Tribunale Reggio Emilia, sentenza 28 aprile 2017

Tribunale Reggio Emilia, sentenza 28 aprile 2017, Giud. Chiara Zompi, X (Avv. Della Valle) c. Y (Avv. Nardomarino), Volo Club Alfa (Avv. Neri), Inps (Avv. Barusi).

 

Responsabilità civile – Volo sportivo – Deltaplano – Infortunio al trasportato – Responsabilità per l’esercizio di attività pericolosa del proprietario-conducente – Sussiste (Cod. civ., art. 2050)

 

Responsabilità civile – Volo sportivo – Responsabilità per l’esercizio di attività pericolosa del proprietario-conducente – Prova della pericolosità – Sussiste (Cod. civ., art. 2050)

 

Il proprietario di un deltaplano che si pone alla guida del velivolo, privo del necessario attestato di idoneità al pilotaggio e dell’abilitazione al volo con passeggero a bordo, risponde quale esercente un’attività pericolosa ai sensi dell’art. 2050 c.c. delle lesioni cagionate al trasportato in esito a un incidente occorso durante la fase di atterraggio del volo. (1)

 

Perché si abbia responsabilità per l’esercizio di attività pericolosa nel caso di navigazione aerea, occorre accertare in concreto se il trasporto aereo si è svolto in condizioni ordinarie o in condizioni anomale, per verificare se abbia o meno costituito un’attività pericolosa, ponendo a carico di colui che  esercita detta attività la presunzione di responsabilità per i danni cagionati nello svolgimento di dell’attività medesima, con l’onere di provare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno (Nella specie, il pilota, privo del prescritto attestato di idoneità al pilotaggio VDS – DPR 133 del 9.7.2010, art. 7, e degli ulteriori requisiti necessari per l’abilitazione all’uso di apparecchi biposto con passeggero a bordo, non ha fornito la prova di aver posto in essere tutte le misure idonee ad evitare il danno). (2)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI REGGIO EMILIA

SEZIONE CIVILE

 

in composizione monocratica, nella persona del Dott.ssa Chiara Zompi ha emesso la seguente

 

SENTENZA

nella causa iscritta al n. r.g. 111013/2012, tra

 

X, rappresentato e difeso dall’Avv. Carla Della Valle,

– attore

E

 

Y, rappresentata e difesa dall’Avv. Nicola Nardomarino,

-convenuta

 

Volo Club Alfa, rappresentata e difesa dall’Avv. Alberto Neri,

 -terza chiamata

 

INPS, rappresentata e difesa dell’Avv. Nilla Barusi,

intervenuta

 

Oggetto: responsabilità per l’esercizio di attività pericolosa ex art 2050 c.c.

 

 

Motivi della decisione e svolgimento del processo

Con atto di citazione ritualmente notificato, X conveniva in giudizio, innanzi all’intestato Tribunale, Y per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, sofferti in conseguenza dell’infortunio occorsogli in data 27.6.2011, mentre si trovava, come passeggero, a bordo del velivolo (deltaplano a motore) condotto dal convenuto.

Esponeva in particolare l’attore che, alle ore 19.30 del giorno indicato, si era recato insieme al Y presso il Volo Club “Alfa” di Suzzara ove quest’ultimo teneva ricoverato un deltaplano di sua proprietà; che il convenuto lo aveva invitato a “fare un giro”, rassicurandolo sulle proprie capacità di pilota; che i due erano quindi saliti a bordo del deltaplano, il Y nel posto di guida, ed erano partiti; che tuttavia il velivolo, mentre si trovava in fase di atterraggio, era precipitato al suolo cagionando ad esso attore le lesioni meglio descritte nei certificati medici prodotti in atti.

Assumeva l’attore che l’incidente era stato cagionato dalla condotta gravemente imprudente del convenuto il quale lo aveva trasportato a bordo del suo deltaplano nonostante fosse privo del necessario attestato di idoneità al pilotaggio VDS, della assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile e della abilitazione al volo con passeggero a bordo.

Deduceva pertanto la responsabilità del convenuto per violazione del principio fondamentale del neminem laedere (art. 2043 c.c.) e per esercizio di attività pericolose (art. 2050 c.c.).

Si costituiva in giudizio il Y, negando la propria responsabilità nel sinistro oggetto di causa e assumendo che lo stesso era stato causato da una “improvvisa e imprevedibile folata di vento abbattutasi sul velivolo”, integrante gli estremi del caso fortuito; chiedeva pertanto il rigetto della domanda attorea in quanto infondata sia nell’an sia nel quantum debeatur.

Con comparsa depositata in Cancelleria in data 2.9.2013, interveniva volontariamente in giudizio I.N.P.S. che, avendo già provveduto ad erogare all’attore per mezzo del suo datore di lavoro la somma di E. 5.729,96 a titolo di indennità di malattia, chiedeva di surrogarsi nei diritti del danneggiato verso i responsabili dell’illecito ai sensi dell’art. 1916 c.c.; per l’effetto chiedeva la condanna del Y e, previa sua chiamata in causa, della associazione Volo Club Alfa al pagamento della complessiva somma di E. 6.813,08.

Il precedente G.I. autorizzava la chiamata e si costituiva in giudizio anche l’associazione sportiva Volo Club Alfa di Suzzara, eccependo in via preliminare l’inammissibilità della propria chiamata in giudizio in quanto richiesta dall’interveniente volontario.

Nel merito, contestava ogni addebito e chiedeva in rigetto della domanda proposta nei suoi confronti.

Nel corso del giudizio, espletati gli incombenti di cui all’art. 183 c.p.c., il G.I. ammetteva le prove per interrogatorio formale e per testi dedotte dalle parti, disponendo, successivamente, c.t.u. medico-legale sulla persona dell’attore.

Infine, all’udienza del 22.12.2016, il G.I., in funzione di Giudice Unico, sulle conclusioni precisate dai procuratori delle parti, tratteneva la causa in decisione a norma dell’art. 190 c.p.c.

Giova anzitutto procedere alla qualificazione della domanda proposta dall’attore nei confronti del convenuto Y e della responsabilità a quest’ultimo ascritta.

Il X ha allegato, da un lato, il fatto che il danno si era verificato nel corso di un volo su un deltaplano a motore (tecnicamente qualificato come VDS, ossia mezzo impiegato per il volo da diporto o sportivo) e, dall’altro, l’inesperienza e la mancanza di certificata idoneità al volo del conducente, prospettando una responsabilità del convenuto ex art. 2043 c.c. e, in alternativa, per danni da attività pericolosa ex art. 2050 c.c.

Quanto a tale ultimo titolo di responsabilità, occorre osservare che la Suprema Corte ha più volte precisato che la navigazione aerea non è considerata dal legislatore come un’attività pericolosa, né può ritenersi che essa (per la sua natura, le caratteristiche dei mezzi adoperati o la sua spiccata potenzialità offensiva) possa definirsi oggettivamente pericolosa, tenuto conto che attraverso di essa si esercita un trasporto ampiamente diffuso, considerato, rispetto agli altri, con un basso indice di rischio, in astratto ed in generale. Tuttavia, in concreto tale pericolosità sussiste tutte le volte in cui tale attività non rientri nella normalità delle condizioni previste, in osservanza dei piani di volo, di condizioni di sicurezza, di ordinarie condizioni atmosferiche, con conseguente applicabilità della disposizione dell’art. 2050 cod. civ., tutte le volte in cui la navigazione aerea risulti esercitata in condizioni di anormalità o di pericolo (Cass. n. 22822 del 2010; Cass. n. 10551 del 2002; Cass. n. 11234 del 1997).

In quest’ottica, la giurisprudenza di merito ha affermato che il volo di addestramento effettuato con un apparecchio per il volo da diporto o sportivo dotato di un motore “non specificamente indicato per impieghi aeronautici” costituisce attività pericolosa ai sensi dell’art. 2050 c.c. (così Trib. Roma, 22/05/2002).

Occorre pertanto accertare, in concreto, se il trasporto aereo oggetto del presente giudizio sia stato svolto in condizioni ordinarie o in condizioni anomale, così da chiarire se abbia o meno costituito attività pericolosa.

A tal fine si rileva che l’attore ha allegato – e sul punto non vi è contestazione – che il pilota non era in possesso del prescritto attestato di idoneità al pilotaggio VDS (DPR 133 del 9.7.2010, art. 7) né degli ulteriori requisiti necessari per l’abilitazione all’uso di apparecchi biposto con passeggero a bordo.

Ebbene, tra le specificità del caso concreto va senz’altro annoverata l’inesperienza del pilota che evidentemente rende pericolosa l’attività di volo.

L’intrinseca pericolosità dell’attività, tra l’altro, è stata espressamente confermata dallo stesso convenuto il quale, in comparsa di risposta, ha dedotto che il X era salito sul deltaplano “assumendosi il rischio di partecipare ad una attività pericolosa”.

Ciò premesso, com’è noto, l’art. 2050 cod. civ. pone a carico di chi esercita un’attività pericolosa la presunzione di responsabilità per i danni cagionati nello svolgimento della medesima e richiede per la sua applicabilità l’esistenza di un nesso causale tra l’esercizio dell’attività stessa e l’evento dannoso, la cui prova dev’essere fornita dal danneggiato che agisce per il risarcimento dei danni; resta, poi, a carico del danneggiante l’onere di provare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno (v. ad es. Cass, n. 7177 del 24/06/1995; Cass. n. 4792 del 02/04/2001).

Detto questo, ai fini della decisione, occorre osservare come, nel caso di specie, tra le parti non vi sia alcuna contestazione in ordine al fatto che l’incidente si sia verificato in occasione e in conseguenza dell’esercizio di un volo da diporto.

Il convenuto, infatti, sul punto, si è limitato a sostenere che la caduta non era da ascrivere ad una errata manovra di guida del pilota, bensì ad un evento fortuito ed imprevedibile, rappresentato da una improvvisa e violenta folata di vento.

Sennonché nessuna prova ha offerto il Y della predetta circostanza la quale è rimasta, anche all’esito dell’istruttoria, del tutto priva di riscontri.

La tesi difensiva del convenuto risulta inoltre smentita dalla deposizione della teste Cecco Filomena, moglie dell’attore, la quale sul punto ha dichiarato: “ricordo che il velivolo fece un breve giro in volo e poi iniziò a scendere in velocità (…). Era evidente che il velivolo viaggiava a velocità eccessiva, tanto che io e la moglie del Y pensammo che si sarebbe rialzato in volo. Invece il deltaplano non si rialzò e lo vedemmo cadere in picchiata. Io ho visto tutta la fase di volo e non ho notato un brusco spostamento del mezzo imputabile ad una folata di vento, ho notato solo una velocità eccessiva”.

Ebbene, tale deposizione, non smentita da alcun elemento istruttorio di segno contrario, evidenzia come non si sia verificato alcun evento anomalo, ma soltanto la perdita di controllo dell’aereo in fase di discesa da parte di un pilota inesperto.

Né il Y ha provato o si è offerto di provare di aver adottato tutte le misure necessarie ad evitare il danno.

Sulla scorta di quanto sopra esposto, deve per ciò ritenersi positivamente soddisfatto l’onere probatorio imposto all’attore dalla norma speciale di cui all’art. 2050 c.c., mentre altrettanto non può dirsi con riferimento all’onus probandi gravante sul convenuto, quale soggetto esercente attività pericolosa.

La responsabilità del Y risulta inoltre accertata all’esito del procedimento penale instaurato a suo carico a seguito fatti oggetto di causa, che si è concluso con sentenza di condanna n. 19/15 emessa in data 21.10.2015 dal G.d.P. di Mantova e prodotta dall’attore in corso di causa.

Pertanto, alla luce delle superiori argomentazioni, va affermata la responsabilità del convenuto in ordine ai fatti di cui è causa e, per l’effetto, egli va condannato al risarcimento dei danni sofferti dal X.

Passando alla liquidazione del danno non patrimoniale da lesione dell’integrità psico-fisica (cd danno biologico), esso va liquidato sulla scorta delle condivisibili le conclusioni cui è pervenuto il C.T.U. all’esito delle specifiche indagini condotte sul periziando.

Il C.T.U., dopo aver positivamente riscontrato le lamentate lesioni all’integrità psicofisica dell’attore (“attualmente residuano gli esiti di una resezione chirurgica di un tratto dell’intestino tenue (ileo terminale), con ricorrente sintomatologia dolorosa addominale e turbe dell’alvo; residua inoltre una estesa cicatrice chirurgica da laparatomia, con pregiudizio estetico ed indebolimento della parete addominale stessa”) e la loro compatibilità eziologica con la dinamica del sinistro, ha stimato nella misura percentuale del 10-11% i postumi invalidanti permanenti residuati in capo al X.

Non trattandosi di sinistro da circolazione di veicoli, detto danno va liquidato in base ai parametri elaborati dal Tribunale di Milano nelle tabelle del 2014 e recepite anche da questo Ufficio, le quali prevedono una liquidazione cd. congiunta del pregiudizio non patrimoniale, comprensivo cioè tanto dell’aspetto cd. biologico nella sua accezione dinamico relazionale, quanto dell’aspetto morale soggettivo.

In base ai suddetti parametri tabellari, una invalidità del 10-11% in un soggetto di anni 35 all’epoca del fatto comporterà una liquidazione del danno biologico, all’attualità, di E.24.740,00 (valore medio).

Per quanto concerne il danno da inabilità temporanea, applicando i suddetti parametri tabellari che prevedono la liquidazione di un importo compreso in una forbice tra E 96,00 e E 145,00, deve essere riconosciuta all’attore, a titolo di ITT, la somma di E. 1.560,00 (E.120,00 per 13 gg.), a titolo di ITP al 75%, la somma di E 1.800,00 (gg. 20 per E 120,00 per 75%), la somma di E 1.800,00 a titolo di ITP al 50% (gg. 30 per E 120,00 per 50%) e a titolo di ITP al 25% la somma di E. 900,00 (gg. 30 per E. 120,00 per 25%), sempre con valutazione all’attualità, per un totale di E. 6.060,00.

L’importo complessivamente dovuto a titolo di danno non patrimoniale ammonta dunque ad E. 30.800,00. (E.24.740+E.6.060).

Trattandosi di somme liquidate all’attualità e, quindi, già rivalutate, all’attore va riconosciuto soltanto sui predetti importi, a titolo di risarcimento dell’ulteriore danno da perdita del bene o da ritardato pagamento della somma dovuta, un interesse a un tasso medio tra quelli prescelti dal legislatore, da una data intermedia tra quella del fatto (27.6.2011) e quella della presente decisione (27.4.2017).

Nel caso di specie, il tasso medio può essere individuato nella misura del 1,5% dalla data intermedia del 27.5.2014.

Per quel che concerne il danno patrimoniale, sempre sulla scorta delle conclusioni rassegnate dal c.t.u., devono ritenersi congrue e giustificate le spese mediche documentate per il complessivo importo di E.508,95.

Trattandosi di importo come sopra liquidato a titolo di danno patrimoniale e quindi di debito di valore non liquidato all’attualità, esso va rivalutato secondo gli indici ISTAT dalla data del fatto a quella della presente decisione.

Inoltre, va riconosciuto a parte attrice l’ulteriore risarcimento del danno da tardivo pagamento dell’importo dovuto da liquidarsi in via equitativa mediante riconoscimento degli interessi legali maturati dalla data del fatto a quella della presente decisione, da applicarsi sulla sorte capitale progressivamente rivalutata.

Nulla può invece essere riconosciuto all’attore per il disagio sofferto a causa della mancata fruizione delle ferie estive non avendo il X fornito nessun verosimile criterio per procedere alla liquidazione, anche in via equitativa, di tale pregiudizio.

Quanto poi ai danni sofferti dalla moglie, dai genitori e dal fratello, difetta evidentemente la legittimazione attiva del X a chiederne il ristoro, trattandosi di diritto altrui.

Sulle somme come sopra complessivamente determinate, spettano a parte attrice gli ulteriori interessi di legge dalla presente decisione al saldo.

Va invece dichiarata la inammissibilità della domanda risarcitoria, su cui l’attore ha insistito anche in sede di precisazione delle conclusioni, proposta in via estensiva nei confronti del terzo chiamato Volo Club.

Ed invero, a verbale dell’udienza del 3.10.2013, l’attore, “preso atto dell’intervento dell’INPS con chiamata in causa del Volo Club Alfa sia come obbligato in solido con i propri associati per i danni provocati nello svolgimento della pratica sportiva, sia per avere il medesimo Volo Club violato la normativa in vigore, associando soggettivi privi dei requisiti previsti dalla legge, incorrendo, pertanto, in un’ipotesi di responsabilità oggettiva per le attività svolte dagli associati e, in subordine, anche per gli obblighi di vigilanza per le cose in custodia”, dichiarava di condividere le ipotesi di responsabilità così come configurate dall’INPS a carico del terzo chiamato e di voler estendere le proprie domande a quest’ultimo.

Ebbene, come eccepito dalla terza chiamata, la predetta domanda trova fondamento in fatti costitutivi (sussistenza del vincolo associativo, qualità di custode) e in ragioni di diritto (responsabilità solidale dell’associazione per il fatto dell’associato, responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.) del tutto diversi rispetto a quelli (responsabilità per fatto proprio colposo, responsabilità per l’esercizio di attività pericolosa) allegati nell’atto introduttivo e posti a fondamento della domanda risarcitoria promossa nei confronti del convenuto Y, con la conseguenza non solo che la domanda attorea non può ritenersi automaticamente estesa al terzo chiamato, ma anche che tale domanda, espressamente estesa al terzo chiamato, non può che fondarsi su una causa petendi differente rispetto a quella originariamente posta a fondamento del giudizio.

Giova rammentare, infatti, che, facendo applicazione del noto criterio di distinzione tra “mutatio” ed “emendatio libelli” in relazione alla specifica ipotesi di estensione della domanda attorea nei confronti del terzo chiamato in causa, la Suprema Corte ha avuto modo di stabilire che “il principio dell’estensione automatica della domanda dell’attore al chiamato in causa da parte del convenuto trova applicazione allorquando la chiamata del terzo sia effettuata al fine di ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa dell’attore, in ragione del fatto che il terzo s’individui come unico obbligato nei confronti dell’attore ed in vece dello stesso convenuto, realizzandosi in tal caso un ampliamento della controversia in senso soggettivo (divenendo il chiamato parte del giudizio in posizione alternativa con il convenuto) ed oggettivo (inserendosi l’obbligazione del terzo dedotta dal convenuto verso l’attore in alternativa rispetto a quella individuata dall’attore), ma ferma restando, tuttavia, in ragione di detta duplice alternatività, l’unicità del complessivo rapporto controverso. Il suddetto principio, invece, non opera, allorquando il chiamante faccia valere nei confronti del chiamato un rapporto diverso da quello dedotto dall’attore come “causa petendi” ed in particolare, ove l’azione dell’attore sia di natura risarcitoria, qualora venga dedotto un titolo di responsabilità del terzo verso l’attore diverso da quello da lui invocato, al fine non già dell’affermazione della responsabilità diretta ed esclusiva del terzo verso l’attore sulla base del rapporto dedotto dal medesimo, bensì allo scopo di ottenere, sulla base del diverso rapporto di responsabilità allegato, il rilievo dalla responsabilità invocata dall’attore con la domanda introduttiva della lite; e in questo secondo caso resta ferma l’autonomia sostanziale dei due rapporti confluiti nello stesso processo” (Cass. Civ. n. 1748 del 28/01/2005).

Facendo applicazione del principio sopra enunciato al caso che occupa, deve rilevarsi come l’attore e l’interveniente abbiano inteso far valere nei confronti del terzo chiamato Volo Club un titolo di responsabilità del tutto diverso da quello originariamente invocato nei confronti del convenuto.

Conseguentemente, sulla scorta dei generali principi processual-civilistici ed in particolare del divieto di “mutatio libelli”, così come elaborato dalla giurisprudenza di legittimità, la domanda avanzata dall’attore nei confronti del terzo chiamato in causa Volo Club va considerata, nel caso di specie, come domanda nuova, e, in quanto tale, inammissibile.

Né può ritenersi che detta domanda sia conseguenze delle eccezioni del convenuto, atteso che quest’ultimo nulla ha dedotto in punto di responsabilità, alternativa o solidale, del Volo Club.

A questo punto non resta che valutare la ritualità dell’intervento in giudizio operato da I.N.P.S e, quindi, l’ammissibilità e la fondatezza della domanda da quest’ultimo formulata sia nei confronti del convenuto Y che del terzo chiamato associazione Volo Club Alfa.

Occorre, anzitutto, precisare che, costituendosi in giudizio, I.N.P.S. ha espressamente proposto, sia nei confronti del convenuto che nei confronti del terzo chiamato, una domanda di surroga ex art. 1916 c.c., effettuando, quindi, un intervento giuridicamente qualificabile, ex art. 105 c.p.c., in termini di intervento volontario c.d. principale.

Ciò premesso, deve osservarsi che, secondo il costante insegnamento della Corte di legittimità (Cass. 11757 del 2011; Cass. S.U. n. 10274 del 2009; Cass. n. 14901/2002; Cass. n. 13063/2004; Cass. n. 4805/2006) il diritto che, ai sensi dell’art. 105 c.p.c., comma 1, il terzo può far valere in un giudizio pendente tra altre parti, deve essere relativo all’oggetto sostanziale dell’originaria controversia, da individuarsi con riferimento al petitum ed alla causa petendi, ovvero dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo a fondamento della domanda giudiziale originaria, restando irrilevante la mera identità di alcune questioni di diritto, la quale, configurando una connessione impropria, non consente l’intervento del terzo nel processo.

Nel caso di specie l’oggetto della causa principale, promossa dal X nei confronti del Y quale pilota del velivolo su cui il primo viaggiava come trasportato, è costituito dal risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale.

La domanda dell’INPS che, in conformità con quanto espressamente affermato dall’Istituto, va qualificata come azione di surroga ai sensi dell’art. 1916 c.c., ha per oggetto la restituzione di quanto erogato dall’Istituto, tramite il datore di lavoro, al X a titolo di prestazioni assicurative (indennità di malattia).

Si tratta di domanda che, sia in relazione al petitum, sia con riferimento alla causa petendi, non è riconducile all’oggetto della domanda principale secondo i parametri sopra individuati.

In applicazione dei suddetti principi deve ritenersi, in accoglimento dell’eccezione sollevata dal terzo chiamato, la inammissibilità della domanda proposta dall’INPS nei confronti sia del Y sia del Volo Club, ogni altro profilo di censura assorbito.

Per completezza si rileva altresì la tardività del deposito del fascicolo di parte dell’interveniente avendovi INPS provveduto solo il 13.4.2017, ossia ben oltre la scadenza del termine per il deposito della comparsa conclusionale (20.2.2017) e anche della memoria di replica (13.3.2017), mentre ai sensi dell’art. 169 c.p.c. la restituzione del fascicolo di parte ritirato, come nel caso di specie, all’udienza di precisazione delle conclusioni, deve avvenire entro il termine di 60 giorni assegnato, ex art. 190 c.p.c., per il deposito della comparsa conclusionale.

Com’è noto, la violazione dell’art. 169 c.p.c., pur comportando una mera irregolarità processuale che non esonera il Giudice dal pronunciarsi sul merito della causa (sul tema: Cass.n.10566/2007; n.12317/2004), rende inutilizzabili i documenti contenuti nel fascicolo di parte che non sia stato tempestivamente ridepositato.

Nel caso di specie, l’inutilizzabilità della documentazione prodotta da I.N.P.S. (che non risulta riprodotta da alcuna delle altre parti né è agli atti del fascicolo d’ufficio) priva di ogni supporto probatorio la domanda di surroga avanzata dall’Istituto, mancando la prova della durata della malattia e delle prestazioni assicurative erogate al lavoratore.

Infine, per quanto concerne le spese di lite, in ossequio al generale principio della soccombenza, il convenuto Y va condannato alla loro rifusione in favore dell’attore, mentre INPS va condannata alla rifusione delle dette spese in favore del terzo chiamato Volo Club Alfa.

Le spese di c.t.u., liquidate come in atti, vanno poste definitivamente a carico del convenuto Y.

P.Q.M.

Definitivamente decidendo:

1) – dichiara la responsabilità del convenuto Y in ordine ai fatti di cui è causa, e, per l’effetto

2) – condanna il convenuto al pagamento in favore dell’attore X a titolo del risarcimento del danno non patrimoniale, della complessiva somma di E. 30.800,00 oltre interessi al tasso dell’1,5% dalla data intermedia del 27.5.2014 a quella della presente decisione, nonché, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, della somma di E. 508,95 oltre rivalutazione monetaria dalla data del fatto a quella delle presente decisione e interessi di legge maturati nel medesimo periodo sulla sorte capitale progressivamente rivalutata, il tutto oltre gli ulteriori interessi di legge dalla decisione al saldo;

3) – dichiara l’inammissibilità dell’intervento volontario spiegato da I.N.P.S.;

4) – dichiara l’inammissibilità della domanda risarcitoria proposta dall’attore in via di estensione nei confronti del terzo chiamato Volo Club Alfa Suzzara;

5) – condanna il convenuto Y al rimborso in favore dell’attore delle spese di lite liquidate in E. 7.254,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge;

6) – condanna l’interveniente INPS al rimborso in favore del terzo chiamato Volo Club Alfa delle spese di lite liquidate in E. 7.254,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge;

7) – pone le spese di c.t.u., liquidate come in atti, definitivamente a carico del convenuto Y.

 

Reggio Emilia, 26 aprile 2017

 

Depositata il 28 aprile 2017.

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