia a quelle a cui lo sciatore accetta di esporsi nel momento in cui decide di praticare un’attività sportiva peculiare quale quella sciistica. Ne consegue che, se deve ravvisarsi una sicura responsabilità nel caso di danno causato da inadeguata manutenzione della pista, ovvero dall’urto con ostacoli artificiali non adeguatamente segnalati e protetti (con reti, materassi, ecc.), non potrà ritenersi esigibile, sia sotto il profilo del corretto adempimento, sia dell’oggetto del potere di signoria da parte del custode, l’eliminazione dei rischi naturali c.d. tipici, quali la presenza di zone alberate ai fianchi del tracciato, la mutevolezza del pendio, la presenza di tratti nevosi di differente consistenza, ecc., essendo sufficiente la segnalazione nel caso di non immediata percepibilità. I criteri esposti trovano indiretta conferma nella L. n. 363 del 2003, che all’art. 3, 1 co., prevede che “I gestori…assicurano agli utenti la pratica delle attività sportive e ricreative in condizioni di sicurezza… I gestori hanno l’obbligo di proteggere gli utenti da ostacoli presenti lungo le piste mediante l’utilizzo di adeguate protezioni degli stessi e segnalazioni della situazione di pericolo”.
Precisa quindi l’art. 7 che “Qualora la pista presenti cattive condizioni di fondo, il suo stato deve essere segnalato. Qualora le condizioni presentino pericoli oggettivi dipendenti dallo stato del fondo o altri pericoli atipici, gli stessi devono essere rimossi, ovvero la pista deve essere chiusa.”
Nel caso di specie, la prova orale espletata ha permesso di verificare che lo stato della neve, a dire dei testi escussi era “farinoso” e forse inadatto a sciatori non esperti (aggiunge il teste G. intervenuto sui luoghi per specifica competenza dopo il sinistro). Il teste G., della cui deposizione non si ha ragione di dubitare considerata altresì la sua professionalità e le competenze sui luoghi, ha ancora precisato che però il tratto ove si verificava il sinistro non era interessato da avvallamenti o cumuli, tantomeno non segnalati.
Al contrario il teste D.B., compagno della attrice, ha parlato di un cumulo di neve che, successivamente al sinistro, non è stato riscontrato sui luoghi.
Considerato il legame tra il teste D.B. e l’attrice deve ritenersi maggiormente attendibile ed oggettiva la deposizione del teste G. in assenza di altri riscontri oggettivi acquisiti al processo e di altre testimonianze del medesimo tenore di quella del D.B..
Pertanto, la domanda non può essere accolta per carenza di prova del nesso di causalità tra la cosa (pista da sci non mantenuta correttamente) ed il pregiudizio che, nel caso di specie, deve pertanto ascriversi ad una caduta accidentale.
Non vi è prova, inoltre, che nello stesso giorno siano avvenuti o stati segnalati altri sinistri del medesimo tipo addebitabili allo stato della pista.
La caratteristica della neve è mutevole con riguardo all’orario della giornata e, considerata l’ora del sinistro, deve ricordarsi in questa sede che è fatto notorio che se la giornata è serena come nel caso di specie è accaduto, il sole riscalda e produce la modificazione naturale dello stato della neve, specie all’ora in questione.
Pertanto, risulta essere di conoscenza comune la circostanza che si scia meglio e con meno pericolo di caduta nelle prime ore del mattino.
Ogni scelta differente è rimessa al principio di autoresponsabilità, così come le conseguenze che derivano da tali scelte che non possono essere addossate al gestore della pista che assume su di se degli obblighi precauzionali specifici con riguardo a pericoli oggettivi e non soggettivi.
Le spese di giudizio vanno compensate integralmente tra le parti considerata la peculiarità dell’accertamento e l’oscillazione della giurisprudenza sull’onus probandi in subiecta materia.
P.Q.M.
Il Tribunale di Campobasso non definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da L.M. nei confronti del Consorzio Campitello Matese ed altri così provvede:
1) Rigetta la domanda;
2) Spese compensate.
Così deciso in Campobasso, il 13 gennaio 2014.
Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2014.