Corte d’Appello di Firenze, sentenza 12 ottobre 2012, n. 1309

Corte d’Appello di Firenze, Sez. II; 12 ottobre 2012, n. 1309; Pres. Occhipinti, Da. Gi. e Ce. Gi., Da. Fa. (avv. Del Pino) contro Ri. An. (avv. Baldoni), Mo.Gi. (avv. Biagini), Fondiaria Sai Assicurazioni s.p.a. (avv.ti Dini e Fidolini). Riforma parzialmente Trib. Pistoia 12.09.2005.

 

Responsabilità civile – Sci – Scontro in pista tra sciatore e autovettura – Responsabilità solidale delle parti – Applicabilità della disciplina ex art. 2054 c.c. – Non sussiste

 

Responsabilità civile – Sci – Scontro in pista tra sciatore e autovettura – Responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c. – Concorso di colpa – Non sussiste – Responsabilità esclusiva del conducente del veicolo – Sussiste

 

Responsabilità civile – Contratto di assicurazione – Responsabilità solidale dell’assicuratore del veicolo per sinistri verificatisi lungo il tracciato sciistico – Non sussiste

 

Nel caso in cui uno sciatore venga a collidere con un’autovettura che, in direzione opposta, percorre una pista da sci, non possono trovare applicazione i principi di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2054 c.c., giacché il presupposto per tale norma è costituito dall’ipotesi di circolazione del veicolo sui strada pubblica, soggetta ad uso pubblico o comunque adibita al traffico veicolare ex. art. 1 l. 990/69.

 

Risponde dei danni ex art. 2043 c.c. il conducente di un’autovettura che, percorrendo in senso opposto un tracciato sciistico, collida con uno sciatore intento a eseguire la discesa sulla pista.

 

Non può essere considerato solidamente responsabile l’assicuratore di un autovettura qualora il sinistro si sia verificato su di un tracciato sciistico, giacché il luogo di verificazione del sinistro non costituisce strada di uso pubblico o a essa equiparata ai sensi della l. 990/69.

 

(Nel caso di specie il conducente di un’autovettura intento a percorrere un tracciato sciistico in senso opposto (!), impattava contro uno sciatore che stava compiendo la discesa sulla pista. Preliminarmente, la Corte rileva l’inapplicabilità della disciplina ex art. 2054 c.c. – ritenuta sussistente dal giudice di prime cure – giacché applicabile esclusivamente nell’ipotesi di circolazione di veicolo su strada di uso pubblico o ad esse equiparate, quali aree, pubbliche o private, aperte alla circolazione di un numero indeterminato di persone. La Corte riscontra la violazione dell’art. 16 l. 363/2003, in quanto l’autoveicolo non costituiva mezzo meccanico adibito al servizio e alla manutenzione delle piste, né era dotato di alcun congegno di segnaletica luminosa e acustica. Ritiene, per converso, applicabile la disciplina generale del neminem laedere: ritenendo il conducente del veicolo esclusivo responsabile del sinistro. Difatti, secondo la Corte, la presenza di un’autovettura lungo il tracciato (per di più proveniente dal senso opposto) costituisce ostacolo imprevedibile e inevitabile nella specifica situazione di tempo e di luogo, escludendo – pertanto – il concorso di colpa fra le parti. La corte statuisce infine che non può essere considerato obbligato in solido l’assicuratore del veicolo, alla luce del fatto che il sinistro si è verificato su di un tracciato sciistico; tale ipotesi, secondo la Corte, non è compresa nella definizione di strada di uso pubblico o a essa equiparata ai sensi della l. 990/69).

 

© Umberto Izzo – Riproduzione riservata

(per il testo integrale della sentenza vai a “Leggi tutto”)

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

La Corte di Appello di Firenze, sezione II civile, composta dai magistrati:                                                        

Dr. Paolo Occhipinti Presidente                                    

Dr. Elisabetta Materi Consigliere                                  

Dr. Nicola A. Dinisi Consigliere rel.                              

 

ha pronunciato la seguente                                          

 

SENTENZA

 

nella causa civile iscritta al n. 3062/2005, ruolo generale A degli affari contenziosi civili, vertente tra: Da. Gi. e Ce. Gi., quali eredi di Da. Fa., rappresentati e difesi dall’avv. L. Del Pino, come da procura in atti ed elettivamente domiciliati in Firenze, via La Marmara, 14, presso lo studio legale Righi                                                              

                                                          

APPELLANTI

Contro

 

Ri. An., rappresentato e difeso dagli avv. E. Baldoni, come da procura in atti ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Firenze, via Tornabuoni, 1                                          

                                  

APPELLATO – APPELLANTE INCIDENTALE

 

Mo. Gi., rappresentata e difesa dall’avv. E. Biagini, come da procura in atti ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Firenze, L.no Vespucci, 60                                                  

              

                                            APPELLATA

 

FONDIARIA-SAI ASSICURAZIONI S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. G. Dini e P. Fidolini, come da procura in atti ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Firenze, via N. Bixio, 2

                                                            APPELLATA

 

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 8 febbraio 2012 sulle conclusioni precisate dalle parti a verbale della stessa udienza.                                                            

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

An. Ri. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Pistoia Fa. Da. per chiedere il risarcimento dei danni subiti in occasione del sinistro verificatosi in località Abetone il 27.12.1996. Spiegava che alle ore 16.30 del suddetto giorno, mentre stava iniziando con gli sci la discesa della pista “Zeno 3”, era stato investito dall’autovettura Lancia Delta, condotta e di proprietà del Da., che circolava sulla pista.

Il convenuto non si costituiva e veniva dichiarato contumace.

All’udienza del 20.2.2001 il giudizio veniva dichiarato interrotto essendo emerso (dalla relata di notifica dell’ordinanza ammissiva dell’interrogatorio formale del convenuto) l’intervenuto decesso del Da..

Riassunta la causa su iniziativa dell’attore, si costituivano i suoi eredi Da. Gi. e Ce. Gi. che contestavano la domanda. Osservavano che l’evento si era verificato quando le piste erano ormai chiuse e che Fa. Da. stava percorrendo la pista con l’autovettura essendo stato incaricato dal padre (direttore degli impianti di risalita) di andare a controllare un cannone sparaneve che si era fermato. Sostenevano che l’autovettura, assicurata con la SAI Assicurazioni S.p.A., era di proprietà di tale Mo. Gi. e chiedevano che venisse ordinato all’attore di integrare contraddittorio nei confronti della proprietaria del veicolo, nel rispetto del disposto di cui all’art. 2054, terzo comma c.c., e autorizzata la chiamata in causa dell’assicuratore. Chiedevano che, la domanda fosse respinta in quanto infondata e, in ipotesi, che, in caso di accoglimento anche parziale, la SAI fosse condannata a tenerli indenni e condannata anche per mala gestio.

Il G.I. ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Mo. Gi. e autorizzava la chiamata in causa della SAI Assicurazioni.

La Mo., costituitasi, eccepiva la propria estraneità ai fatti sostenendo di avere venduto l’autovettura Lancia Delta a Fa. Da. già da alcune settimane prima del sinistro e chiedeva, in tesi, dichiararsi il proprio difetto di legittimazione passiva e, in subordine, che, in caso di accoglimento della domanda, i convenuti fossero condannati a tenerla indenne.

SAI Assicurazioni S.p.A. contestava l’operatività della copertura assicurativa, essendo l’incidente avvenuto al di fuori dell’ambito di applicabilità della l. 990/69 e chiedeva il rigetto della domanda.

La causa, istruita con ammissione di prove orali ed espletamento di CTU medico-legale, era decisa con sentenza del 12.9.2005.

Il Tribunale, ritenuta la responsabilità del Da., che percorreva la pista da sci con l’autovettura quando la pista non era stata ancora chiusa e, considerato tuttavia, che l’accertata illiceità di tale comportamento, non era sufficiente a considerarlo responsabile esclusivo del sinistro – in assenza di prova da parte dell’attore di avere fatto tutto il possibile per evitare l’evento uniformandosi alle norme della circolazione e di comune prudenza – attribuiva la responsabilità dell’incidente per l’80% a carico del Da. e per il residuo 20% a carico dello stesso Ri.. Condannava di conseguenza i convenuti a risarcire all’attore l’80% del danno biologico, morale e patrimoniale subito (escludendo invece il danno esistenziale), che quantificava in complessivi € 23.985,17, oltre interessi dal giorni dell’illecito al saldo.

Rigettava la domanda nei confronti di Mo. Gi., essendo risultato provato che essa aveva trasferito il veicolo al Da. sin dall’ottobre 1996. Rigettava altresì la domanda di garanzia proposta nei confronti di SAI Assicurazioni S.p.A., non essendo la pista da sci qualificabile come strada pubblica o ad essa equiparata ai sensi della la l. 990/69.

Quanto alle spese di lite, quelle sostenute dall’attore le riteneva rinunciate, non avendo egli menzionato tale voce, in sede di precisazione delle conclusioni, fra le richieste analiticamente formulate; quelle dei chiamati in causa le poneva invece a carico dei convenuti, unitamente alle spese di CTU.-

Contro tale decisione proponevano appello davanti a questa Corte Gi. Da. e Gi. Ce. deducendo quattro motivo. Resisteva An. Ri. che proponeva a sua volta appello incidentale fondato su tre motivi. Si costituivano altresì Gi. Mo. e Fondiaria-SAI Assicurazioni S.p.A. (nuova denominazione di SAI Assicurazioni) che chiedevano il rigetto dell’appello.

All’udienza dell’8.2.2012 le parti precisavano le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.-

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

I. Col primo motivo dell’appello principale gli eredi di Fa. Da. deducono l’errata applicazione dell’art. 2054 c.c. da parte del primo giudice. Sostengono, in particolare, che la prova liberatoria di cui all’art. 2054 c.c. da parte del conducente di un veicolo in caso di danni prodotti a persone o cose può essere data anche in maniera indiretta, dimostrando di avere tenuto un comportamento esente da colpa e, nel caso di specie, anche a voler prescindere dalla circostanza della avvenuta chiusura della pista e degli impianti di risalita, l’evento dannoso era avvenuto per colpa del Ri. che, anziché schivare l’ostacolo, si era buttato a terra scivolando contro l’autovettura, sicché al predetto doveva essere ascritta l’intera responsabilità del sinistro, o, in denegata ipotesi, una percentuale di entità superiore al 20%.

Col primo motivo dell’appello incidentale il Ri. si duole invece della attribuzione a suo carico della percentuale di responsabilità del 20%, sostenendo che la fattispecie in esame, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, non configuri l’ipotesi di scontro fra veicoli di cui all’art. 2054 c.c. e non trovino perciò applicazione le presunzioni ivi previste. Evidenzia che il Ri. non era alla guida di un veicolo e che in occasione dell’evento nessuna particolare imprudenza o imperizia poteva essergli imputata. Chiede che la responsabilità dell’incidente venga posta integralmente a carico di Fa. Da..

I due motivi, che investono la questione della responsabilità e sono intimamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente.

La Corte ritiene in primo luogo che il primo giudice abbia errato nel considerare operante nella fattispecie il disposto di cui all’art. 2054 c.c.- Invero il presupposto di applicazione di tale norma e delle presunzioni da essa contemplate è che si versi in una ipotesi di circolazione del veicolo su strada pubblica, soggetta ad uso pubblico o comunque adibita al traffico veicolare (v. Cass. 26.7.1997, n. 7015; Cass. 3.2.1987, n. 965), presupposto che non ricorre nel caso di specie in cui l’incidente si è verificato su una pista da sci, non adibita, ma anzi di regola preclusa ex art. 16 l. 363/2003, al transito dei veicoli.

Non ricorrendo i presupposti di applicazione dell’art. 2054 c.c., il giudizio di responsabilità deve essere quindi condotto sulla base dei principi generali in materia di illecito aquiliano previsti dall’art. 2043 c.c., anche per quanto attiene al profilo di ripartizione dell’onere probatorio fra le parti (v. Cass. 30.7.1987, n. 6603).

Orbene alla stregua di tali principi la responsabilità del Da. nella produzione del sinistro è positivamente provata, posto che egli circolava con un autoveicolo su una pista da sci, in violazione del disposto di cui all’art. 16 della legge sopra citata, che inibisce l’utilizzo delle piste da sci ai mezzi meccanici, ad esclusione di quelli adibiti al servizio e alla manutenzione delle piste e degli impianti che, tuttavia, “possono accedervi solo fuori dell’orario di apertura, salvi i casi di necessità e urgenza e, comunque, con l’utilizzo di appositi congegni di segnaletica luminosa e acustica”.

L’autoveicolo condotto al Da. da una parte non era un mezzo meccanico adibito al servizio e alla manutenzione delle piste né era dotato dei congegni di segnalazione sopra indicati, dall’altra impegnò la pista (peraltro in senso contrario a quello della discesa seguito dagli sciatori) quando questa era ancora aperta, come risulta dalle relazioni di servizio della Polizia di Stato in data 28.12.1996 e 4.1.2007 prodotte in atti (v. doc. 2 fasc. Fondiaria-SAI), nonché dalla deposizione resa dai testi Ta. e Bo..

L’assunto difensivo dei convenuti, secondo cui l’accesso alla pista del Da. era in qualche modo giustificato dalla necessità di andare a verificare (su richiesta del padre, direttore degli impianti di risalita) le condizioni di un cannone sparaneve che non funzionava, è priva di fondamento. Tale assunto è infatti smentito dalle dichiarazioni rese nell’immediatezza dei fatti dallo stesso Fa. Da. alla Polizia di Stato, alla quale questi riferì che, disponendo di una macchina a trazione integrale e volendo valutarne le prestazioni su un fondo innevato, aveva deciso di intraprendere con detto veicolo la salita della pista Zeno 3 (v. verb. spontanee dichiarazioni in data 27.12.1996, doc. 2 fasc. Fondiaria- SAI).

La responsabilità di Fa. Da. nella produzione dell’evento dannoso per cui è causa deve quindi ritenersi senza dubbio provata, essendo palese la relazione causale esistente fra il sinistro e la condotta posta in essere dal predetto, connotata dagli elementi di colpa specifica sopra evidenziati.

Nessun concreto elemento di colpa è invece concretamente emerso a carico del danneggiato Ri.. Questi sciava regolarmente sulla pista quando essa era ancora aperta e si trovò davanti l’autoveicolo del Da. proveniente in direzione opposta che rappresentava un ostacolo del tutto imprevedibile nella specifica situazione di tempo e di luogo. Non vi sono concreti elementi rivelatori di una sua condotta negligente, imprudente o imperita idonea a fondare un’ipotesi di concorso di colpa nella produzione dell’evento dannoso. In particolare non vi sono concreti elementi per affermare che il Ri. abbia avvistato la presenza del veicolo sulla pista con sufficiente anticipo e in una situazione tale da consentirgli, tenendo un comportamento improntato a criteri di normale prudenza e diligenza, di evitare lo scontro. Al contrario esistono elementi per ritenere che la comparsa dell’autoveicolo sulla pista sia stata improvvisa, avuto riguardo a quanto dichiarato alla Polizia di Stato da Ta. Lo. (“improvvisamente è sbucata a forte andature una autovettura…”) e dallo stesso Fa. Da. (“mi sono trovato improvvisamente di fronte due sciatori…”) (v. verb. spontanee dichiarazioni, doc. 2 dasc. Foniaria-SAI).-

Il solo fatto che l’altro sciatore Ta., che si trovava in sua compagnia del Ri., sia riuscito ad evitare l’impatto con il veicolo non autorizza, da se solo ed in assenza di più circostanziati e precisi elementi, l’affermazione di una responsabilità concorrente in capo al Ri., ai sensi dell’art. 1227, primo comma, c.c.-

Essendo quindi positivamente provata la responsabilità di Fa. Da. e non essendovi invece concreti elementi di prova idonei a configurare l’esistenza di un concorso di colpa a carico di An. Ri., la responsabilità dell’evento deve essere posta ad esclusivo carico del primo, riformando in tal senso sul punto della sentenza impugnata, con conseguente condanna dei convenuti Gi. Da. e Gi. Ce. al risarcimento dell’intero danno subito da An. Ri..

II. Col secondo motivo di gravame gli appellanti principali contestano la liquidazione dell’ammontare del danno morale effettuata dal primo giudice. Il Ri. con il secondo motivo dell’appello incidentale si suole invece del mancato riconoscimento del danno esistenziale.

Entrambi i suddetti motivi devono essere disattesi.

Il motivo degli appellanti principali deve essere ritenuto inammissibile per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., atteso che gli appellanti si limitano genericamente a denunciare l’eccessività di tale liquidazione, senza minimamente argomentare le ragioni di tale assunto ed indicare quale, a loro avviso, sarebbe l’entità di tale voce di danno ritenuta adeguata, onde mettere il giudice di appello in condizione di effettuare una valutazione in ordine alla congruità della liquidazione operata dal primo giudice.

Il motivo dell’appellante incidentale è invece infondato e va per tale ragione respinto alla luce dell’autorevole orientamento della giurisprudenza di legittimità che ha abbandonato il criterio di scomposizione del danno non patrimoniale in più possibili componenti distintamente risarcibili ed ha affermato trattarsi di una categoria unitaria cui debbono essere ricondotti tutti gli effetti pregiudizievoli che prescindono da una valutazione di carattere squisitamente economico-reddituale. In tale prospettiva è stato anche precisato non esservi spazio per l’individuazione del danno esistenziale come distinta categoria di danno suscettibile di autonoma valutazione e liquidazione (v. Cass. Sez. Un. 11.11.2008, n. 26972 e, da ultimo, Cass. 27.7.2011, n. 16424).

III. Il terzo motivo addotto dagli appellanti principali denuncia violazione di legge da parte del primo giudice nella parte in cui ha respinto la domanda di garanzia assicurativa ai sensi dell’art. 1 della l. 990/69 proposta nei confronti della SAI Assicurazioni.

Anche questo motivo deve essere respinto.

La responsabilità dell’assicuratore ai sensi della legge sopra citata ricorre con riferimento ai sinistri cagionati da veicoli posti in circolazione su strade di uso pubblico o ad esse equiparate, intendendosi per queste ultime quelle aree, pubbliche o private, aperte alla circolazione di un numero indeterminato di persone (v. Cass. 3.3.2011, n. 5111). Tale situazione non ricorre evidentemente nel caso di specie essendosi il sinistro si è verificato in un area (pista da sci) certamente non aperta alla circolazione di un numero indeterminato di persone, ma in cui, al contrario, per disposizione di legge (art. 16 l. 363/2003 cit.), la circolazione di mezzi meccanici è espressamente preclusa. Né, come vorrebbero gli appellanti, l’obbligo assicurativo può desumersi dalla previsione contenuta nel contratto assicurativo di estensione della copertura ai sinistri causati dalla circolazione dei veicoli in aree private, atteso che tale specifica ipotesi non ricorre nel caso di specie in cui il sinistro si è verificato in area pubblica ma interdetta alla circolazione dei veicoli.

IV. Col quarto ed ultimo motivo di gravame gli appellanti principali si dolgono della condanna al pagamento delle spese sostenute dalla chiamata in causa Mo. Gi..

Anche tale motivo non è meritevole di accoglimento.

La chiamata in giudizio della Mo. è stata provocata dai convenuti, che la hanno sollecitata, in quanto necessaria ai fini dell’integrità del contraddittorio, nell’atto di costituzione in giudizio (v. comparsa di costituzione in primo grado).

Tale chiamata invece, da una parte non era necessaria, non versandosi in fattispecie riconducibile all’art. 2054 c.c. e 1 l. 990/69, dall’altra si è rivelata infondata, avendo la Mo. dimostrato con prova testimoniale (v. in part. dep. teste To.) di avere venduto l’autoveicolo al Da. Fa. sin dal 5.11.1996, antecedente al verificarsi dell’incidente.

Risponde pertanto all’applicazione del principio di causalità l’attribuzione delle spese sostenute dalla Mo. a carico dei conventi, che ne hanno ingiustificatamente provocato la partecipazione al giudizio.

V. Resta da esaminare il terzo motivo dell’appello incidentale del Ri. con cui questi si duole della mancata condanna dei convenuti al rimborso delle spese processuali da esso sostenute per il giudizio di primo grado.

Il motivo – assorbito dalla riforma della sentenza in punto di responsabilità cui consegue comunque la necessità di una nuova liquidazione per entrambi i gradi fra attore e convenuti – si fonda, in ogni caso, su ragioni fondate.

La liquidazione delle spese processuali da parte del giudice consegue alla definizione del giudizio, indipendentemente dall’esistenza di una specifica richiesta delle parti. L’unica eccezione a tale principio è rappresentata dal caso in cui la parte manifesti una esplicita volontà di rinunciarvi (v. Cass. 16.5.2003, n. 7639; Cass. Sez. Un. 10.10.1997, n. 9859), ipotesi che non ricorre nel caso di specie.

VI. Conclusivamente, in accoglimento del primo motivo dell’appello incidentale di An. Ri., la responsabilità del sinistro deve essere posta integralmente a carico di Fa. Da. e i convenuti Gi. Da. e Gi. Ce. devono essere condannati a risarcire l’intero danno subito del predetto, come quantificato in primo grado e ammontante a complessivi € 29.981,47, in luogo dell’80% di tale importo stabilito nella sentenza impugnata. Su tale somma sono dovuti gli interessi legali (a titolo di lucro cessante per il ritardato adempimento dell’obbligazione risarcitoria: c.d. interessi compensativi) da computarsi, secondo il criterio di cui alla sentenza n. 1712/95 delle Sezioni Unite della Suprema Corte, sulla somma devalutata dalla data della sentenza di primo grado a quella dell’evento dannoso e poi progressivamente rivalutata anno per anno da tale ultima data fino al saldo. I convenuti suindicati devono inoltre essere condannati a rimborsare al Ri. le spese sostenute per il giudizio di primo grado. Gli ulteriori motivi di gravame devono essere respinti.

Le spese del grado seguono la soccombenza e vanno poste a carico di Gi. Da. e Gi. Ce. nei confronti di tutte le altre parti. A loro carico vanno anche definitivamente poste le spese di CTU.

P.Q.M.

 

La Corte, definitivamente pronunciando, pronunciando sugli appelli proposti avverso la sentenza del Tribunale di Pistoia n. 884/05, in parziale riforma di tale sentenza, così provvede:

1) in parziale accoglimento dell’appello incidentale di Ri. An., dichiara che l’incidente per cui è causa si è verificato per responsabilità esclusiva di Da. Fa. e, per l’effetto, condanna Da. Gi. e Ce. Gi. a pagare al Ri. la somma di € 29.981,47 – in luogo di quella stabilita nella sentenza impugnata – oltre agli interessi legali su tale somma, devalutata dalla data della sentenza di primo grado a quella dell’evento dannoso e poi annualmente rivalutata da tale ultima data fino al saldo;

2) rigetta per il resto gli appelli proposti;

3) condanna Da. Gi. e Ce. Gi. a rifondere a Ri. An. le spese sostenute per entrambi i gradi del giudizio, liquidatole, per il primo grado, in complessivi € 5.000,00 (di cui € 700,00 per esborsi, € 2.000,00 per diritti e € 2.300,00 per onorari, e, per il presente grado, in complessivi € 2.000,00 (di cui € 600,00 per diritti e € 1.400,00 per onorari), oltre al rimborso delle spese generali, IVA e CAP come per legge;

4) condanna Da. Gi. e Ce. Gi. a rifondere a Mo. Gi. e a Fondiarria-SAI S.p.A. le spese del grado che liquida in complessivi € 1.800,00 ciascuno (di cui € 600,00 per diritti e € 1.200,00 per onorari), oltre al rimborso delle spese generali IVA e CAP come per legge;

5) pone definitivamente a carico di Da. Gi. e Ce. Gi. le spese di CTU.

 

Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio del 30 maggio 2012.

Depositata in cancelleria il 12 ott. 2012.

 

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