Wingsuit in montagna: quali regole?
La pratica del wingsuit (tuta alare) è ormai largamente diffusa, e conquista sempre nuovi adepti, attratti e stimolati dalla spettacolarità dei filmati che sono il vero trofeo di ogni lancio e che immediatamente vengono riversati in rete.
Sia i produttori di attrezzature video adatte ad effettuare le riprese in volo, sia altre società commerciali, che hanno legato la propria strategia pubblicitaria all’idea del volo e della libertà, giocano un ruolo nel facilitare la penetrazione mediatica di questa attività, sponsorizzando gli adepti più famosi.
La disciplina ha visto nascere organizzazioni private che permettono di avvicinarsi a questa pratica sportiva estrema.
Informarsi su dove iniziare, dove lanciarsi e quali attrezzature acquistare per svolgere l’attività è ovviamente facilissimo sulla rete, anche in Italia.
In zone montane particolarmente vocate al lancio, si pone il problema di considerare i rischi che la pratica del wingsuit può determinare sia per chi esercita altre pratiche sportive in volo (parapendio, deltaplano), sia per l’incolumità della collettività generale, ove l’area di pratica possa interessare zone (anche densamente) abitate.
Nell’ottobre 2016 un lancio in wingsuit è terminato drammaticamente nell’abitato di Chamonix, provocando l’inevitabile morte del wingsuiter, schiantatosi contro un edificio della cittadina francese.
Si pubblicano di seguito le ordinanze che negli ultimi anni il sindaco della cittadina francese, esercitando il potere attributogli dal Code général des collectivités territoriales (con un potere in qualche misura assimilabile a quello che viene sorvegliato dall’art. 650 c.p. del codice penale italiano), ha emanato in un tentativo che sembra oscillare fra la volontà di regolamentare e quella di vietare tout-court la pratica di queste attività.