TRIBUNALE TRENTO; sentenza 15 maggio 2018, n. 473.

TRIBUNALE TRENTO; sentenza 15 maggio 2018, n. 473.

Responsabilità civile – Skilift – Gestore dell’area sciabile – Contratto per la fruizione delle aree sciabili  – Contratto di trasporto – Inadempimento del contratto – Applicabilità dell’art. 1218 c.c. – Prova della causa non imputabile – Sussiste

Il contratto di trasporto è strumentale alla realizzazione della causa del contratto di skipass, costituita dal fine di svago e divertimento: l’utilizzo degli impianti di risalita (cioè il trasporto) è funzionale alla pratica dello sci, la quale realizza lo scopo ricreativo che persegue l’utente quando acquista il biglietto giornaliero. Se quindi il contratto di skipass ha nella sua struttura un contratto di trasporto, in linea teorica il gestore dell’impianto sarebbe tenuto ad un doppio regime di responsabilità: il regime della responsabilità del vettore di cui all’art. 1681 cod. civ., per quanto riguarda l’inadempimento alla prestazione di trasporto, e il regime ordinario di cui all’art. 1218 cod. civ., per quanto riguarda l’inadempimento a tutte le altre prestazioni. Tuttavia, una simile conclusione collide con quella teoria, cd dell’assorbimento, seguita dalla giurisprudenza in materia di contratti misti: in forza di tale teoria, infatti, al contratto misto non si estendono le singole discipline delle varie tipologie contrattuali che lo compongono, bensì si applica in via esclusiva la disciplina del tipo negoziale prevalente, ovvero la disciplina del negozio che individua la causa dell’intera operazione negoziale. Il medesimo principio dell’assorbimento può essere esteso al contratto di skipass con la conseguenza che, in punto di responsabilità, ad esso si dovrà applicare un unico regime, che non potrà certo essere quello dettato per il contratto strumentale e secondario di trasporto, bensì dovrà essere quello previsto in via ordinaria dall’art. 1218 cod. civ.

 

Fatto

Con atto di citazione ritualmente notificato, il Sig. M.R. conveniva in giudizio dinanzi all’intestato Tribunale la società F.B. S.P.A., ente gestore degli impianti di risalita presso Pera di Fassa (TN), chiedendo che fosse accertata la responsabilità contrattuale ovvero extracontrattuale in ordine al sinistro che l’aveva coinvolto, e che la soc. convenuta fosse condannata al risarcimento del danno. Esponeva l’attore che in data 14.02.2015 veniva colpito alla testa dal piattello dello skilift da lui stesso utilizzato per la risalita sulla pista Fraine, al momento del suo rilascio, e di aver subito in conseguenza di un danno alla persona, per il cui risarcimento esponeva l’importo di Euro 12.840,00. Sosteneva l’attore che la soc. convenuta doveva considerarsi responsabile del sinistro a titolo contrattuale o extracontrattuale ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., in quanto l’incidente era stata cagionato da un difetto di manutenzione dell’impianto di skilift e da un intempestivo intervento del personale addetto alla sorveglianza di tale impianto.

La società F.B. S.P.A. si costituiva in giudizio, respingendo ogni addebito di responsabilità a suo carico per l’incidente in questione, adducendo che causa dello stesso era esclusivamente il comportamento imprudente del Sig. R., il quale, al momento del rilascio dello skilift, aveva fatto oscillare il piattello determinandone l’attorcigliamento al cavo del ramo di discesa dell’impianto; a causa di ciò, il cavo che legava il piattello si era spezzato e il piattello aveva colpito alla fronte l’attore. In via subordinata, nel caso di riconoscimento di una propria responsabilità, parte convenuta chiedeva fosse accertato un concorso di colpa del danneggiato nella causazione dell’incidente ai sensi dell’art. 1227,1co cod. civ., con consequenziale riduzione del risarcimento dovuto.

Si procedeva all’istruzione probatoria mediante l’acquisizione dei documenti offerti e all’espletamento della prova orale.

Quindi la causa, sulle conclusioni delle parti come in epigrafe precisate, veniva trattenuta in decisione all’udienza del 13.12.2017.

Diritto

La domanda proposta dall’attore deve essere rigettata.

L’attore ha proposto in primo luogo una domanda di risarcimento danni fondata su responsabilità contrattuale.

Con l’acquisto dello skipass, fra gestore degli impianti e utente si conclude un contratto atipico, cd di skipass (cfr. Cass. Civ. Sez. III Sentenza 2563 del 16.01.2007, Cass. Civ. sez. III Sentenza 13334 del 21.01.2004), con cui il primo, a fronte del pagamento di un corrispettivo da parte del secondo, si obbliga a fornire all’utente due servizi principali: l’utilizzo degli impianti di risalita per l’accesso alle piste da sci e la fruizione delle piste da sci. Connessi a detti obblighi di prestazione, vi sono degli ulteriori obblighi di protezione gravanti in capo al gestore degli impianti, fra cui quello di manutenere gli impianti di risalita e sorvegliare il loro utilizzo da parte degli utenti, sì da prevenire incidenti ed intervenire tempestivamente nel caso di verificazione. Orbene, parte attrice lamenta un danno che assume cagionato dall’inadempimento di detti obblighi di protezione.

Ulteriore punto da chiarire riguarda la possibilità di configurare il contratto di skipass come contratto di trasporto (artt. 1678 e ss cod. civ.), con conseguente applicazione del regime di responsabilità aggravata del vettore che, ai sensi dell’art. 1681 cod. civ., per evitare ogni addebito deve dimostrare “di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.

A tal proposito si deve rilevare che l’eccezione di parte convenuta, che deduce l’inammissibilità di una simile operazione interpretativa, in quanto integrante una non consentita mutatio libelli, è priva di pregio, posto che detta operazione, lungi dal costituire una mutatio, rappresenta una semplice attività di riqualificazione giuridica della causa petendi della domanda attorea, che può essere svolta in qualsiasi momento dalla parte e, soprattutto, dal giudice in base al principio iura novit curia (cfr. Cass. Civ. Sez. Un. Sentenza 12310/2015).

Chiarito dunque che, in astratto, nulla osta ad una riqualificazione giuridica del contratto di skipass, si deve osservare che, come precedentemente rilevato, tale negozio obbliga il gestore degli impianti ad una pluralità di prestazioni, una delle quali, in specie quella relativa all’utilizzo degli impianti di risalita, potrebbe effettivamente ricadere nella definizione di trasporto contenuta all’art. 1678 cod. civ., ai sensi del quale è trasporto quella prestazione cui il vettore si obbliga, “verso corrispettivo, a trasferire persone o cose da un luogo all’altro”. Da queste considerazioni si ricava che il contratto di skipass ingloba nella sua struttura il negozio tipico di trasporto, senza tuttavia esaurirsi in esso. In particolare, il contratto di trasporto è strumentale alla realizzazione della causa del contratto di skipass, costituita dal fine di svago e divertimento: l’utilizzo degli impianti di risalita (cioè il trasporto) è funzionale alla pratica dello sci, la quale realizza lo scopo ricreativo che persegue l’utente quando acquista il biglietto giornaliero. Se quindi il contratto di skipass ha nella sua struttura un contratto di trasporto, in linea teorica il gestore dell’impianto sarebbe tenuto ad un doppio regime di responsabilità: il regime della responsabilità del vettore di cui all’art. 1681 cod. civ., per quanto riguarda l’inadempimento alla prestazione di trasporto, e il regime ordinario di cui all’art. 1218 cod. civ., per quanto riguarda l’inadempimento a tutte le altre prestazioni. Tuttavia, una simile conclusione collide con quella teoria, cd dell’assorbimento, seguita dalla giurisprudenza in materia di contratti misti: in forza di tale teoria, infatti, al contratto misto non si estendono le singole discipline delle varie tipologie contrattuali che lo compongono, bensì si applica in via esclusiva la disciplina del tipo negoziale prevalente, ovvero la disciplina del negozio che individua la causa dell’intera operazione negoziale. Il medesimo principio dell’assorbimento può essere esteso al contratto di skipass con la conseguenza che, in punto di responsabilità, ad esso si dovrà applicare un unico regime, che non potrà certo essere quello dettato per il contratto strumentale e secondario di trasporto, bensì dovrà essere quello previsto in via ordinaria dall’art. 1218 cod. civ.

In ogni caso, anche a voler ritenere applicabile l’art. 1681 c.p.c., per le ragioni di seguito indicate, deve ritenersi che la soc. convenuta abbia fornito prova che il danno è stato determinato da causa ad essa non imputabile, per essere stato l’evento dannoso determinato esclusivamente dalla condotta anomala dell’attore.

Considerata la natura comunque contrattuale della responsabilità della soc. convenuta, il riparto e la consistenza dell’onere della prova è quello individuato dalle Sezioni Unite nel 2001 (Cass. Civ. Sez. Un. Sentenza n. 13533 del 30 ottobre 2001): secondo la Suprema Corte, seguita dalla giurisprudenza costante, nella responsabilità ex art. 1218 cod. civ., il creditore è gravato esclusivamente da un onere di allegazione dell’inadempimento, essendo il debitore che, per andare esente da qualsiasi addebito, deve dimostrare di aver correttamente adempiuto o che l’inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile.

Nel caso di specie si deve ritenere che il debitore, ovvero la soc. convenuta, abbia assolto al suddetto onere probatorio, essendo riuscito a dimostrare che l’incidente non è stato cagionato da un suo inadempimento, bensì in via esclusiva dal comportamento di controparte.

Ed infatti, dagli atti del giudizio emerge un dato incontestato, e cioè che il cavo che legava il piattello dello skilift che trasportava il Sig. R., si è attorcigliato al cavo del ramo di discesa dell’impianto. Tale ricostruzione è stata affermata da parte convenuta e non smentita da parte attrice, con la conseguenza che in base all’art. 115 cod. proc. civ. va considerata provata. In particolare, negli atti di causa l’attore afferma che il cavo che legava il piattello “si agganciava ad un cavo” (vedi punto 1 atto di citazione, nonché memoria ex art. 183,6co, n. 1 cod. proc. civ.), ma senza mai spiegare quale fosse questo altro cavo; diversamente parte convenuta chiarisce che si trattava del cavo di discesa.

Se così è, ci si deve domandare come abbia fatto il cavo del piattello ad aggrovigliarsi al cavo del ramo di discesa, verosimilmente situato ad una qualche distanza dal ramo di salita dell’impianto. La spiegazione più plausibile è che il cavo del piattello sia stato fatto fortemente oscillare ed abbia in questo modo intercettato il cavo di discesa.

Si deve inoltre ritenere che la causa più probabile di questa oscillazione sia stata la spinta di parte attrice: infatti, qualora si fosse trattato di un difetto meccanico dell’impianto, lo stesso si sarebbe ripetuto più volte nel corso del funzionamento dell’impianto stesso.

Tale ricostruzione del resto risulta confermata dalla deposizione di G.S., il quale afferma con sicurezza di aver visto il Sig. R. lanciare il piattello. Più precisamente il teste ha affermato che il R. “ha sganciato il piattello al punto di arrivo ed ha lanciato lateralmente il piattello; il piattello, andando storto, si è agganciato al ramo di discesa e si è arrotolato e con il movimento dello skilift la corda si è strappata e il piattello è tornato indietro. Io di scuro ho visto l’attore lanciare il piattello lateralmente” (pag. 2 verbale dell’udienza 06.04.2017).

L’eccezione di incapacità del teste è stata sollevata per la prima volta dall’attore, tardivamente, in comparsa conclusionale.

Circa la deduzione secondo cui il teste sarebbe inattendibile in ragione dell’incongruenza di talune sue affermazioni rispetto alle dichiarazioni di dei testi indicati da parte attrice, in ordine al fatto se il Sig. R. seguisse o fosse seguito dal figlio E., questa incongruenza non è tale da minare la attendibilità della testimonianza nel suo complesso.

Il teste G. ha dichiarato che l’attore accompagnava il figlio ed era dietro di lui; poiché il figlio aveva bisogno di aiuto non riuscendo ad allontanarsi dalla zona di arrivo, il teste l’aveva aiutato; giunto al punto di arrivo, il padre aveva sganciato il piattello e l’aveva lanciato lateralmente piattello, che era andato storto, si era agganciato al ramo di discesa e arrotolato; con il movimento, la corda si era strappata e il piattello era tornato indietro.

I testi indicati da parte attrice, L.L. e L.D., hanno in effetti dichiarato che era salito sullo skilift prima il padre, R.M., e dopo il figlio; tuttavia va anche considerato che il teste D. ha dichiarato che c’era una bella coda e quindi è possibile che i testi non abbiano verificato in che ordine padre e figlio siano saliti sull’skilift (che potevano essersi messi in coda uno davanti all’altro, ma modificato la loro posizione momento di salire sullo skilift).

Del resto la condotta dell’attore di lanciare lateralmente piattello (il teste G. ha precisato che di sicuro aveva visto l’attore lanciare il piattello lateralmente) ben si giustifica alla luce dell’impulso dell’attore di raggiungere il figlio che era in difficoltà, tanto da indurre il teste ad aiutarlo.

Inoltre il teste S.G. risulta particolarmente attendibile relativamente alla ricostruzione dinamica dell’incidente essendo l’unico fra i soggetti sentiti ad avervi assistito direttamente.

– Che sia stato il movimento oscillatorio impresso dal Sig. R. al cavo del piattello a determinarne l’attorcigliamento al cavo di discesa si ricava dal fatto che questa è l’unica ricostruzione plausibile dell’accaduto, in mancanza di allegazione di altri episodi simili che potevano avvalorare un’ipotesi di malfunzionamento dell’impianto.

In definitiva, quindi, si ritiene che la dinamica dell’incidente sia stata la seguente: il Sig. R., nello scendere dallo skilifit, ha lanciato il piattello in direzione obliqua, ciò ha portato il cavo del piattello ad intercettare il cavo del ramo di discesa e di attorcigliarsi ad esso. La trazione esercitata dall’impianto in movimento, e non un difetto di manutenzione, ha determinato la rottura del cavo cui era legato il piattello e il suo rimbalzo contro il capo del Sig. R..

L’attore ha dedotto in giudizio una responsabilità contrattuale rappresentata da un difetto organizzativo costituito dal fatto che l’addetto al controllo dell’impianto non abbia tempestivamente bloccato l’impianto di risalita, impedendo in tal modo che il piattello si riavvolgesse sul cavo di discesa e si spezzasse.

Sul punto va richiamata la deposizione del teste S.G. il quale riferito che tutto era venuto molto in fretta, in pochissimi secondi.

Del resto il teste D., il quale al momento del sinistro si trovava ancora a valle in attesa di prendere lo skilift, ha riferito che l’impianto era stato fermato.

Deve pertanto concludersi che l’organizzazione dell’impianto di risalita era articolata in modo tale da garantire l’arresto tempestivo dell’impianto (come in effetti avvenuto nel caso concreto) a mezzo dell’intervento degli addetti all’impianto stesso.

L’attore ha anche proposto una domanda diretta a far valere una responsabilità extracontrattuale della società convenuta, sostenendo che il danno è stato cagionato da un impianto per il quale sussiste un obbligo di custodia.

Anche tale prospettazione difensiva risulta infondata.

Infatti (tra le altre Cass. n. 25029/08) il dovere del custode di segnalare il pericolo connesso all’uso della cosa si arresta di fronte ad un’ipotesi di utilizzazione impropria – da parte del terzo o del danneggiato – la cui pericolosità sia talmente evidente ed immediatamente apprezzabile da chiunque, tale da renderla del tutto imprevedibile, sicché siffatta impropria utilizzazione esclude il nesso di causalità per gli effetti di cui all’art. 2051 cod. civ.

Nel caso concreto deve ritenersi che qualunque utente di uno skilift sia consapevole che, giunti alla fine della corsa, bisogna sganciarsi semplicemente dal piattello, senza imprimere al piattello alcuna spinta, tantomeno laterale, essendo l’impianto progettato e destinato a funzionare secondo tale semplice modalità d’uso.

Il fatto che l’attore abbia dato una spinta laterale al piattello costituisce un’autonoma condotta, imprevedibile ed anomala rispetto al normale uso dell’impianto, noto a tutti gli utenti, la quale ha alterato significativamente il funzionamento dell’impianto, cagionando in modo esclusivo l’evento dannoso.

Segue al rigetto della sua domanda, la condanna dell’attore al rimborso in favore di parte convenuta delle spese processuali, nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

Il Tribunale monocratico di Trento, ogni diversa o contraria azione, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente decidendo, così provvede:

  • 1) rigetta la domanda proposta da M.R. nei confronti della S.P.A. F.B., in persona del legale rappresentante;
  • 2) condanna M.R. al rimborso a favore della S.P.A. F.B., in persona del legale rappresentante, delle spese di giudizio, liquidate in Euro 23,80 per spese, Euro 875,00 per la fase di studio, Euro 740,00 per la fase introduttiva, Euro 1.600,00 per la fase istruttoria, Euro 1.620,00 per la fase decisoria, oltre a spese generali nella misura del 15%, all’I.V.A. ed al contributo unificato C.N.P.A. nelle misure di legge, se ed in quanto dovuti.

Così deciso in Trento, il 4 maggio 2018.

Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2018.

 

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