CASSAZIONE PENALE, sentenza 8 maggio 2008 – dep. 30 giugno 2008, n. 26116

CASSAZIONE PENALE; sezione IV, sentenza 8 maggio 2008 – dep. 30 giugno 2008, n. 26116; Rel. Amendola; Imp. L. P.

Responsabilità penale – Omicidio colposo – Lesioni personali colpose – Maestro di Sci – Violazione obblighi cautelari –  Colpa – Sussistenza – Condanna

In tema di omicidio colposo e lesioni personali colpose, sussiste la responsabilità del maestro di sci che abbia accompagnato gli allievi in un percorso fuori pista, indicato come pericoloso, in un giorno nel quale era stato segnalato il rischio di distacco valanghe.

 

Cass. pen. Sez. IV, (ud. 08/05/2008) 30-06-2008, n. 26116

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe – Presidente Dott. LICARI Carlo – Consigliere – Dott. GALBIATI Ruggero – Consigliere Dott. FOTI Giacomo – Consigliere – Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere

 

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA/ORDINANZA

 

sul ricorso proposto da: 1) L.P. N. IL (OMISSIS);

avverso SENTENZA del 02/10/2006 CORTE APPELLO di TORINO; visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. AMENDOLA ADELAIDE;

Udito il Procuratore generale, in persona del Dott. Vincenzo Geraci, che ha chiesto alla Corte di dichiarare il ricorso inammissibile;

Udito il difensore dell’imputato, avvocato Mancuso Pierluigi, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

 

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

 

Con sentenza del 26 aprile 2004 il Tribunale di Torino dichiarava L.P. colpevole del rato di omicidio colposo in danno di La.Wi.An., D.K.A. e S.U., nonchè di lesioni personali colpose in danno di R. W., commessi in località (OMISSIS), condannandolo per l’effetto a pena ritenuta di giustizia.

L’imputato, guida di alta montagna e maestro di sci, era stato tratto a giudizio con l’accusa che, nel corso di una gita sulle piste del (OMISSIS), per colpa consistita in imprudenza e negligenza, aveva condotto un gruppo di dodici sciatori a lui affidati fuori delle piste battute e ivi, malgrado i cartelli di pericolo e di divieto, aveva deciso di effettuare con loro tre discese consecutive. Proprio nel mentre era in via di svolgimento l’ultima discesa, dall’alto del monte si era staccata una slavina, che aveva investito le persone innanzi indicate, cagionandone il decesso e il ferimento.

Proposto gravame, la Corte d’appello di Torino, con sentenza del 2 ottobre 2006, confermava l’impugnata sentenza.

In motivazione il giudicante, premessa un’articolata ricostruzione del gravissimo incidente del quale l’imputato era chiamato a rispondere, osservava che, in piena adesione alle conclusioni del perito, le cause della valanga andavano ricercate nel sovraccarico esercitato, sopra il manto di neve fresca, dal gruppo di sciatori fermi vicino al tratto del pendio dal quale si era staccato il lastrone, tanto più che c’era stato un rialzo termico, accompagnato dall’insorgere di venti moderati con direzione sud-ovest, di modo che, a provocare il disastro, era stato sufficiente un movimento un pò più brusco di qualche componente della comitiva; che la disposta perizia d’ufficio aveva evidenziato come la misura precauzionale adottata dall’imputato, consistente nel provvedere gli sportivi di attrezzatura di soccorso denominata ARVA, avesse certamente facilitato il ritrovamento degli sciatori sommersi dalla neve, ma non era stata tuttavia sufficiente ad assicurare la loro incolumità; che l’imputato aveva saggiato la resistenza del manto nevoso con la cosiddetta “prova del bastoncino”, che era la meno affidabile, mentre non aveva tenuto conto del bollettino valanghe che segnalava per quel giorno un rischio di grado 4, implicante un distacco probabile già con debole sovraccarico, valanghe spontanee di media grandezza o, in singoli casi, anche grandi valanghe; che in tale contesto doveva affermarsi la sussistenza e dell’elemento oggettivo del reato ascritto al prevenuto, e di quello soggettivo, consistente nella violazione delle regole precauzionali alle quali deve informarsi la condotta della guida alpina che conduca un gruppo di sciatori lungo un percorso fuori pista.

Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, L.P., chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

– mancata assunzione di una prova decisiva, ex art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. d), per avere il giudice di merito ignorato le conclusioni dei periti, secondo i quali l’imputato aveva adoperato tutte le precauzioni necessarie, nelle escursioni sciistiche fuori pista, per prevenire e possibilmente evitare incidenti a causa di valanghe;

– contraddittorietà della motivazione, per avere la Corte d’appello confermato la sua penale responsabilità, pur dopo avere affermato che la slavina si staccò a causa del brusco movimento di uno degli sciatori del gruppo, e cioè per un evento imprevedibile.

Nei motivi di censura, il primo dei quali formalmente prospettato come mancata assunzione di una prova decisiva, il ricorrente, da un lato, contesta l’apprezzamento del materiale istruttorio effettuato dal giudice di merito, sostenendo che una corretta valutazione degli esiti della espletata perizia avrebbe imposto di escludere, nel suo comportamento, qualsivoglia profilo di colpa; dall’altro, torna a insistere sulla qualificazione in termini di imprevedibilità del fattore che presumibilmente determinò il distacco della valanga.

Entrambe le doglianze sono destituite di ogni fondamento.

L’affermazione della responsabilità del prevenuto è stata dal decidente argomentata sul rilievo che l’accompagnamento degli sciatori in un percorso fuori pista, indicato come pericoloso, e per giunta in un giorno nel quale era stata segnalato il rischio di distacco di valanghe, costituì un comportamento gravemente incauto, dal quale derivò la morte degli escursionisti, che su quel dirupo, ove non avrebbero affatto dovuto accedere, si accingevano a effettuare la terza discesa.

A fronte di siffatto approccio, basato su un apprezzamento del compendio istruttorio conforme a principi di elementare buon senso e a massime di esperienza ampiamente condivisibili, nonchè logicamente ineccepibile, le critiche dell’impugnante non colgono nel segno, a sol considerare che esse sono volte a valorizzare l’adozione di dispositivi precauzionali la cui inidoneità a neutralizzare gli effetti di valanghe consistenti è smentita per tabulas proprio dall’esito dell’incidente per cui è processo; ovvero a presentare come eccezionali fattori, quali il movimento brusco di uno sciatore, il cui verificarsi, non che imprevedibile, nel contesto di riferimento, era semmai ampiamente scontato.

In definitiva il ricorso, prospettando censure eccentriche rispetto alle argomentate ragioni della decisione impugnata, o qualificazioni delle cause dell’incidente, esse sì, assolutamente implausibili, è inammissibile. Alla pronuncia segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè l’irrogazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 616 cod. proc. pen. , nella misura ritenuta equa di Euro 1.000,00, non esulando profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

 

P.Q.M.

 

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

 

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quarta Penale, il 8 maggio 2008.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2008


 

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